Anche se la notizia è sinora passata quasi sotto silenzio, il TAR ha ammesso la lista elettorale per le Europee dell'8 - 9 giugno 2024 anche nel Nord-Ovest: dunque sarà possibile votarla in tutta Italia.
Chi ha già le idee chiare sulla lista da votare può chiudere questo post: basta che sappia con completezza la rosa delle sue possibilità.
Chi, invece, è in fase di riflessione e desidera maggiori informazioni sul programma di questa lista, ne può leggere più sotto il programma elettorale.
Comunque è al 50% circa degli elettori e delle elettrici che NON hanno intenzione di recarsi alle urne che rivolgo, sommessamente e amichevolmente, l'invito a riflettere: siete sicuri che i concittadini e le concittadine che, andando a votare, decideranno anche al vostro posto, lo faranno saggiamente? O che non faccia nessuna differenza tra le liste e i candidati al Parlamento europeo? Avete riflettuto che voi potete benissimo non occuparvi della politica, ma la politica si occuperà comunque di voi? I poteri 'forti' che condizionano le assemblee legislative e i governi sono oscuri e numerosi: ma se mandiamo a rappresentarci sempre i peggiori in lizza (i meno competenti e i più corruttibili), ne ostacoliamo o ne facilitiamo l'influenza nefasta?
La democrazia presuppone che i cittadini siano liberi di pensare e di esprimersi, ma a sua volta la libertà di pensare e di esprimersi presuppone informazione, riflessione critica, confronto sereno con le persone di cui ci si fida.
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PER UN PROGRAMMA
ELETTORALE DI “PACE TERRA E DIGNITÀ”
Due
popoli vittime, l’Europa in fiamme, il mondo in pericolo, l’impoverimento
crescente, la Terra che trema, noi tutti senza pace.
Con
le elezioni europee, la salvezza può cominciare dall’Europa se riscopre se stessa e, a partire dalla
riconciliazione tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Occidente si rivolge al
mondo per costruire la pace.
Pace
La Pace non sta da sola. Pace Terra e Dignità sono
i tre beni comuni primari di una politica che restituisca innanzitutto ai
giovani la speranza e la fiducia nel futuro, e possa promettere l’ancora
inattuato “diritto al perseguimento della felicità”.
Tutti dicono di volere la pace nel mondo, ma
questa non si può nemmeno pensare se prima non finiscono i massacri in Ucraina
e in Medioriente, se non si pone fine alla “terza guerra mondiale a pezzi” che
arriva fino al Pacifico. La Pace non solo è assenza di violenza delle armi e di
pratiche di guerra, vuol dire non rapporti antagonistici né sfide militari
o sanzioni genocide tra gli Stati, mettere la diplomazia al primo posto,
implica prossimità e soccorso a tutti i popoli nei momenti di difficoltà.
Oggi risuona per l’Europa la
domanda gridata da papa Francesco: “Dove vai Europa? Che cosa ti è successo,
Europa madre di popoli e nazioni?”. “L’anima europea è nata dall’incontro
di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione”. Ma oggi essa
è in pericolo perché ha tradito le ragioni per cui è nata.
Per adempiere al suo compito occorre che ripudi le
armi come mezzo di offesa agli altri popoli e di risoluzione delle controversie
internazionali, che ottenga il cessate il fuoco in Ucraina, che intervenga con
ininterrotta energia finché i popoli di Gaza e Palestina non siano restituiti a
godere il valore della vita e una umana convivenza.
Noi consideriamo la guerra la manifestazione più estrema
del potere patriarcale fondato sulla logica di potenza, sulla sopraffazione,
sulla violenza. Le culture e le pratiche dei movimenti delle donne che vi si oppongono
possono essere determinanti per costruire un mondo nuovo, pacifico e giusto, fondato
sulla cura,
sollecito delle differenze e avverso alle diseguaglianze.
Noi non consideriamo la politica, nemmeno le
elezioni, come lo scontro tra Amico e Nemico. Per questo partecipiamo ad esse
non per vincere seggi ma per sottrarre l’Europa alla guerra e invitare tutte le
forze politiche a riconoscersi in ciò che è essenziale per tutti e ad esplorare
le strade verso un altro mondo possibile.
