Martedì
22 ottobre se ne è andato, alla rispettabile età di 96 anni, Gustavo Gutiérrez,
il frate domenicano considerato unanimemente il padre della “Teologia della
liberazione” latino-americana. Benché cattolico, la sua opera è stata influente
oltre i confini della sua confessione religiosa: vi si sono riconosciuti,
riprendendola e rilanciandola, pensatori e militanti di Chiese protestanti e di
movimenti politico-culturali ‘laici’.
Per
la mia generazione la “Teologia della liberazione” ha costituto una ventata
d’aria fresca negli ambienti alquanto asfittici del mondo cattolico europeo: a
Palermo l’abbiamo tradotta, in libri e iniziative sociali degli anni Ottanta,
come “Teologia del risanamento” (formula proposta dal teologo don Cosimo
Scordato). il Gesù della teologia dogmatica ellenistica, bizantineggiante,
veniva deposto dalle nicchie più elevate dei templi e – grazie a una lettura
esegeticamente aggiornata dei testi evangelici – restituito alla strada: alla verità
storica di un Profeta nomade divorato dalla passione per l’avvento del “Regno
di Dio”.
Ma
cosa intendeva con questa formula un ebreo del I secolo dell’era volgare?
Che
i regni dei potenti di questo mondo erano destinati a frantumarsi per fare
spazio ai criteri di libertà, giustizia, fraternità del Dio annunziato da
Cristo. La “buona notizia” non riguardava dunque principalmente le “anime”
individuali, ma le “persone” (nella loro integrità psico-fisica) in quanto
membri del “popolo” : e non il loro futuro escatologico, dopo la morte, bensì
il loro presente storico.
Una
rilettura così rivoluzionaria del vangelo interrogò papa Giovanni XXIII, i
vescovi del mondo riuniti nel Concilio ecumenico Vaticano II (1962 – 63) e papa
Paolo VI: ne suscitò perplessità e dubbi, ma ne stimolò anche la produzione di
documenti epocali come le encicliche Pacem in terris e Populorum
progressio e la Costituzione
conciliare Gaudium et spes.
Poi
è arrivato il lungo inverno della repressione autoritaria di Giovanni Paolo II
e di Benedetto XVI: a colpi di scomuniche e di ritiro dell’autorizzazione a
insegnare nelle università cattoliche hanno contribuito alla crisi della
“Teologia della liberazione”. Tramontato dunque per sempre il sogno di
Gutierrez e dei suoi numerosi compagni e discepoli? Il cristianesimo torna ad
essere, irrimediabilmente, l’ideologia che giustifica le sperequazioni fra
pochi sempre più ricchi e molti sempre più poveri?
In
molti lo hanno ritenuto, ora con sconforto ora con soddisfazione, sino al 13
marzo 2013 quando dal balcone di san Pietro si è affacciato un papa sud-americano
chiamato “quasi dalla fine del mondo”. Con Francesco la “Teologia della
liberazione” torna a zampillare a cielo aperto dopo un lungo periodo di
scorrimento sotterraneo. Se non si tiene presente questo, non si capisce la
radice dell’opposizione non solo dei governi degli Stati capitalistici, ma
anche del clero e dei fedeli tradizionalisti, a papa Bergoglio. Vincerà la dura battaglia? Difficilmente.
Egli infatti è tanto aperto sulle questioni pastorali e sociali quanto
conservatore in ambito teologico, etico e istituzionale (o almeno si mostra
così per non moltiplicare a dismisura il fronte dei suoi avversari ‘interni): e
questa timidezza gli aliena le simpatie delle frange progressiste del mondo
cattolico che, altrimenti, sarebbero i suoi alleati naturali.
La partita è dunque aperta. Gutierrez non ha chiuso gli occhi a questa vita con la gioia piena di chi ha visto realizzato il suo impegno “con i poveri e contro la povertà” (come scrisse nel suo Bere al proprio pozzo. L’itinerario spirituale di un popolo del 1983); ma neppure con disperazione. La crisi teorico-pratica del marxismo (nel quale i teologi della liberazione riconoscevano, insieme a molti difetti intollerabili, istruttivi strumenti di analisi della società e interessanti indicazioni operative) ha certamente affievolito molti entusiasmi, ma non ha seppellito tanti esperimenti di partecipazione democratica ancora attivi qua e là sul pianeta. Come scriveva lo stesso teologo peruviano, “il popolo degli oppressi, durante la traversata del deserto conosce i fallimenti, la tentazione di tornare indietro, ma anche i successi e soprattutto la speranza nel Dio che libera e che dà la vita”.
Augusto
Cavadi
* L'articolo originale con corredo fotografico qui:
https://www.zerozeronews.it/laddio-a-guitierrez-non-seppellisce-la-teologia-della-liberazione/
1 commento:
Grazie.
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