DOPO LE ELEZIONI IN SARDEGNA: "CAMPO LARGO" O "CAMPO MINATO" PER GLI ELETTORI PROGRESSISTI ?
Capisco che le emozioni sono relative alle attese così che,
se si teme una sconfitta, anche una vittoria sul filo di lana secondi può
suscitare entusiasmo. Ma i dati oggettivi vanno considerati come tali, nella
loro spietata assolutezza, e ci invitano alla prudenza. In Sardegna la
candidata del centro-sinistra Alessandra Todde ha battuto il candidato di
centro-destra Paolo Truzzu per uno “sputo” di voti (forse la metafora del
perdente sarebbe potuta essere un po’ più fine considerando che ogni voto è
segno di partecipazione civica): non c’è stata nessuna Caporetto della
maggioranza saldamente installata in Parlamento e al Governo nazionale né ci
sono ragioni per prevedere che anche in Molise e in Basilicata i progressisti
replicheranno il successo sardo. In
termini pugilistici si direbbe che si è vinto un round, non certo la partita.
Per l’immediato futuro si potrebbero individuare alcune
indicazioni di marcia.
La prima: che gli elettori progressisti non amano i
protagonismi arroganti. Vi ricordate come i grillini trattavano Pierluigi Bersani
e gli altri componenti della delegazione PD incaricata di trovare un accordo di
maggioranza nel 2013 all’inizio della XVII
legislatura? Poi la morte di Gianroberto Casaleggio, l’eclisse politica di Beppe Grillo, le batoste elettorali, hanno ricondotto il Movimento 5 Stelle alla
ragionevolezza: in politica l’intransigenza sui princìpi ideali deve sapersi
coniugare con l’elasticità sui metodi per la difesa e l’attuazione dei princìpi
stessi. Nessuno ha il monopolio della verità e della virtù: neppure se si
tratta di geni come Alessandro Di Battista o Gigino Di Maio.
La seconda indicazione: che occupare il “centro” è sempre un buon investimento elettorale nella moderatissima Italia, ma non quando esso è già affollato dai centristi del centro-destra e dai centristi del centro-sinistra. Calenda e Renzi (se di ‘centro’ si può parlare anche quando, al di là delle dichiarazioni programmatiche, si guarda alle scelte pratiche) hanno appoggiato Renato Soru, restando molto lontano dallo scranno presidenziale ma molto vicino a sottrarre suffragi preziosi per sconfiggere il candidato della Meloni. Con un ipotetico campo largo (pur nella identità delle singole formazioni partitiche) la vittoria della Todde sarebbe stata di ben altra misura. La lezione servirà almeno a Calenda? Dalle sue prime dichiarazioni – “Alle regionali mai più da soli” - sembrerebbe proprio di sì. Quanto a Renzi, sarà possibile tutto e il contrario di tutto (ma con il rischio che il trasformismo, oltre un certo limite, provochi giri di testa agli stessi trasformisti).
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