Perciò chiediamo al Parlamento e alle Istituzioni
europee che facciano queste scelte:
1) Riguardo alla pace in Europa, non confondere la
solidarietà data all’aggredito col rifornirlo di armi ed aizzarlo allo scontro
promettendogli impossibili vittorie, alimentando un conflitto infinito
suscettibile di precipitare in una terza guerra mondiale, fino al ricorso alle
armi nucleari e alla distruzione del genere umano e della natura. Occorre
cessare l’invio di armi all’Ucraina e coadiuvarla in un negoziato che
garantisca la reciproca sicurezza alle parti e risolva con procedure
democratiche e di autodeterminazione il contrasto sulle terre contese.
2) Riguardo agli orrori di Gaza l’Europa confermi la
condanna della strage del 7 ottobre e il diritto degli israeliani a vivere in
pace e in sicurezza. Egualmente l’Europa denunci il massacro in corso di donne,
bambini e civili, l’espulsione di milioni di persone dalle loro case, i
territori occupati in dispregio delle delibere dell’ONU, la pulizia etnica, il
regime di apartheid e la soppressione dei diritti civili dei palestinesi; si
unisca alle richieste della Corte di Giustizia dell’Aja e agisca per il cessate
il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi israeliani e dei detenuti
politici palestinesi, a cominciare da Marwan Barghuti. Vanno anche
liberati tutti gli incarcerati, nelle prigioni dello Stato d’Israele, senza un
capo d’accusa. L’Europa deve impegnarsi a farsi mediatrice e a promuovere la
ricerca di una soluzione della questione palestinese, nonché la riedificazione
di Gaza, il ritorno alle loro case distrutte dei suoi abitanti e un piano
straordinario di aiuti umanitari e sanitari.
3) La soluzione dei “due popoli in due Stati” - prevista fin dall’origine,
perseguita fino all’uccisione di Rabin, e ora respinta da Israele – appare
oggi più difficilmente praticabile per la colonizzazione e l’occupazione
progressiva dei territori in cui i palestinesi devono poter tornare a vivere in
pace. L’Europa dovrebbe, dunque, anche incoraggiare a esplorare la possibile
convivenza tra i due popoli in un’unica terra, assicurando pieni diritti
politici ai palestinesi e un ordinamento istituzionale comprensivo ed
accogliente per ambedue i popoli.
L’Europa per favorire questo processo, potrebbe
aprire ai due popoli le porte dell’Unione.
E mentre il Sudafrica ha promosso alla Corte Internazionale dell’Aja
una causa per genocidio, l’Europa dovrebbe proporre a tutti gli Stati l’identificazione
della guerra stessa come genocidio e la sua inclusione nella normativa sul
genocidio, fatto salvo il diritto di difesa.
4)
L’Europa dovrebbe battersi per i diritti dei curdi e per la liberazione di
Abdullah Ocalan e dei prigionieri politici in Turchia. È curda l’idea del
confederalismo democratico, è stata curda la resistenza contro l’Isis, è curdo
il progetto di pace per il Medio Oriente fondato, è lo slogan curdo lo slogan ‘Donna,
Vita, Libertà’ che è stato adottato dai movimenti in Iran e in tutto il mondo.
5)
L’Europa è
una Unione di Stati ma non deve diventare un Super-Stato che intenda la
sovranità come un potere supremo, sovrastante su ogni altro potere e culminante
nel diritto di guerra. Di conseguenza è da escludere la costituzione di un
Esercito Europeo. Al contrario l’Europa, federazione di Stati, dovrà aprire una fase
nuova di cooperazione fra i popoli, operare per riprendere la strada dei
trattati sul disarmo e la denuclearizzazione militare e civile, ridurre la
spesa militare, promuovere il controllo pubblico della produzione e dello scambio
delle armi, e stabilire la riconversione con finalità civili delle proprie
industrie belliche. Pace vuol dire trattare per diminuire in Europa e in Italia
la presenza di armi nucleari. Le risorse sottratte alle spese di guerra devono
essere impiegate per ridurre il debito e le diseguaglianze, affrontare le grandi
sfide delle pandemie, del clima e delle migrazioni e per fare in modo che ogni
donna o uomo o bambino abbia cibo, acqua, medicine sufficienti e il diritto a
un futuro migliore.
