DUE LEZIONI
ATTUALI DEL MARTIRIO DI DON PINO PUGLISI
La vicenda
storica di don Pino Puglisi è stata raccontata ormai molte volte, anche al
cinema (ovviamente con risultati non sempre ottimali: il pur bravo Luca
Zingaretti, ad esempio, nel film Alla luce del sole di Roberto Faenza,
ha una propensione al cipiglio che non ricordo di aver mai notato sul volto del
parroco palermitano).
Può riuscire
interessante mettere a fuoco, invece, alcuni significati di questa vicenda.
Il primo, di carattere sociologico, presenta una portata generale: la co-responsabilità dei “buoni” nell’assassinio di una vittima. Se la stragrande maggioranza dei medici firma certificati falsi per scongiurare la detenzione di un boss, quando un medico si rifiuta va punito. Se la stragrande maggioranza degli imprenditori paga il pizzo, quando un imprenditore si rifiuta va punito. E così via per tante altre categorie professionali. Il clero cattolico non fa eccezione: se la stragrande maggioranza dei preti non trova nulla da obiettare al dominio territoriale dei mafiosi (e dei loro referenti politici), quando un prete rifiuta la collusione (o almeno il silenzio complice) va punito. Se non si riflette su queste dinamiche non si può capire davvero l’allarme di Martin Luther King sull’indifferenza degli indifferenti, a suo parere più pericolosa della violenza dei violenti. Né si può capire perché ogni retorica esaltatrice di un martirio (religioso o civile) è del tutto fuori luogo: le vicende di Josef Mayr-Nusser e di Franz Jägerstätter sono un eloquente atto di accusa verso i loro contemporanei che accettarono supinamente l’arruolamento nell’esercito nazista.
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