Chi sin dagli anni Sessanta del secolo scorso ha investito il meglio di se stesso per curare la polis, trovandosi ai nostri giorni nel mezzo di una Terza guerra mondiale “a pezzi” (papa Francesco) e nella previsione scientifica di un disastro ambientale planetario irreversibile, è tentato o di ripiegarsi nella disperazione o di concentrarsi nell’accaparramento di tutto l’utile egocentrico ancora disponibile. Qualcuno, testardamente, cerca strade nuove per perseguire ideali antichi. E’ il caso di Annibale C. Raineri che in Ancora. Cambiare il mondo nel tramonto della politica (Navarra, Palermo 2022) racconta, in una sorta di zibaldone in cui intreccia vari generi letterari, la sua storia e soprattutto la sua ricerca attuale.
Non so che effetto possa avere in un giovane, ma per coetanei
dell’autore – come me – si tratta di una lettura davvero interessante, a tratti
avvincente. La nostra generazione di ultrasettantenni è orfana di qualcuna
delle “grandi narrazioni” tramontate (nel caso di Raineri del
marxismo-leninismo) ed è segno di maturità riconoscere il valore di ciò che si
è perduto senza nasconderne i limiti oggettivi. Poiché non ci si impegnava solo
intellettualmente, si è rimasti orfani anche di organizzazioni collettive alle
quali si affidava la propria intera esistenza nella certezza che esse, in
cambio, avrebbero realizzato i mutamenti colossali impossibili agli individui
isolati (nel caso di Raineri la CGIL prima, Rifondazione Comunista dopo) (pp.
120 – 135). E adesso – nel tempo in cui, secondo la fulminante battuta di
Altan, l’utopia non è al governo ma neppure all’opposizione – che resta?
Nel diluvio generale, non resta che costruirsi un’arca che,
nel caso dell’autore, è l’ Arca di Lanza del Vasto, un movimento
d’ispirazione gandhiana fondato in Francia nel 1948 e presente in vari
continenti. Raineri, scoperta questa proposta di paradigma interpretativo e
operativo, vi ha aderito con la moglie Cecilia sino a diventare responsabile
della comunità siciliana delle “Tre finestre” a Belpasso, nelle pendici
dell’Etna: si è trattato – come spiega egli stesso - di intraprendere una via
di “rivolgimento” del “lungo processo di occidentalizzazione/modernizzazione
del mondo” che può apparire “propriamente reazionaria (anzi cattolico-reazionaria,
cosa che ad una persona come me , che si professa atea e con una lunga
militanza non rinnegata nella estrema sinistra, ha creato non poche difficoltà
di approccio). Ma rivoluzionare ha un vincolo essenziale con ‘rivoltare’, ed io
credo che oggi, se accettiamo il rischio di porci all’altezza del tempo che
viviamo, siamo obbligati dalla cosa stessa a tentare un pensiero rivoluzionario
nel senso del rivoltamento ” (p. 176).
Nessun commento:
Posta un commento