6)
Il
compito dell’Europa passa attraverso il Mediterraneo, anche per lo sviluppo da
dare ai rapporti col Medio Oriente e il mondo arabo-musulmano . Attraverso
questo mare la vocazione dell’Europa si estende verso l’Africa e l’Asia, ed è una
contraddizione da rimuovere l’aver fatto della Sardegna un poligono di tiro e
della Sicilia una portaerei che minaccia la guerra.
7) Noi vogliamo un’Europa che sia
un insieme di comunità pacifiche e aperte al mondo, indipendente, amica ma non succube degli Stati
Uniti e di alcun’altra potenza, rispettosa delle diversità, protagonista in un
mondo multipolare, non sottoposta al dominio di un sovrano assoluto che si
arroghi la missione del guardiano universale.
Essa deve sottrarsi alla logica dei blocchi e del
vassallaggio nei confronti del più forte, che sacrifica i propri agli interessi
altrui. L’Europa deve collaborare con la Russia, con la Cina e i Paesi che
compongono l’arcipelago dei Brics.
8) Il Vertice di Roma del novembre 1991 ha confermato,
nonostante lo scioglimento del Patto di Varsavia, l’esistenza della Nato ma in
natura esclusivamente difensiva: “nessuna delle sue armi sarà mai usata se
non per autodifesa, né essa si considera avversario di alcuno”.
Con l’estensione della Nato fino a minacciare i
confini della Russia, ignorando la richiesta di sicurezza di quel Paese, questo impegno è stato
tradito. Trasformare l’inaccettabile invasione russa dell’Ucraina in un
conflitto mondiale, abbandonare la strada della diplomazia, puntare alla
sconfitta di Putin, ha determinato un prezzo insopportabile di vittime ucraine
e russe, la distruzione di un intero Paese e il sacrificio delle speranze degli europei
di ripresa economica dopo la pandemia. Occorre far tacere le armi, ritrovare la
strada per il dialogo e il disarmo consensuale. Riteniamo che con la Pace si
potrà di nuovo immaginare un’Europa dove gradualmente scompaiano i blocchi
militari contrapposti e, quindi, anche la Nato. Obiettivo che sembrava
possibile prima della guerra in Ucraina.
Chiediamo all’Unione Europea di far sospendere le
minacciose esercitazioni militari “Steadfast Defender” programmate dalla NATO
per i prossimi mesi e di respingere nella maniera più assoluta l’idea di proiettare l’Alleanza
Atlantica verso l’indo-pacifico e il confronto armato con la Cina.
Riteniamo peraltro che occorrano garanzie
reciproche di sicurezza per tutti gli Stati e consideriamo una minaccia
alla Pace la pretesa di imporre con la forza i “nostri valori”, la “nostra
idea” di libertà e di democrazia e la supremazia tecnologica e militare dell’Occidente.
L’Europa dovrà promuovere la cultura della pace
nelle scuole e nelle università, sostenere il diritto alle obiezioni di
coscienza e al rifiuto di combattere in tutto il mondo, creare un corpo civile
di pace europeo,
9) L’Europa deve rifiutare il criterio delle
relazioni internazionali come “competizione strategica” tra le grandi
Potenze com’è concepita dagli Stati Uniti. Questa dottrina prevede
comportamenti economici e militari che rendono probabile una terza guerra
mondiale. È quanto si teme in relazione alla crisi del Mar Rosso, che si
potrebbe trasformare in una pericolosa escalation che coinvolga il Libano
la Siria e l’Iran, e in relazione alla controversia su Taiwan che può diventare
devastante per Cina, India, Giappone e Australia. Siamo oggi in un mondo
multi-polare e l’Europa, non avendo interesse a creare un muro tra Occidente e
Oriente, deve operare per la coesistenza pacifica fra tutti gli Stati e ascoltare le
diverse voci del nuovo mondo.
