Il
pacchetto completo degli auguri dal 25 dicembre al 6 gennaio include due
celebrazioni che, in sé, sarebbero ben distinte. Natale – originariamente la
festa pagana del dio Sole – e l’Epifania sarebbero due commemorazioni religiose
che avrebbero senso solo per quella minoranza dei cittadini del pianeta che
(ancora per molto?) si ritiene cristiana; laddove il Capodanno coincide con una
data esclusivamente laica e, in quanto tale, condivisibile da un’area molto più
ampia di abitanti della Terra. Come mai, allora, questa accoppiata, quasi una
fusione, di ricorrenze?
Indubbiamente
incide la prossimità delle date che crea un intreccio fra le ricorrenze
religiose e la ricorrenza laica dell’inizio di un anno nuovo, con una sorta di
effetto grande-ponte-unificante; ma, più irriflessivamente che consapevolmente,
forse agiscono dei motivi più profondi.
In termini estremamente sintetici direi che nell’inconscio
collettivo le due feste si vanno trasformando quasi a identificarsi in una
sorta di metà strada fra i due punti di partenza originari dal momento che il
Natale viene interpretato sempre più laicamente e il Capodanno viene caricato
sempre più di valenze religiose. Provo a spiegarmi.
In sintonia con gli studi esegetici più aggiornati, la
gente intuisce che la figura storica del personaggio Jeshua di Nazareth è
rilevante non tanto per una ipotetica e misteriosa identità trascendente quanto
per il messaggio di cui si è fatto annunziatore sino all’estremo: che questo
mondo corre verso il suicidio finché domineranno i miti del potere (politico,
economico, culturale) e non i princìpi della tradizione profetica (giustizia
sociale, correttezza etica, ripudio di ogni forma di violenza, compassione
verso ogni genere di sofferenza). In linguaggio simbolico proprio del tempo e
del luogo: il mondo si condanna alla perdizione sino a quando non sostituirà i
“regni” dei potenti della Terra con il “regno dei Cieli”, cioè di Jahvé (Dio, il
Padre comune). Se Natale evoca il vangelo (e dunque significa invito a sospendere
l’incubo delle guerre, delle discrepanze abissali fra chi ha quasi tutto e chi
ha quasi niente, dell’ecocidio…) costituisce uno appiglio di speranza che
raggiunge gli animi al di là delle professioni di fede e delle opzioni
ideologiche.
Alla ‘laicizzazione’ del Natale corrisponde una ‘sacralizzazione’ del Capodanno. La speranza di un futuro diverso sembra dare un contenuto più sostanzioso alla ricorrenza del Nuovo Anno che, se restasse mera data cronologica, lascerebbe abbastanza freddi (nonostante l’euforia un po’ forzata di brindisi e giochi di fuoco). In questo senso vediamo che esso si carica di valenze palingenetiche, in un confuso mix ‘religioso’ dove le diverse fedi, anche teologicamente purificate, si intrecciano con credenze superstiziose, profezie di improbabili veggenti, attese miracolistiche. Per questo ben vengano le esortazioni a non coltivare illusioni e alibi fuorvianti nei riguardi dell’anno imminente, come la preziosa filastrocca di Gianni Rodari che con linguaggio ironicamente infantile esprime una verità indirizzata soprattutto agli adulti: Indovinami, indovino/tu che leggi nel destino:/l’anno nuovo come sarà?/Bello, brutto, o metà e metà?/“Trovo stampato nei miei libroni/che avrà di certo quattro stagioni,/dodici mesi, ciascuno al suo posto,/un carnevale e un ferragosto,/e il giorno dopo del lunedì/avrà sempre un martedì./Di più per ora scritto non trovo/nel destino dell’anno nuovo:/per il resto anche quest’anno/sarà come gli uomini lo faranno”.
Augusto Cavadi
Per la versione originaria illustrata cliccare qui:
https://www.zerozeronews.it/la-convergenza-fra-il-natale-cristiano-e-il-capodanno-laico/
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