E’ ormai dal 1982 che il Centro di studi ed iniziative
culturali “Pio La Torre” di Palermo
opera, a livello locale e nazionale, in memoria del coraggioso uomo
politico assassinato dalla mafia, per la formazione di una coscienza civica
democratica e antimafiosa. Tra i più recenti frutti di tale impegno
politico-pedagogico, svolto con
intelligenza e tenacia, si trova il libro, curato da Antonio La Spina e
Giovanni Frazzica, Giovani e legalità in tempo di pandemia, edito (fuori
commercio) dal medesimo benemerito Centro. In esso – come spiega in Premessa
il presidente onorario Vito Lo Monaco – i vari autori analizzano “le risposte
degli studenti delle scuole italiane secondarie di secondo grado i quali hanno
partecipato per via telematica nel mese di febbraio 2021, in piena pandemia,
all’indagine sulla loro percezione del fenomeno mafioso” (p. 7) e su altri
argomenti riguardanti etica e legalità.
Nel
primo capitolo Alessandra Catania Contino esamina La comprensione della
violenza, tra il virtuale e il reale, con particolare attenzione alla
violenza contro le donne che “trova nell’uso della violenza virtuale un
ulteriore canale di espressione” (p. 33). L’autrice nota che, in considerazione
della scarsa efficacia dei messaggi istituzionali, potrebbero risultare più
efficaci “modalità più informali come, ad esempio, attraverso elementi di peer
education – l’educazione tra pari – che possono a questo scopo dimostrarsi
mezzo di elezione per il contrasto al fenomeno della violenza fra i giovani”
(p. 34). Su questa tematica verte anche
l’ampia e documentata trattazione, nel quarto capitolo, Bullismo,
cyberbullismo e sicurezza in rete, di Melania Federico, da cui si evince,
tra l’altro, che “le violenze più frequenti per i giovani sono quella fisica e
psicologica. Molti di loro, in tempi di lockdown e di restrizioni varie dettate
dalla pandemia in atto, temono altresì quella espressa attraverso il web e i social
network che sono divenuti, per contingenza, i luoghi di incontri e di
relazioni” (p. 83).
La
pervasività della violenza può essere contrastata, oltre che da magistratura e
forze dell’ordine, da politici e
sindacalisti? La risposta che si evince dalle analisi del secondo capitolo, Spazi
di fiducia, spazi di potere, a firma di Salvatore Di Piazza, è negativa. E
preoccupante, dal momento che tale esiguità di fiducia può fare spazio a
“sostituti deviati di rappresentanza” come le stesse “organizzazioni mafiose”
(p. 50). A proposito delle quali molti studenti (nelle risposte al
questionario) si sono mostrati “consapevoli della relazione tra politiche
restrittive in materia di immigrazione e nuove opportunità di business per i
gruppi criminali, dal momento che chi ha un progetto migratorio continuerà a
coltivare il sogno di una vita migliore in una terra diversa da quella in cui è
nato e cercherà altre vie, anche quelle offerte dalle organizzazioni criminali,
per ottenerlo” (così a p. 67 dell’interessante contributo di Alida Federico su Mafie
e migrazioni al tempo della pandemia).
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