10) Il Parlamento Europeo deve avere l’iniziativa
legislativa e deve partecipare al processo decisionale nell’ambito della
politica estera e della sicurezza comune. Nel quadro di un progressivo risanamento delle
relazioni internazionali, occorre ridare efficacia di intervento al Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel suo
ruolo di difesa della pace, mediante la revisione del diritto di veto, lo sviluppo
delle procedure democratiche e l’ingresso tra i Membri Permanenti di altri
grandi Paesi come il Brasile, l’India e il Sud Africa.
11) In prospettiva più generale l’Unione Europea deve promuovere
una Costituzione
Mondiale con
la creazione di efficaci Istituzioni di garanzia per la pace e l’effettività dei diritti e dei valori
riconosciuti come comuni all’intera umanità.
Terra
Il debito mondiale è tre volte maggiore del
Prodotto Interno Lordo del mondo; la speculazione domina le transazioni economiche
e condiziona il prezzo delle materie energetiche e del cibo; l’inflazione viene
combattuta col rialzo dei tassi di interesse, ovvero del costo del denaro,
peggiorando le condizioni della popolazione. La speculazione finanziaria
minaccia oggi le democrazie sottraendo risorse ai bisogni della società e
al lavoro produttivo. La guerra ne riafferma il dominio.
A causare l’aumento dei prezzi non sono tanto la
domanda crescente di beni e l'aumento dei salari, quanto i profitti troppo
elevati di pochi colossali oligopoli e di grandi aziende che dominano la
politica e la costringono a un ruolo gregario. A livello globale non esistono
istituzioni e leggi internazionali in grado di esercitare il controllo e
comminare sanzioni: il mercato globale è deregolamentato.
La vita di centinaia di milioni di persone dipende
dalle scommesse sul futuro di titoli di carta, i futures, che determinano il
prezzo delle merci. Anche in Europa per oltre il 90% la finanza è impiegata per
attività puramente speculative a breve e brevissimo termine e assorbe risorse
dall'economia reale; solo qualche punto percentuale del capitale finanziario
viene impiegato per supportare effettivamente le attività produttive.
1) Compito dell’Unione Europea è impedire la fuga di
capitali all'estero e l’incontrollata globalizzazione della finanza, introdurre
la Tobin Tax sui movimenti speculativi e tassare le aziende del fossile
(mentre oggi l’87% delle emissioni non è soggetto a un costo), estendere ed
aumentare la Carbon tax, detassare le tecnologie verdi e abolire
qualsiasi detrazione fiscale per chi inquina. Le tasse delle multinazionali
devono essere pagate dove le società acquisiscono i loro ricavi ed i paradisi
fiscali in Europa vanno aboliti.
2) Occorre introdurre una separazione netta tra
banche di deposito,
che devono curare i risparmi dei cittadini, e banche d’affari,
che operano a rischio sui mercati finanziari; per evitare che i depositi dei
risparmiatori siano esposti a rischi speculativi sui mercati. Attualmente solo
banche commerciali hanno la facoltà di avere dei conti correnti presso le
Banche Centrali che si apprestano ad emettere una nuova moneta digitale. Ma le
banche centrali devono aprirsi al pubblico, operare in maniera trasparente,
e gestire una moneta digitale pubblica direttamente a favore di cittadini,
imprese e enti pubblici: una moneta sicura perché la Banca Centrale, al
contrario delle banche commerciali, non può mai fallire.
3) La politica economica di un Paese deve essere
decisa dai Parlamentari democraticamente eletti e non dalla BCE o da tecnocrati
di Bruxelles.
