“Adista/Segni nuovi”
3.2.2024
Gli
umani, almeno sino a questo stadio evolutivo, non siamo preparati ad affrontare
la complessità della vita. Di fronte alle tragedie della storia - personale e collettiva – preferiamo
risposte univoche, secche, nette. O bianco o nero, o destra o sinistra: niente
grigi, niente “sì, ma anche…”. Russia versus Ucraina, Hamas versus
Israele (e così in cento altri casi): tifoseria contro tifoseria e, se provi a
problematizzare, arrivano botte in testa da qua e da là.
Le
risposte semplici sono quasi sempre sbagliate ma, dal momento che si prestano a
configurarsi come post o sms o tweet…, egemonizzano la rete telematica e il
dibattito pubblico. Ma, tra le pieghe di internet, è possibile cogliere anche
posizioni diverse dalla semplificazione da osteria. Ad esempio si può scoprire
che nel cuore della Russia di Putin e nel cuore dell’Ucraina di Zelensky
esistono gruppi di cittadini che, proprio perché amano di più e non di meno la
propria patria, si sono subito schierati dal febbraio 2022 contro i propri
governi a favore di soluzioni alternative al macello in atto ormai da quasi due
anni e che, per altro, ha coinvolto – direttamente o indirettamente – quasi
tutto il pianeta.
E’ di questi giorni la notizia che un pope ortodosso, Alexey Uminsky, è stato rimosso dall’incarico ( che ricopriva dal 1993) di rettore della chiesa della Trinità Vivificante a Khokhly, Mosca. La causa ? Varie interviste rilasciate a giornalisti coraggiosi come Alexei Venediktov: molte sono visionabili su YouTube in lingua originale
Sempre su Youtube c’è un’intervista molto bella e completa (arricchita dai sottotitoli italiani) che ha già ricevuto tre milioni di visualizzazioni (https://www.youtube.com/watch?v=Oa_WFY4UnWI) rilasciata da un altro esponente pacifista del clero ortodosso alla bravissima Katerina Gordeeva.
Dall’intervista si apprende che lo
ieromonaco è nato in Italia, in Sardegna; che il suo nome originario è Giovanni
Guaita; e che sono stati i suoi studi di
storia e civiltà slava ad avvicinarlo sempre più alla cultura russa e alla
confessione ortodossa. Non è nuovo a posizioni scomode. Già nel 2021 aveva
invitato le autorità russe a far visitare da medici l’attivista politico Alexei
Navalny in sciopero della fame per protesta contro i metodi censori e
repressivi di Putin. La reazione sul canale televisivo Spas (di proprietà della
Chiesa ortodossa russa) era stata durissima: il “criminale in tonaca” veniva
minacciato di processo penale. Ciò nonostante, nel febbraio del 2022, dunque
appena avviata l’invasione russa dei primi territori ucraini, il prete si era
subito espresso pubblicamente: “Non posso sostenere queste azioni militari. Prego
per la pace, prego che tutto questo finisca il più rapidamente possibile e che
meno persone possibile vengano ferite”.
Da
allora padre Giovanni non si arrende: imperterrito continua a sostenere, in
sereno ma fermo dissenso con il patriarcato di Mosca e la maggioranza del clero
ortodosso, che il vangelo di Cristo non
può legittimare nessuna violenza. Tanto meno con il pretesto di difendere la
fede dalle apostasie moderne e post-moderne della secolarizzazione avanzante. Accusato
sui social di essere eretico in teologia, risponde che l’unico peccato
imperdonabile, secondo Gesù, è il “peccato contro lo Spirito Santo”: “chiamare
bene ciò che, in coscienza, sappiamo essere male e viceversa”. Accusato,
inoltre, di essere ingrato verso la patria d’elezione che lo ha accolto,
obietta - ben consapevole dei rischi che
corre – che il ritorno della Russia all’isolamento del periodo precedente
all’implosione dell’Unione Sovietica è contrario alle radici internazionali
della civiltà russa, alla sua vocazione di dialogo interculturale, di ponte fra
l’Europa occidentale e l’Asia, di solidarietà planetaria.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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