Il 13 luglio 2024 il quotidiano lombardo "La Prealpina" ha ospitato un intervento del mio simpatico amico Guido Martinoli. Come ogni volta in questi casi, il buon Guido mi invia copia del suo scritto perché immagina - con fondate ragioni - che la lettura del prestigioso quotidiano di Varese e dintorni non rientri fra le mie priorità. Poiché Guido sollecita sempre dei feed-back che, per motivi di tempo, posso dare solo raramente, ho approfittato delle ferie estive per inviare alla Direzione della "Prealpina" una mia riflessione sul tema.
Ho spedito la mia e-mail il 25 luglio e, tramite internet, ho visto che sono state pubblicate "lettere" il 26, il 27 e il 28. Supponevo di dover aspettare il mio turno, ma poiché il 29, il 30 e il 31 il quotidiano ha preferito non aprire neppure la rubrica pur di non essere moralmente costretto a ospitare il mio scritterello, ho dedotto che esso non fosse particolarmente gradito. Devo riconoscere che da parte della Direzione si è trattato di una scelta coerente: sarebbe stato contradditorio infatti dare prova troppo ampia di "democrazia" da parte di una testata che si orienta in direzioni differenti.
Poiché invece in questo blog non esiste nessuna censura - non vengono rimossi dai 'commenti' neppure interventi palesemente inconsistenti dal punto di vista argomentativo -, tranne che nei casi di ingiurie offensive, d'accordo con Guido pubblico integralmente la sua 'lettera' alla "Prealpina" (del 13.7.24) e la mia risposta (che ormai "blowing in the wind").
La chiesa non è una democrazia, nonostante
Bergoglio
Ho appena sentito i discorsi dei prelati e di Papa Bergoglio oggi 7 luglio a
Trieste e sono rimasto nauseato per l’ingiustificata e “pelosa” difesa e
sostegno della democrazia. In verità, già prima delle europee ci fu il solito e
imbarazzante invito dei cardinali ad andare a votare, per “partecipare” alla vita
sociale, come se una misera croce su una banale scheda bastasse per tale presunto
dovere sociale e morale.
Adesso è ufficiale: anche il Papa è preoccupato che “la democrazia non gode di
buona salute”. Patetico e deplorevole! Ma che c’entrano la fede, la chiesa e i
suoi ideali, essenzialmente qualitativi, virtuosi e personali, con la
democrazia, trionfo di quantità, superficialità e massificazione? Nessun libro
sacro dell’antico e nuovo testamento (dal Pentateuco ai vangeli, all’apocalisse),
né alcun pensiero fondante dei padri della chiesa (Ambrogio, Agostino, Tommaso),
né gli stessi studiosi contemporanei (Von Balthasar, Kung, Panikkar), hanno mai
sfiorato il termine “democrazia”, per non sporcare i santi contenuti. Fu solo il
mitico Ratzinger che osò farlo, dimostrando un coraggio non comune nell’affermarne
la totale estraneità della “sua chiesa” col ben noto “La chiesa non è una
democrazia (https://www.youtube.com/watch?v=DyCw9M7mH24)”.
Nella “pochezza intellettuale” del Papa argentino invece, pare prosperare una
vera infatuazione per tale penoso sistema. Come mai? Ci sono diverse risposte e
tra queste segnalo:
- L’emotiva e radicata metafora del buon pastore. La relativa parabola e
iconografia ha “certificato” il Papa quale unico erede del Cristo sulla terra e
che ciò che lui comanda deve essere osservato da tutte le pecorelle a lui
affidate. In tale visione è certo molto più facile, efficace e sicuro condurre
un gregge di anime candide, indistinte, obbedienti e senza guizzi creativi e
destabilizzanti, anziché stimolarle a pensare e approfondire in privato il
messaggio biblico-cristiano (ricordo che fu proprio questa la causa prima dello
scisma protestante).
- Lo “scadimento strategico” del magistero pietrino. Il “Francesco” ha ormai
palesato i suoi reali obiettivi, meramente terreni e legati a valori marginali,
momentanei, materiali e ambientali, nella totale indifferenza verso i grandi orizzonti
della salvezza delle anime e del trascendente.
- La prevenzione e il soffocamento di potenziali dissidenti o eretici. Il
fresco caso Viganò la dice lunga sul timore di lasciar spazio al libero
pensiero, foriero di dubbi, ansie e critiche pericolose. Sullo sfondo dilaga la
secolarizzazione, che minaccia il logoro potere temporale d’una gerarchia in
fase preagonica, incapace di reggere le attuali e impreviste spinte culturali e
tecnologiche, in netto contrasto coi suoi vecchi fondamenti fideistico-religiosi.