Organi
intergovernativi governano 540 milioni di persone e la prima economia mondiale,
comportandosi come il Gabinetto d'affari della grande finanza. L’Euro è una
moneta unica per 20 Paesi molto diversi tra loro, una moneta solo deflattiva
che frena l'economia. La BCE agisce di norma con l’obiettivo di combattere l’inflazione,
privilegiando la stabilità dei prezzi. Negli Stati Uniti la Federal
Reserve interviene da regolatore dell'economia anche per difendere
l'occupazione e promuovere lo sviluppo: circa il 40% del PIL è dedicato alla
compensazione, trasferendo risorse dallo Stato Federale ai singoli Stati . Si
richiedono scelte politiche che non possono essere delegate al mercato. Le
istituzioni dell’Unione che hanno effettivo potere decisionale, (Consiglio UE,
Commissione UE, Eurogruppo) non sono elette ma nominate dai governi. Il
Parlamento conta poco e, soprattutto, la BCE, può alzare i tassi di interesse
senza che nessuno possa criticare efficacemente le sue decisioni. Il
Parlamento Europeo deve poter discutere in maniera incisiva le decisioni che
riguardano la politica economica e monetaria.
4) Gli investimenti delle banche commerciali sono
legati al fossile per 7 euro su 10 e se invertissero la proporzione a favore
delle energie rinnovabili fallirebbero. Non possiamo affidare ai banchieri e il
futuro del pianeta. Dobbiamo puntare a contenere il surriscaldamento in un
grado e mezzo entro il 2030. Per raggiungere questo risultato dobbiamo ridurre
di un grado la temperatura delle case, mangiare meno carne, prendere il meno
possibile l’aereo e non sprecare acqua nel consumo domestico; ma per il 70% la
riduzione delle emissioni di CO2 dipende da scelte politiche e collettive. L’Europa
deve considerare i boschi, la montagna, il mare beni comuni da tutelare.
Senza regole e controlli, e senza una comunità attiva che se ne prenda cura,
finiranno per diventare privati.
Chi svolge attività nella pesca, nell’agricoltura, nell’allevamento,
deve poter essere considerato un operatore del servizio pubblico, sempre
che la sua opera si svolga nella tutela del paesaggio e della fauna, nel
rispetto della natura e nella produzione di cibo di qualità. Le istituzioni
europee devono vietare l'importazione di prodotti alimentari, provenienti da
Paesi terzi, trattati con sostanze non autorizzate nell’Unione. I controlli
alle frontiere devono essere mirati alla difesa dei produttori europei dalla
concorrenza sleale dei Paesi terzi che non rispettano le norme europee in tema
di salute pubblica e sicurezza alimentare. Il principio della reciprocità di
trattamento va strettamente osservato per evitare relazioni squilibrate a
vantaggio dei paesi concorrenti che alzano barriere tecniche amministrative per
impedire la penetrazione dei prodotti della UE sui loro mercati.
5) Facciamo nostro l’appello di importanti
economisti europei per la cancellazione del debito pubblico in pancia alla BCE,
che ammonta a un quarto del totale del deficit degli Stati menbri. I cittadini
europei devono a loro stessi il 25% dei loro debiti. La Bce potrebbe offrire
agli Stati europei i mezzi per la loro ricostruzione in chiave ecologicamente
sostenibile e riparare la frattura sociale, economica e culturale che hanno
creato la crisi sanitaria e le guerre. Stiamo parlando di 2.500 miliardi
per l’Europa nel suo complesso. La BCE può permettersi una simile azione, come
riconosciuto da un gran numero di economisti, anche tra coloro che si oppongono
ad una tale risoluzione: una banca centrale può funzionare con fondi propri
negativi senza difficoltà. I privati non verrebbero danneggiati e le finanze
pubbliche verrebbero sollevate da enormi pesi pregressi che gravano sull’economia,
lo sviluppo e la società.
6) La transizione ecologica deve rappresentare un
cambiamento radicale nel modo di produrre, di consumare e di vivere.
Nei Paesi
dell'Unione europea gli edifici assorbono il 45 % dei consumi energetici. Se si
ristrutturano energeticamente si migliora il loro comfort termico, riducendo al
contempo sia le loro emissioni di anidride carbonica sia gli importi delle
bollette energetiche; e i risparmi delle famiglie sulle bollette consentiranno
di ammortizzare, in un certo numero di anni, gli investimenti necessari. Poiché
non tutte le famiglie sono in grado di sostenere i costi iniziali, è compito e
interesse dello Stato farsene carico anche per ragioni di giustizia sociale.
