martedì 28 gennaio 2025

IL CUORE COME CENTRO VITALE, NON COME ORGANO ISOLABILE

 Il volume della cardiologa Silvia Di Luzio, Il cuore è una porta. Dalla scienza, un’ipotesi di evoluzione (Amrita, Torino 2019), non può non evocare la celebre, fulminante,  asserzione di Blaise Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Ella infatti sostiene che il nostro cervello non è l’unico organo dotato di neuroni e che proprio il muscolo cardiaco ne contiene di moltissimi e attivissimi. Quando dunque asseriamo, in certe circostanze, di aver seguito la voce del nostro cuore, non ci stiamo esprimendo in un senso solo poetico, metaforico, ma letterale, anatomico. Potremmo dire lo stesso per il “terzo cervello” di cui siamo dotati: la pancia. 

   Dunque affrontiamo la vita – le sue relazioni, le sue sfide, i suoi imprevisti – con l’interezza del nostro essere: non averne consapevolezza, e limitarci ad approcci settoriali, ci condanna a una sorta di mutilazione. Chesterton ha una volta osservato, a proposito di Hegel, che esiste un genere particolare di follia consistente nel perdere tutto tranne la ragione. Quando ci mettiamo in gioco con la testa, lo facciamo anche sempre con il cuore e con la pancia.

   Se le cose stanno così – e la Di Luzio, che ha studiato anche negli Stati Uniti d’America la questione, lo argomenta con varie considerazioni empiricamente confermate – possiamo esaminare criticamente delle espressioni diffuse nei discorsi quotidiani.

   E’ vero – per prendere in prestito il titolo del più fortunato romanzo di Susanna Tamaro – che in alcuni bivi della vita dobbiamo andare “dove ci porta il cuore” (Baldini & Castoldi, Milano 1994)?

    Se per “cuore” intendiamo il potenziale emotivo, il sentimento, o addirittura la nostra sfera inconscia e pre-conscia, confesso – contro molte ortodossie oggi maggioritarie di impronta new age– che il cuore non ha ragioni e deve lasciarsi orientare dalla ragione. Dissento fermamente dalla contrapposizione – tutta giocata a favore del ‘cuore’ – fra cuore e ‘mente’. No: con buona pace della Tamaro non  voglio andare dove mi porta il cuore perché non voglio andare a sbattere il muso contro i muri della illusione e della delusione. Se inteso in questo significato – qualcosa come la “parte” passionale dell’anima che Platone paragonava a uno scalpitante  cavallo bianco che un bravo auriga deve saper controllare saldamente con le redini in mano – a mio parere vale per il cuore ciò che Gibran ha sostenuto per il complesso di passioni di cui siamo capaci: “La vostra ragione e la vostra passione sono/ il timone e le vele della vostra anima navigante./ Se si spezzano le vele, o si spezza il timone,/ o andrete, sbandati, alla deriva,/ oppure resterete a ristagnare in mezzo al mare./ Infatti la ragione, quando domina da sola,/ è una forza imprigionante;/ e la passione, quando non è custodita, è una fiamma che brucia a propria distruzione./ (…) Vorrei consideraste il vostro giudizio ed il vostro impulso/ sempre come fareste con due ospiti amati in casa vostra./ Sicuramente non onorereste un ospite più che l’altro:/ poiché chi ha più attenzione verso uno solo/ perde l’affetto e la fiducia di entrambi” (G. Kahlil Gibran, Il profeta, Guanda, Milano 1983, traduzione da me leggermente modificata). 

   Ma c’è una seconda accezione del termine “cuore” che rende perfettamente accettabile l’invito a seguirlo, non limitandosi alla ragione né conferendo ad essa il primato. In questa accezione di origine biblica, ma anche omerica, “<<cuore>> non va inteso tanto nel senso psicologico del sentimento quanto nel senso del centro profondo nel quale l'uomo si determina alla conoscenza e alla decisione>> (Cosimo Scordato). In questa prospettiva   “il cuore è l’organo che meglio rappresenta la vita umana nella sua totalità” (Enzo Bianchi) e, ne Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry può  scrivere: «Non si vede bene che col cuore». Andiamo pure, dunque, dove ci porta il cuore, ma solo se non lo intendiamo – riduttivamente -  come una parte dell’essere umano distinto, e tendenzialmente opposto, alla ragione; bensì, piuttosto, come il nucleo generativo   dell’essenza umana di cui la ragione è una parte, un’articolazione, una manifestazione.

Augusto Cavadi

* Per vedere l'edizione originale corredata iconograficamente:

https://www.zerozeronews.it/cuore-o-ragione-dibattito-infinito-fra-medici-filosofi-e-scrittori/


1 commento:

Maria D'Asaro ha detto...

Un testo prezioso, che ho letto e apprezzato. E sono stata lieta di aver conosciuto l'autrice, grazie a una delle tante ottime iniziative culturali promosse dalla Casa dell'Equità e della Bellezza.