- L’allineamento politico al pensiero unico dominante. La democrazia,
nonostante le forti bordate dell’astensione, è ancora un “modello in voga” (che
solo l’8% dei governi l’adottino mi pare falso, chennedicano i media pro papato)
ed è meglio averla come amica e alleata.
L’inarrestabile disavventura bergoliana continua, povera chiesa cattolica
romana!
guido.martinoli@libero.it
TROPPA DEMOCRAZIA NELLA CHIESA? O FORSE TROPPO POCA ?
Come
ogni volta che viene ospitato sul vostro quotidiano, anche oggi l’ingegnere
Guido Martinoli mi ha gentilmente girato la sua “lettera” del 13 luglio
intitolata “La chiesa non è una
democrazia, nonostante Bergoglio”. In essa, il mio simpatico amico esprime la
“nausea” per “l’ingiustificata e «pelosa» difesa e sostegno della democrazia”
avanzata da papa Bergoglio e dal cardinale Zuppi (presidente della Conferenza
dei vescovi italiani) a Trieste nel corso della “Settimana sociale” dei
cattolici.
Non
ho nessun titolo per assumere il ruolo di avvocato difensore della gerarchia
cattolica, ma come filosofo delle religioni e teologo free-lance mi
piacerebbe offrire ai vostri lettori qualche considerazione di segno diverso
affinché, come auspica il buon Martinoli, ciascuno/a possa “pensare e
approfondire in privato il messaggio biblico-cristiano”.
Primo
flash: è vero che papa Francesco “ha
ormai palesato i suoi reali obiettivi, meramente
terreni e legati a valori marginali, momentanei, materiali e ambientali, nella
totale indifferenza verso i grandi orizzonti della salvezza delle anime e del
trascendente”? Se egli dice cose diverse
da ciò che i vangeli attribuiscono a Gesù, è vero. Se leggendo i vangeli
scoprissimo che Gesù ha rivelato che, al Giudizio finale, saremo valutati
esclusivamente su ciò che avremo fatto per chi ha fame, sete, freddo… su questa
terra, papa Francesco non è meno – ma se mai più - fedele alla missione di un annunziatore del
messaggio cristiano. Dunque non resta che leggere, dalla prima all’ultima
pagina, i quattro vangeli (niente paura: un’oretta al giorno e in quattro
giorni
Il
lavoro è completato!) per stabilire se ha ragione la competenza ingegneristica
del buon Guido o “la «pochezza
intellettuale« del Papa argentino”
(eletto evidentemente da un’ottantina di cardinali rimbambiti che non si
rendevano conto dell’errore madornale che stavano consumando).
Secondo flash: per Guido aveva ragione papa Benedetto XVI quando scriveva, e ribadiva, che “La chiesa non è una democrazia”. Anch’io sono convinto che essa non sia stata progettata da Gesù come una “democrazia”, per una ragione radicale: Gesù, come insegnano i biblisti di tutto il mondo, riteneva imminente la fine del mondo e dunque non ha progettato nessuna chiesa. Né democratica, ma neppure aristocratica o monarchica. Mi spiego. Poiché di fatto la fine del mondo tarda ad arrivare, in questi duemila anni i cristiani si sono dovuti organizzare in qualche maniera: più comunitaria-orizzontale quando erano piccoli aggregati di minoranza, in maniera più gerarchica-verticale quando dopo l’Editto di Costantino (315 d.C.) si è andata costituendo la Chiesa universale. Dunque non c’è nessun dogma in proposito: la Chiesa si può dare, come si è data nei secoli, strutture più simili alle democrazie greche o all’Impero romano. Oggi, in pieno secolo XXI, è una delle monarchie più assolute del pianeta: c’è chi, come Martinoli, ne è contento (e anzi si preoccupa perché papa e vescovi, almeno a parole, vorrebbero maggiore collegialità o sinodalità) e chi, come me, ne è scontento (e vorrebbe che ci fosse più partecipazione popolare e che si prendessero sul serio inviti come quello di Gesù: “Se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti; e se uno vuol essere il primo, si faccia servitore di tutti. Infatti anche il Figlio dell'uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire e per dare la propria vita come riscatto per la liberazione degli uomini” - Marco, 10, 43 – 45). De gustibus non est disputandum? Non c’è da “disputare”, ma magari da ragionare serenamente sì. Almeno sino a quando un po’ di bistrattata libertà democratica ce lo consentirà.