L’obiettivo da perseguire nella gestione dei
rifiuti è la riduzione progressiva delle quantità che vengono portate allo
smaltimento.
In questo modo si ottengono due vantaggi direttamente proporzionali: la
riduzione dell'inquinamento generato dagli impianti industriali e la riduzione
dei costi di smaltimento. La raccolta differenziata deve essere molto accurata,
in modo da ricavarne materiali omogenei che possano essere venduti e utilizzati
come materie prime secondarie. Una gestione ecologica corretta dei rifiuti
consente di ridurre i costi di gestione e di accrescere gli utili. Se le
aziende che li gestiscono non sono società per azioni, ma società pubbliche,
gli utili non saranno distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi, ma potranno tradursi in
riduzioni della tassa sulla raccolta dei rifiuti.
L’acqua è un bene comune e ne
va garantita la proprietà pubblica. La stessa modalità può essere adottata per
l’acqua , una risorsa indispensabile per la vita e per lo svolgimento delle
attività produttive, di cui la siccità comincia a rendere drammatica la
carenza. L’obiettivo principale è ridurre le perdite degli acquedotti che
possono ammontare fino al 60 % dell'acqua catturata dalle falde idriche e gestire le reti con un consumo di energia
elettrica molto minore.
7) La Pace e l’uscita dal meccanismo
infernale del debito sono indispensabili per affrontare alle radici i problemi
che causano le migrazioni. La gestione dei confini avviene oggi in una
logica militare che trasforma chi richiede asilo politico ed è costretto a
migrare per ragioni climatiche ed economiche, in un nemico da combattere. Come
se ci si trovasse di fronte ad una invasione armata. Ma non si possono mandare
le Frecce Tricolori a bombardare i barchini o disseminare la penisola di centri
di detenzione per rinchiudervi tutti quelli che sbarcano sulle nostre coste.
Una persona inerme e in difficoltà non può essere considerata alla stregua di
un invasore.
Non solo l'Europa ma l'intero mondo occidentale
deve farsi carico delle migrazioni. È il momento di pagare gli interessi sulle
risorse rapinate, sull'inquinamento e lo sfruttamento del fossile che produce
alluvioni e disastri, di cancellare o ridurre i debiti dei Paesi in via di sviluppo,
di elaborare non piani di aiuto ma investimenti nei luoghi dove l'ondata
migratoria è più
forte.
La politica dell'accoglienza deve avvenire nel
rispetto della legalità e dei diritti umani, con una rete ordinata di
assistenza, di formazione, di collaborazione lavorativa e di studio. I centri
di detenzione vanno chiusi.
Dignità
Nell’epoca del liberismo globale deregolato l’influenza
cinese nel mondo e la potenza finanziaria di Pechino hanno spinto l’amministrazione
statunitense a reagire invocando un protezionismo unilaterale e aggressivo che è
tra le cause fondamentali degli attuali venti di guerra. Fino a oggi,
l'Unione europea si è accodata mentre appare più che mai urgente avviare,
presso l’ONU, un tavolo di trattative per creare le "condizioni
economiche per la pace”, come richiesto dall’appello di autorevoli economisti
di tutto il mondo.
1) Proponiamo di rivedere completamente gli
accordi di Maastricht sui quali sono nate l’Unione e le cosiddette politiche di
austerità. Un nuovo trattato dovrebbe prevedere piena occupazione, riduzione
delle diseguaglianze, intervento pubblico nell’economia,
regolamentazione dei capitali e della finanza e finalizzare.
L'Italia degli ultimi trenta anni ha virato
purtroppo verso i bassi salari, la riduzione dei diritti dei lavoratori,
l'economia della rendita e dei patrimoni finanziari e immobiliari, aumentando
enormemente le diseguaglianze. A pagare sono state soprattutto le donne: le più
povere, le più precarie, le più sottopagate, sulle cui spalle continua a pesare
la morsa del lavoro gratuito di riproduzione, di cura e accudimento. Lo stato
sociale si è andato sempre più erodendo.
