Circa
400.000 persone hanno partecipato a Palermo, la vigilia del 15 luglio, alle celebrazioni del 400 ° Festino in onore
della patrona santa Rosalia. Quasi in
contemporanea sono divampate le polemiche incentrate su tre principali aspetti.
Innanzitutto
dall’angolazione estetico-artistica: era il caso di affidare la
direzione creativa a Marco Balich che ha, coerentemente, lavorato sulla scia
delle sue precedenti esperienze (tra cui la finale di Champions 2023 e le feste
in giro per il mondo di Dolce e Gabbana), inserendo dunque in processione anche
musiche da discoteca? Siamo in un campo
in cui c’è spazio per tutti i gusti. Personalmente avrei apprezzato
l’aggiornamento della tradizione soprattutto per quegli aspetti che collidono
con la nuova coscienza ecologica: perché non adottare giochi pirotecnici senza
quei “botti” che ammazzano di paura volatili liberi e animaletti domestici?
Una
seconda angolazione da cui si sono incrociate le polemiche è stata l’economico-finanziaria:
alcune comunità cattoliche, come i Comboniani, hanno notato in una lettera
aperta la discrepanza fra i soldi investiti e i bisogni di decine di migliaia –
forse centinaia di migliaia – di abitanti: “Tutto questo sfarzo, questo chiasso,
questa teatralità rende indigesto il festino. Il festino produce uno scandalo
contrario a quello richiesto ai credenti da Papa Francesco, cioè di una fede
che si china sui deboli, i fragili, gli invisibili alla società, che continuano
a rimanere esclusi dalla convivialità escludente dello stesso festino”. E’ vero
che ogni amministrazione precedente ha sostenuto che per ogni milione di euro (per
altro speso in parte per pagare artisti e maestranze locali) ne sia entrato
almeno il doppio dai turisti in visita per l’evento (in alberghi, ristoranti,
bar, musei, taxi…). Tuttavia almeno qualche gesto di solidarietà sociale che
avesse contemporaneamente spessore materiale e significato simbolico – ad
esempio l’apertura di un centro stabile di accoglienza per migranti senza casa
- andava assolutamente realizzato: altrimenti che differenza tra una festa
religiosa e una sagra del formaggio?
Sia pur meno visibili nei social, sono
state avanzate delle obiezioni dalla prospettiva storico-teologica: poiché vari studi attendibili (come I
giorni della peste di Umberto Santino) hanno dimostrato che la figura di
santa Rosalia è leggendaria; che le sue vicende biografiche (collocate nel XII
secolo) sono frutto di fantasia; che il miracolo di liberare Palermo dalla
peste nel XVII secolo non è mai avvenuto, perché onorare questa donna
immaginaria rafforzando nell’opinione pubblica la convinzione che sia esistita
e la devozione nei suoi confronti? La
questione è enorme almeno quanto la diatriba sull’ambivalenza della religiosità
popolare. Da una parte ogni gruppo sociale ha bisogno di un totem, di un
simbolo, in cui riconoscersi al di là delle differenze di classe, di censo, di
istruzione, di etnia di provenienza: e una ragazza (raffigurata ogni anno più
bella, sino alle fattezze sexy e vigorose della statua odierna) si presta
meravigliosamente a icona del divino (che, non avendo né volto né nome,
resterebbe irrimediabilmente estraneo alla vita della gente). Ma, dall’altra
parte, non è opportuno che la Chiesa cattolica lasci supporre alla stragrande
maggioranza della popolazione che Rosalia sia veramente esistita e (per chi
crede in una dimensione ulteriore dopo la vita terrena) stia veramente
vegliando su Palermo per liberarla dalle pesti reali e metaforiche ricorrenti.
E’ comprensibile che al sindaco di
turno non interessi chiarire nulla e sia disposto in processione, al momento
prestabilito, a gridare “Viva Palermo, viva santa Rosalia!” per esibire una
consonanza emotiva con il popolo astante, così come farebbe se dovesse
inaugurare un teatro intestato a Ulisse o una piazza dedicata a Didone. Ma un
vescovo non dovrebbe cogliere ogni occasione per catechizzare? Per spiegare che
cosa un cristiano “crede” davvero e cosa, anche ai suoi occhi, è creazione
mitologica? Don Corrado Lorefice quest’anno ha letto un testo davvero intenso,
coraggioso, incisivo contro la mafia e in particolare l’epidemia del crack fra
i giovani: perché non chiarire con più nettezza che i princìpi evangelici hanno
un’energia salvifica indipendente dalle cornici agiografiche in cui in altre
epoche sono stati incastonati per renderli credibili? Perché non infrangere anche solo
l’impressione che annunzio di fede e pie leggende costituiscano un “pacco”
unico?
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
* La versione originaria (illustrata e con un titolo redazionale...ironico) è al link:
https://www.zerozeronews.it/il-cavadi-pensiero-sul-festino-di-santa-rosalia/
1 commento:
Sottoscrivo verbatim. Grazie.
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