martedì 7 gennaio 2025

LA MISTICA NON ESONERA DALL’ETICA ELEMENTARE

 (La rivista "Adista" chiede periodicamente ad alcuni laici di commentare, liberamente, un brano evangelico della liturgia domenicale. Questa volta mi è stato chiesto di chiosare Luca  3, 15 – 16. 21 -22, la pagina sul battesimo di Gesù ad opera di Giovanni che verrà letta domenica12 gennaio 2025 nelle chiese cattoliche).


L’autore di questo brano scrive a decenni di distanza (più o meno, mezzo secolo) da quando si sarebbero svolti gli eventi narrati. Questo lasso di tempo è già da solo un motivo sufficiente per suscitare l’interrogativo di molti biblisti: si tratta davvero, come sembrerebbe a prima vista,  di una “narrazione” di “eventi” ? O non piuttosto di una fiction, di una invenzione letteraria a scopo didattico?

In questa seconda prospettiva (sempre più accreditata dagli studiosi) la comunità credente evangelizzata da Paolo e dalla sua cerchia di discepoli - fra cui Luca cui è attribuito il terzo vangelo canonico – sarebbe alle prese con una domanda: perché seguiamo la “via” di Gesù e non di altri “inviati” che, nella stessa fascia temporale, hanno speso la vita per rinnovare la migliore tradizione profetica e liberare il popolo da un regime di ingiustizie e corruzioni, di cui la dominazione romana appare conseguenza, sigillo e concausa? In particolare: che cosa ci distingue dai movimenti socio-religiosi che si rifanno alla intensa, efficace, predicazione di Giovanni l’eremita?

Suppongo che, sul piano esclusivamente storico, non sarebbe stato facile rispondere. Infatti sia Giovanni che Gesù hanno invitato entrambi alla conversione, all’equanimità, al rispetto della dignità di chiunque altro, al servizio generoso della comunità: ad appianare i picchi dell’orgoglio e a colmare i vuoti dell’indigenza (Lc 3, 3 – 6).

 Ma tra la vicenda storica di Gesù e questo testo evangelico si è inserito, con potenza di genio e di afflato mistico, Paolo di Tarso: un fariseo colto a cui non interessava il Gesù “secondo la carne” (che per altro non aveva mai incontrato de visu) (2 Cor 5,16)  quanto il Cristo della sua interpretazione teologica. E’ da questo angolo di visuale che Luca – o chi per lui – costruisce retrospettivamente il racconto del battesimo di Gesù: non per riferire un episodio storico, quanto per annunziare la convinzione di fede che il Maestro fosse stato non uno dei tanti (pur benemeriti) “messia”, ma “il Figlio” per eccellenza, inondato dallo Spirito santo divino. Siamo ancora lontani dalla dottrina trinitaria (così come sarà sistematizzata dal IV secolo in poi), ma ci si avvia in quella direzione: un processo di enfatizzazione che, al suo apice, ha addirittura imposto come dogma che l’Unto fosse una “persona” divina, non umana, e dunque ontologicamente incomparabile con qualsiasi altro mortale.

Oggi gli sviluppi teologici sulla persona di Gesù intrigano poco, specie perché troppo spesso in questi due millenni hanno distratto dal nucleo originario del suo annunzio: che alla Fonte della vita (= Papà) sta a cuore la convivenza armoniosa degli esseri umani su questa Terra segnata già da troppe ferite laceranti. Come scriveva Kierkegaard in una sua preghiera, Cristo non vuole essere “ammirato” o “adorato” da noi, bensì “imitato”. Possiamo aggiungere dunque che, se una persona riesce ad avere visioni soprannaturali e ascensioni al terzo cielo grazie al suo rapporto spirituale con Gesù Cristo, ben per lei (cfr. 2 Cor 12, 1-7). Ma a patto che simili esperienze straordinarie non scavalchino, bypassandoli, i modesti doveri ‘laici’ quotidiani raccomandati dal Battista e dal Gesù storico: condividere le proprie tuniche e il proprio cibo; non abusare del potere nell’esercizio del proprio ufficio; non perseguire l’arricchimento a costo di disonestà e prepotenze (cfr. Lc 3, 10 – 14). Di santi, mistici, carismatici, fondatori di congregazioni e simili, incapaci di rispettare la grammatica elementare dell’etica naturale, ne abbiamo avuto abbastanza: adesso avvertiamo il desiderio di sana ‘normalità’.

Augusto Cavadi

“Adista/Notizie”, n. 44 del 21.12.2024

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