Robot, automatismi e intelligenza artificiale
stanno cambiando i rapporti di forza tra l'uomo e la macchina. Le tecnologie
non sono di per sé un rischio per i lavoratori ma lo è l'accentramento in poche
mani e in pochi Paesi
delle sorti dell'innovazione, dell'informazione e della cultura.
Saranno in molti a perdere il lavoro per l’intelligenza
artificiale e la transizione ecologica. Lo Stato deve garantire a tutti
l'occupazione e un'attività di studio e di riqualificazione permanente. Per
gestire le transizioni dalla disoccupazione al lavoro; dal lavoro subordinato a
quello autonomo; dal lavoro alla formazione vanno abolite tutte le forme
precarie di lavoro, a meno che non siano tecnicamente giustificate come i
lavori stagionali.
2) E’ urgente introdurre un sostegno economico
universale a chi resta senza lavoro.
Il lavoro deve essere dignitoso, rispettare l’ambiente,
riconoscere i diritti sindacali; tener conto delle priorità personali e
familiari. Il lavoro deve essere un diritto non la conseguenza di un ricatto.
La grande massa di disoccupati costringe le persone ad accettare condizioni
ingiuste e talvolta disumane. Soprattutto donne, giovani e lavoratori stranieri sono spinti ad accettare
qualunque condizione e qualunque
salario, obbligati con proposte di lavoro criminali, orari disumani e in
condizioni di insicurezza. Chi percepisce il reddito deve partecipare a
corsi di formazione tenendo conto delle sue capacità e delle sue aspirazioni.
3) L’orario di lavoro va portato in Europa a 32 ore
settimanali.
Siamo convinti che oggi serva lavorare meno per recuperare tempo e spazi di
vita: il concetto stesso di orario di lavoro, o meglio di “tempo in cui si è a
disposizione” va modificato, prevedendo il diritto alla disconnessione e a non
confondere strumenti di lavoro e strumenti privati. Lavorare meno ore (in
ufficio) ma essere in ogni luogo o periodo del giorno raggiungibile, ci rende
vittime di un “tempo di lavoro senza fine”.
4) Il solco tra i mega profitti (di pochissimi) e le
retribuzioni è diventato una voragine. La riduzione dell’orario non
può, dunque, slegarsi dall’aumento dei livelli salariali, anche
perché si potrebbe arrivare al paradosso per cui determinate categorie di
lavoratori, avendo più tempo per loro stessi, non avrebbero risorse sufficienti
per impegnarlo proficuamente ad esempio, per viaggiare, per frequentare un
corso di formazione o, più banalmente, per iscriversi a una palestra. Vanno
introdotti meccanismi automatici di adeguamento di stipendi e pensioni all’inflazione.
5) Nel nostro paese il taglio alle politiche di
formazione avvenuto dal 2008 in poi ha prodotto un calo del 10% degli
immatricolati universitari, tanto da porci all’ultimo posto in Europa
per percentuale di laureate e laureati nella fascia d'età 25-34 anni, con
un valore del 27%, mentre la media UE è poco sotto il 40%. Malgrado questa
situazione disastrosa e preoccupante, pochissimi riescono a trovare un lavoro
che sia adatto al grado d'istruzione acquisito e si è costretti a emigrare o a entrare in
competizione per lavori precari di basso livello. Viviamo nel mito di un
sistema meritocratico che, dice Joseph Stiglitz, fa sì che “Il 90% di quelli
che nascono poveri, muoiono poveri, per quanto intelligenti e laboriosi possano
essere, e il 90% di quelli che nascono ricchi muoiono ricchi, per quanto idioti
o fannulloni possano essere. Da ciò si deduce che il merito non ha alcun valore”.
6) Bisogna sostenere artigiani e imprese familiari
e ridurre
le disparità tra le diverse aree e offrire pari opportunità ai giovani e alle giovani costrette a emigrare dalle zone più
deboli a quelle più forti e arrestare il processo per cui l’istruzione non
produce più la crescita economica, sociale e civile del territorio.