Augusto
Cavadi
www.augustocavadi.com
4 commenti:
Complimenti Augusto! Bello questo scambio. Devo ammettere che la mia visione del cristianesimo è assai vicina alla tua. Un saluto da Torino. Davide
Primo flash. Nulla da eccepire sull’importanza delle opere di misericordia, come nocciolo duro del progetto salvifico delle anime. Il limite è che cotante opere, fini a sè stesse, s’inquadrano in un contesto essenzialmente emotivo, fideistico e arbitrario, senza che se ne capisca la loro vera “convenienza o efficacia”. E’ il grande limite delle religioni, cristianesimo compreso, l’indicare una certa utilità, che “pratica” una specifica moralità, nell’assenza della Verità, che giustificherebbe l’azione e, alla fine, il Senso.
Non si capisce però, che centrino le opere con la democrazia, che pare essere il vero “contesto ispirante”, sia dei prelati, che di Bergoglio. Anche perché la misericordia non può che essere personale, libera, volontaria e non forzata o massificante, come diverrebbe secondo mere decisioni democratiche e dunque quantitative e a maggioranza.
Secondo Flash. Sicché, anche tu Augusto sei “…convinto che la Chiesa non sia stata progettata da Gesù come una “democrazia”. Benissimo! Ergo, se non c’è traccia, né intenzione, non è un dogma, non è necessaria, non è strategica, allora la democrazia resta solo un’opportunità libera e disponibile e va da sé che la sua totale assenza nei testi non certifica alcun divieto. L’analisi però si complica, quando nello sfiorare le varie organizzazioni tentate dalla chiesa, tu arrivi alfine ad ammettere che oggi: “… è una delle monarchie più assolute del pianeta”. Ricordo che lo è sempre stato, fin’oltre il 1000 DC, quando compare “incredibile dictu” l'elezione del Papa con la maggioranza dei due terzi (la formalizza come sai, nel 1179 il Terzo Concilio Lateranense; è poi stata mantenuta nei secoli successivi e rilanciata dallo stesso Ratzinger). Riassumendo l’organizzazione “temporale” della chiesa ha subito cambiamenti d’ogni tipo e tra loro perfino antitetici, in assenza di un “disposto sacro e scritto”. L’attuale ordinamento è, a dir poco stravagante se non paradossale e di difficile definizione, visto che alla morte del Papa (più che Re, mancando il legame di sangue, sarebbe meglio definirlo tiranno) si riparte con la democrazia (dei due terzi), che decide chi sarà il prossimo dittatore assoluto e a vita, senza limiti di potere. Orbene, le ciofeche interne al Vaticano non c’interessano, ma non si capisce che c’azzecchino con la difesa se non l’esaltazione viste a Trieste della democrazia. La nostra per giunta, è quella canonica, essendo a suffragio universale, rappresentativa, a scadenza, multietnica, muti-sessuale, proporzionale o maggioritaria, con due camere, con tre poteri distinti e sovrani eccetera eccetera. Insomma niente, ma proprio niente a che fare col Vaticano. Non è che c’è sotto qualcosa? Chessò la smania della pastoralità e del gregge, far bella figura col regime italiano democratico (che ospita il loro micro-stato), “gonfiare” in partecipazione attiva una banale e misera croce su una scheda, iniziare i devoti all’imminente premierato in imitazione del loro guazzabuglio politico e, infine, la più sottile, sfruttare la massificazione democratica “laica”, per arginare o annullare le spinte innovative o apertamente eretiche in atto o potenziali, all’interno di questa decrepita chiesa cattolica vaticana.
Mi rivolgo a Guido, giusto per fare un minimo di ordine. Ho sentito il discorso di Bergoglio e da tempo conoscevo quello di Ratzinger che, ancora cardinale, aveva fatto in un Meeting di Comunione e Liberazione. A differenza di come può apparire leggendo Guido i due affrontano tematiche del tutto differenti, svista probabilmente sfuggita alla direzione de “La Prealpina”. Bergoglio parla di democrazia nella società invitando i cattolici a fare proposte di giustizia e pace nel dibattito pubblico, parla dell’impegno dei cattolici per la costruzione della democrazia, processo che si attua a suo dire partecipando, promovendo il pluralismo, il primato del bene comune, l’ecologia integrale. Il papa pur dispiaciuto che le urne siano sempre più disertate, afferma che la democrazia è molto più di una, per dirla alla Guido, “misera croce su una banale scheda”, insomma Guido contesta il discorso di Francesco sostenendo e ripetendo quasi letteralmente le affermazioni che fa il papa, probabilmente qualche passaggio del suo discorso gli è sfuggito. Non vedo cosa ci possa essere di “ingiustificato”, di “peloso”, di “imbarazzante” e “nauseante” in un papa che riafferma la dottrina sociale della Chiesa. Dottrina che non esce dalla “pochezza intellettuale” di papa Francesco, come sembra sostenere Guido, ma che esiste da tempo. Dottrina sociale della Chiesa riguardo la quale possiamo essere d’accordo o meno -a mio avviso Francesco la dottrina sociale della Chiesa la migliora non di poco-, ma che in ogni caso non abbiamo motivo di contestare al papa di turno il diritto di formularla e proporla.
