domenica 9 marzo 2025

IL SESSANTOTTO RACCONTATO A GIOVANI DI OGGI

Gli inviti, da parte di classi di studenti a incontrare qualche reduce del Sessantotto, si fanno più frequenti via via che restiamo sempre in meno a sopravvivere,. Quando tocca a me, mi riesce difficile proporre una narrazione sintetica e soprattutto imparziale. In questi giorni ho provato a partire dall’equazione Sessantotto = contestazione globale: globale in senso geografico (ha toccato quasi tutto il pianeta) e in senso intensivo (ha riguardato quasi tutti gli aspetti della vita personale e collettiva).

Ma chi sono stati i soggetti principali di questo movimento contestatario che si proponeva, attraverso lotte settoriali, di cambiare l’intero “sistema”?

Innanzitutto gli studenti che hanno contestato contenuti e metodi pedagogici delle agenzie educative più diffuse (scuole/università e chiese); la morale sessuale dominante (ossessionata dal rischio delle gravidanze indesiderate) e le politiche militariste (la cui espressione parossistica era costituita dalla guerra del Vietnam).

In contemporanea con le rivolte studentesche – e non di rado ad esse intrecciato – si è registrato il movimento di liberazione delle donne:  il femminismo, da teoria e pratica di piccoli gruppi pionieristici, è diventato un fenomeno sociale molto più ampio e ramificato.

Anche gli operai si sono mobilitati per il miglioramento decisivo delle condizioni di lavoro e, più radicalmente, per introdurre nella fabbrica spazi e tempi di partecipazione democratica.

A più di mezzo secolo da quegli anni il bilancio è ambiguo.

Certamente è stato ottenuto il riconoscimento legislativo di molti diritti civili anche in Paesi dove sembravano impossibili (vada per tutti il caso del divorzio in Italia), ma non si può negare che le istanze progressiste hanno esasperato l’individualismo tipico della concezione antropologica borghese: il “noi” ha ceduto quasi completamente il posto all’ “io” nell’accezione più riduttiva ed egocentrica.

Certamente sono stati ottenuti per i lavoratori e i cittadini meno abbienti notevoli progressi salariali e, più in generale, legislativi. Ma proprio queste conquiste in direzione dello Stato assistenziale prefigurato nella Costituzione repubblicana hanno scatenato nelle minoranze imprenditoriali, militari e politiche di stampo reazionario una vera e propria strategia terroristica (sia attraverso Servizi segreti statali sia manovrando, in forme non ancora del tutto chiarite, gruppi estremisti di destra e di sinistra nonché associazioni criminali mafiose). Perciò, se la mobilitazione partitica e sindacale ha prodotto risultati tangibili e motivanti, la degenerazione terroristica ha smorzato gli entusiasmi dei cittadini inducendoli a ripiegare, per paura e/o delusione, nel disimpegno politico dalla fine degli anni Ottanta a oggi.

Sul piano internazionale il vento del Sessantotto ha soffiato anche all’interno dei grandi Partiti Comunisti Occidentali ed è penetrato al di là della “cortina di ferro”, contribuendo non poco al progressivo indebolimento, ideologico e istituzionale,  dell’Unione Sovietica: di uno dei due antagonisti della Guerra “fredda” che aveva mantenuto il mondo sotto la spada di Damocle di un conflitto nucleare definitivamente devastante. Ma con l’implosione dell’URSS il bi-polarismo planetario ha lasciato campo libero ad uno solo dei due imperialismi in conflitto: gli Stati Uniti d’America e i Paesi occidentali alleati (NATO). Una supremazia che sembra indiscussa dal punto di vista culturale (l’anglo-americano come lingua universale e il capitalismo come teoria economica unica, adottata da regimi politici di segno diverso), ma che  lo è sempre meno dal punto di vista politico-militare dal momento che Cina, Russia, India, Brasile e altri Paesi emergenti non intendono rinunziare ad arginare lo strapotere statunitense sulla scena internazionale.

Il quadro è (per fortuna) in continuo cambiamento e molto di ciò che è mutato dal 1968 al 2025 – soprattutto con l’avvento del Web e dei suoi padroni sovranazionali - muterà certamente nei prossimi anni, anzi nei prossimi mesi. Come dal Sessantotto (e,  in parte,  grazie ad esso) in poi, saranno cambiamenti in meglio e in peggio: la storia sembra preferire lo zig-zag alla linea dritta. Individui e gruppi possono condizionarne il corso? Mezzo secolo fa sembrava che si fosse un po’ tutti convinti di sì. Oggi siamo in pochi a perseverare in quella generosa, ma ingenua, convinzione di poter “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato” (Robert Baden Powell). Cerchiamo nuove motivazioni ideali, nuovi miti propulsivi; ma nessuna improbabile rinascita di passioni sopite avrà effetti storici incisivi se non sostenuta dalla fatica condivisa dell’indagine razionale, della riflessione critica, della progettazione meditata. Cuore e ragione, si potrebbe sintetizzare con uno slogan. Ma già Hegel aveva coniato il modello antropologico affascinante del “cuore pensante”.

Augusto Cavadi

* Per la versione originaria, corredata da foto, cliccare qui:

https://www.zerozeronews.it/dall-8-marzo-alla-coscienza-civile-quel-che-resta-dei-sogni-del-68/


1 commento:

Pietro Spalla ha detto...

Bella e utile questo riesame del 68... Quanto alla tua bella conclusione, spesso cuore e pensiero si intralciano, coordinarli in modo che si stimolino ed integrino a vicenda dovrebbe essere il nostro compito