Contemporaneamente una rete efficiente di infrastrutture europee deve
impedire la periferizzazione di una parte importante del nostro continente.
7) Sono state smantellate le grandi industrie a
partecipazione statale con un impatto sulla formazione a tutti i livelli, dalla
scuola, all'università, alla ricerca. I Paesi che cresceranno di più domani,
Cina, India, Sud Corea per esempio, sono quelli che oggi si sono occupati di
meglio rafforzare e diversificare il proprio sistema industriale, della ricerca
e dell'innovazione. Un grande programma pubblico europeo per la transizione
verde, la ristrutturazione e la riqualificazione degli edifici pubblici (scuole,
ospedali, uffici) può invertire questa tendenza.
8) Le politiche di austerità hanno reso impossibile
l’investimento in risorse umane per la pubblica amministrazione. Ma un piano
per l’occupazione pubblica, con l’assunzione di giovani ad alta
qualifica, è indispensabile per ammodernare lo Stato, le amministrazioni del
settore sociale, la scuola e la ricerca. Va accelerata la digitalizzazione
delle amministrazioni pubbliche con software open source, trasparente, non
manipolabile da stranieri e agenzie estere, sviluppabile “in casa” e non
dipendente dalle grandi corporations mondiali.
9) L’Europa riconosce la sua identità nelle proprie
culture e si adopererà per dare loro la libertà e le energie di cui hanno
bisogno per crescere e rinnovarsi. L’Europa si nutre del rapporto con le altre
culture.
A tutti i cittadini europei vanno garantiti gli
stessi diritti civili e umani e la più completa libertà d’espressione. Per
difendere l’identità europea va favorita la nascita di social europei, di
piattaforme europee per la produzione culturale e il commercio on line.
***
Dopo la
pandemia, l’Unione Europea avrebbe dovuto mettere al centro delle sue politiche
la prevenzione e la tutela della salute. Bisogna ridurre la spesa per le armi e
incrementare quelle per la salute. Ma un recente dossier della Caritas
riassume così la situazione in cui ci troviamo nel nostro Paese:
"... in diciotto anni, l’Italia ha ridotto
dello 0,4% il finanziamento del sistema sanitario nazionale italiano. I fondi
che rappresentavano il 7% del Prodotto interno lordo (Pil) nel 2001 sono scesi
a un importo pari al 6,6% nel 2019. Al contrario, la spesa militare è cresciuta
costantemente. Nel 2018 è giunta a 25 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil,
segnando un aumento del 25% rispetto alle ultime tre legislature. L’Esercito ha
avanzato la proposta di una “legge terrestre” per nuovi blindati, elicotteri,
missili. 5 miliardi di euro in 6 anni; la stessa cifra garantirebbe 4.200 letti
ospedalieri in più all’anno. Lo scorso 3 aprile l’AD di Fincantieri ha
dichiarato di essere in trattativa con la Marina Militare per due nuovi
sommergibili U-212, per un costo complessivo di 1,3 miliardi di euro: l’equivalente
di 13.100 letti di terapia intensiva.
***
Solo però uscendo dal sistema di guerra sarà possibile
prendersi cura delle persone e aprire un’era
nuova per il mondo. L'homo sapiens combatte armato dall'inizio della sua esistenza.
Questo però non significa che la guerra sia connaturata all’uomo e che non debba essere prevenuta e impedita
come il crimine di genocidio.
Il Cardinale Martini scriveva: “Certamente l’odio
che si è accumulato è grande e grava sui cuori: vi sono persone e gruppi che se
ne nutrono come di un veleno che mentre tiene in vita insieme uccide. Per
superare l’idolo dell’odio e delle violenza è molto importante imparare a
guardare al dolore dell’altro. La memoria delle sofferenze accumulate alimenta
l’odio quando essa è riferita esclusivamente alla propria giusta causa. Se
ciascun popolo guarderà solo al proprio dolore, allora prevarrà sempre la
vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà memoria della sofferenza anche dell’altro,
dell’estraneo e persino del nemico, allora essa potrà rappresentare la premessa
di ogni futura politica di pace”.