Riporto la mia Prefazione al volume di Nino Miceli, E tu lo sai chi sono io? Storia di una ribellione al pizzo, Di Girolamo, Trapani 2025, che abbiamo presentato ieri a Roma, presso la Sala Extra di “Libera”, con la partecipazione di Mario Mattifogo (generale dei Carabinieri ris.) e Anna Canepa (Direzione nazionale antimafia antiterrorismo). Non sono mancate le domande da parte di qualcuno del numeroso pubblico presente in sala.
Per aprire questo libro con una chiave adatta
Antonino
Miceli è una delle persone che onorano l’Italia e compensano la viltà, la
corruzione, la piccineria d’animo di tanti altri concittadini. Nelle pagine che
seguono l’autore narra la sua storia di ribellione alle richieste mafiose di
pizzo, le sue vicende giudiziarie e personali, la sua attuale condizione di “testimone
di giustizia” (cittadino che si oppone
al mondo mafioso e collabora con le autorità giudiziarie per perseguire
i criminali) da non confondere con la condizione di “collaboratore di
giustizia” (denominazione riservata ai cittadini che, avendo fatto parte di
associazioni criminali, se ne sono poi distaccati per motivi talora nobili e
più spesso meno nobili).
Per
varie coincidenze, sono venuto a conoscere Nino una ventina di anni fa e ho
avuto il privilegio di accompagnarlo in varie sedi (università, scuole,
associazioni, sindacati…) dove ha raccontato la sua storia. Indimenticabile la
prima volta, nell’Aula Magna della sede storica dell’Università di Palermo, con
la partecipazione di un magistrato che avevo avuto tra i miei alunni al liceo e
che, proprio all’esordio della carriera, aveva brillantemente sostenuto
l’accusa contro i persecutori di Miceli: Antonino Di Matteo.
Intanto
Nino Miceli mi ha espresso il desiderio di raccogliere in un testo organico
quanto si trova in pubblicazioni e
interviste di difficile reperimento, integrato con vicende e riflessioni – non
meno significative - fino al momento
presente.
È
stato per me un onore prestare una mano a un personaggio pubblico che, intanto,
è diventato uno dei miei amici più cari. Il risultato è una narrazione
puntellata da disgrazie, muri di gomma e colpi di scena, talmente avvincente da
stentare a ritenerla – come in effetti è– veridica sin nei minimi dettagli:
sembrerebbe un testo di scrittura collettiva prodotto da Kafka, Pirandello e
Camilleri. Se fosse la sceneggiatura di un film rischierebbe di vincere il
premio Oscar: ma, come si evince dagli intrecci che l’autore evidenzia con
numerosi eventi contemporanei, è tutta la storia d’Italia dal Secondo
dopoguerra a oggi ad essere al di sopra di ogni immaginazione letteraria.
Spero
che un numero ancora maggiore di lettori potrà trovare in queste pagine non
solo memoria di eventi che meritano di non cadere nell’oblio, ma anche e
soprattutto incoraggiamento a
lottare senza tregua contro il dominio mafioso che minaccia la democrazia in
tutto il Paese e ormai anche in aree geografiche esterne ai confini italiani.
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