GESU’
DI NAZARETH, PRECURSORE DEL POST-RELIGIONISMO E DEL POST-TEISMO ?
In
Occidente stiamo attraversando, dal punto di vista teologico, una doppia crisi:
il tramonto delle religioni (processo post-religionale) e
il tramonto del teismo (processo post-teistico). Il cristianesimo sembra
destinato a implodere per il combinato disposto di questi due fenomeni: le
chiese di tutte le confessioni cristiane (tranne alcuni movimenti evangelicali
popolari) si svuotano, ma non è solo un calo di presenze fisiche alle liturgie;
la stessa idea tradizionale di Dio viene ritenuta inverosimile da un numero
sempre maggiore di persone.
Ma
è davvero così?
Certamente
il cristianesimo come l’abbiamo conosciuto in questi primi due millenni non può
non essere travolto dalla duplice crisi post-religionale e post-teistica: non
si è forse presentato come la migliore “religione” e come il racconto più
esplicito dell’identità divina?
Ma
tra i biblisti si va ormai configurando un’interpretazione radicalmente
alternativa: a ben vedere, il Gesù dei vangeli non è forse un precursore della
critica alla “religione” e all’idea “teistica” del divino? Ciò che sta
accadendo sotto i nostri occhi, e nelle nostre vite, è il fallimento del
messaggio evangelico o non piuttosto l’inizio della sua autentica realizzazione
storica?
Il
volume Gesù, questo sconosciuto. Cosa sapere prima di credergli o di
rifiutarlo (Edizioni Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2024, pp. 322, euro
28,00), scritto dal magistrato di Cassazione, ora in quiescenza, Dario Culot,
può essere letto anche come un tentativo di dimostrare questa tesi
apparentemente sconcertante: il cristiano, se è fedele alla testimonianza del
Maestro di Nazareth, non si caratterizza né perché appartiene a una “religione”
né perché crede in una determinata descrizione della natura divina.
La
premessa necessaria
Per
capire le argomentazioni dell’autore bisogna premettere un chiarimento sulla
figura di Gesù. Infatti se fosse vero ciò che le Chiese cristiane affermano
ufficialmente dal IV secolo in poi– cioè che egli è Dio in persona - non
si capirebbe una riga di ciò che riguarda il suo rapporto con la religione e
con l’identikit divino. Ma ogni
esplorazione dell’identità dell’uomo Gesù dovrebbe partire dai “pochi dati di
fatto assodati” che si riscontrano nei vangeli pervenutici: “Gesù non ha mai
detto chi è, non ha mai dato definizioni di se stesso. (…) Quindi
l’affermazione che Gesù Cristo è figlio di Dio, nel senso che ha la stessa
natura di Dio, è una professione di fede imposta dalla Chiesa, ma non c’è
prova alcuna che lo possa dimostrare” (p. 21).
Non
una nuova “religione”
Questo
Gesù – come presentato dalle cristologie pre-nicene (prima del Concilio di
Nicea del 325 d.C.) - è stato il fondatore di una nuova “religione” o, sulla
scia di alcuni filoni profetici anteriori, un severo critico della “religione”?
Culot non mostra esitazioni: “Dobbiamo
renderci conto che il progetto di Gesù da una parte, e il progetto della
religione dall’altra, sono due progetti che non hanno potuto conciliarsi né
armonizzarsi. Questo vuol dire che si tratta di due progetti incompatibili.
E sono incompatibili perché nel progetto della religione il centro determinante
di tutto sta nel sacro, con la sua dignità, il suo potere, le sue norme,
le sue proibizioni; invece nel progetto di Gesù il centro di tutto sta
nell’umano, nel rispetto verso tutti, siano o non siano religiosi, abbiano o
non abbiano credenze, siano persone buone o cattive, siano ortodossi o
eterodossi, siano ebrei, musulmani o cristiani” (p. 195).
Non
una nuova “teologia”
Se Gesù non era Dio in persona (o, come poi hanno insegnato dogmaticamente le Chiese cristiane, la Seconda Persona della Trinità), non ha però “rivelato” la vera essenza di Dio? Neanche su questo punto Culot ritiene che la catechesi dominante abbia fondamenti biblici: “Quando si parla di Dio, sembra che la Chiesa sappia tutto di Lui: è l’Essere Spirituale Perfettissimo, Soprannaturale (cioè collocato su un piano superiore), Trinitario, Onnipotente, Maschile, Creatore del cielo e della terra, Salvatore, Redentore, Liberatore, Giudice severo ma giusto” (p. 7). Invece “Gesù, divulgando la Buona notizia, ci ha fatto sapere che Dio ci ama e che ci si può fidare di Lui; non molto altro ci ha detto Gesù di Dio in tutta la sua vita. Tutto il resto ce l’ha detto il magistero” (pp. 7 – 8).
Essere
cristiano oggi
Ma,
se essere cristiano oggi non significa appartenere necessariamente a una
confessione religiosa istituzionale né condividere un’idea chiara e distinta
del Mistero divino, cosa resta di specifico? In un certo senso, nulla. Il
cristiano non è un tipo particolare di essere umano: è uno della grande
famiglia terrestre, un “laico”, che vuole liberarsi e liberare i simili da ogni
dis-umanità.
In
un altro senso, il cristiano è uno che – come Gesù – nel perseguire la pienezza
umana, in sé e negli altri, sa di rendere tangibile nella storia l’Amore
originario (intangibile) che chiamiamo anche “Dio”. E’ uno per il quale la
priorità, psicologica e operativa, è costituita da “la salute delle persone, la
dignità e la felicità degli esseri umani” (p. 169): per il quale si glorifica
il Mistero divino che non si vede prendendosi cura dei viventi senzienti che si
vedono.
Augusto Cavadi (www.augustocavadi.com)
“Adista/Segni nuovi”
20.7.2024
2 commenti:
Seppur in rapida estinzione permangono cristiani che possiamo definire esseri umani particolari, la cifra che li caratterizza è la fede nella rivelazione e nella correlata dottrina e tradizione. Poggiando su questa fede è per loro inammissibile che si indaghino le scritture attraverso la ragione e le prove storiche, come si fa con gli imputati nei processi. Mi pare che il discrimine fra i due differenti tipi umani sia la fede; la fede o la non fede nella rivelazione (non in Dio). Discrimine insanabile.
Per chi, come me, non avesse ben chiaro perché Augusto abbia utilizzato il termine “Post-religionale” invece di “Post-religioso”, ho trovato un articolo di Adista che lo spiega con precisione, vedi qui: https://www.adista.it/articolo/51545
Posta un commento