Ratzinger invece fa tutto un discorso ecclesiologico sulla struttura, interna, della Chiesa. La sua posizione è notoria appartenendo al filone tradizionalistico che vede la Chiesa presenza di Dio nella storia, che quindi si manifesterebbe al mondo con uno schema previo perché rivelato. Chiesa che pertanto esige, secondo Ratzinger, una espropriazione di noi stessi nell’obbedienza alle extramondane leggi espresse dalla sua tradizione e Magistero. Chiesa che manifestando Dio nel tempo e nello spazio non si potrà mai adeguare ai parametri umani del mondo. Chiesa invece, evidentemente, “umana, troppo umana” che Augusto ci illustra nel suo formarsi e svilupparsi storico istituzionale.
Caro Bruno, a me pareva che di ordine nel mio intervento non ne mancasse proprio; forse è adesso che …
In campo non ci sono “tematiche” ma tutto e solo democrazia, cioè l’argomento portante dei discorsi sentiti a Trieste e sul quale ho concentrato l’attenzione. Già tale “evento” basterebbe a valutare la “profondità” dell’attuale gerarchia vaticana, ma tant’è. Non colgo neppure la presunta “svista” della Prealpina, che è un quotidiano libero, che, se pubblica le lettere dei lettori, lo fa integralmente, bontà sua.
Ri-focalizzo che la mia critica non riguarda l’invito del Papa “a fare proposte di giustizia e pace, a promuovere il pluralismo, il bene comune, l’ecologia integrale (si osservi en passant, l’orizzonte o la dimensione a dir poco terreni ed effimeri in cui si attuerebbero ste proposte), ma bensì nell’identificare la democrazia come privilegiato strumento politico, capace di attuarle. Il tutto grazie alla presunta partecipazione degli elettori, che appongono la fatidica croce sulla sacra scheda. Peccato che non sia per niente così. Ti ricordo che tirato all’osso la democrazia italiana vive di una “chiamata alle urne a suffragio universale” alla scadenza del mandato parlamentare, per rinnovare il Parlamento (potere legislativo). Cotanto elegge il Presidente della Repubblica, che incarica chi vuole come primo ministro a comporre il governo, che poi le camere fiduciano e rendono operativo (potere esecutivo). C’è infine il terzo potere, il giudiziario, che prevede (almeno lui) nomine qualitative a concorso, del tutto sganciate dal popolo. Ci sono anche le elezioni amministrative, che ricalcano il trasferimento dei poteri locali a taluni eletti, fino a scadenza del mandato. Si possono proporre dei referendum, presentando alcune migliaia di firme, perché sia fattibile la votazione con o senza quorum. Nient’altro. Ogni altra azione, manifestazione, collaborazione o dissenso non sono vietate né favorite, ma solo permesse e garantite. Nulla osta che nei 5 anni previsti non ci sia alcuna azione di tale tipo e lo stato continuerebbe tranquillamente il suo lavoro “democratico”. Ergo la sbandierata partecipazione, collaborazione, ispirazione, capacità creativa ecc è nelle mani dei cittadini che hanno la libertà e non la necessità o il dovere di farne uso. E che sia solo la democrazia a consentire cotanta fattibilità è del tutto infondato. L’ Aristocrazia platonica “vivrebbe per statuto “ con tale dialettica partecipativa, che sarebbe il vero sale della governabilità, giustamente organizzata dai migliori cervelli disponibili e, ovviamente, non eletti a maggioranza, ma incaricati per merito, esperienza, competenza e coraggio.
A proposito di Ratzinger osservo che il suo atteggiamento è doveroso e scontato in ogni ottica religiosa e clericale, dove l’autorità per principio di fede, si accetta sia tutta e sola di Dio, che ha il Papa come suo rappresentante. Non conosco alcuna religione, che abbia “aperto alla democrazia” e mi pare più che normale e coerente; anche perché le visioni religiose, spirituali e addirittura mistiche, debordano ben oltre le “bazzecole terrene”, come l’ecologia, la pace, la salute fisica ecc, tutte legate al corpo e preda di accrocchi emotivi e conformisti come la democrazia.
Posta un commento