L’antifemminismo soft delle Destre ideologiche e
politiche
Definire di Destra il trentennio dell’influenza di Silvio
Berlusconi sulla politica italiana (1994 – 2023) sarebbe fuorviante:
l’imprenditore milanese è stato distante da una cultura tradizionalista,
conservatrice, statalista e molti esponenti colti e corretti delle formazioni
di Destra, che l’hanno prontamente intuito, si sono tenuti fuori dalla sua corte edonista
e arraffona. Quel trentennio è stato piuttosto caratterizzato dall’ingresso nel
nostro quadro politico di un orientamento inedito, l’anarco-capitalismo,
sorretto e veicolato da un orientamento molto meno recente: il qualunquismo
ideologico. Il combinato disposto di anarco-capitalismo e qualunquismo ha
provocato un inquinamento etico dagli effetti tossici sull’intero arco
parlamentare: a Destra (vedi Matteo Salvini), al Centro (vedi Clemente
Mastella) e a Sinistra (vedi Matteo Renzi).
La fase davvero di Destra è iniziata nel 2022 con la nuova
maggioranza parlamentare e l’elezione del governo guidato da Giorgia Meloni: il
decesso biologico di Berlusconi nel 2023 ha segnato, quasi simbolicamente, la
fine di un’epoca post-ideologica. Per non sappiamo quanti anni (ognuno di noi
intreccia previsioni, speranze e timori) ritorna il tempo in cui chi esercita il potere
politico lo usa non solo a scopi privatistici, utilitaristici, ma anche per
contribuire a costruire un certo tipo di società, di famiglia, di istruzione,
di sanità, di esercito, di ordine pubblico, persino di religione. Il tempo in
cui, insomma, il dominio elettorale tende ad ampliare il consenso mediante l’egemonia culturale, etica.
In questa strategia la Destra italiana non è priva di
modelli: né nel passato (almeno da questo punto di vista è innegabile la sua
eredità fascista) né dal presente. In particolare è interessante esaminare ciò
che la Destra statunitense è riuscita a creare tessendo alleanze con aree
sociali, ben diverse su tanti punti, quali il fondamentalismo protestante, il
conservatorismo cattolico, l’ortodossia ebraica…In tale esame può riuscire
istruttivo un volume della Andrea Dworkin, edito nel 1983, di cui Stefania Arcara
e Deborah Ardilli hanno curato l’edizione italiana: Donne di destra. La
politica delle donne addomesticate, VandA Edizioni, Milano 2023.
Trascelgo alcune, fra le tante, indicazioni che mi son
sembrate più convincenti.
Una prima notazione è di carattere generale: per la Destra insistere sulla
conservazione del ruolo tradizionale delle donne come partner sessuali e
progenitrici non è un elemento di contorno, ma un cavallo di battaglia che
rastrella voti tra elettrici ed elettori. Quando la senatrice di Fratelli
d’Italia, Lavinia Mennuni, negli ultimissimi giorni del 2023, dichiara in tv
che l’aspirazione fondamentale di una ragazza dev’essere diventare madre, non
si lascia scappare una stupidaggine, ma muove una pedina strategica per
attrarre consensi elettorali anche in fasce di popolazione astensioniste o di
orientamento lontano, su altre tematiche, dalla cultura tecnicamente fascista.
Una seconda indicazione: l’antifemminismo della Destra è insidioso in quanto
il suo maschilismo alterna a becere volgarità (di cui l’ex-compagno della
Meloni dava quotidiane dimostrazioni per lunghi anni prima di essere
sconfessato) toni protettivi, mascherandosi da paternalismo. Ma, come aveva
scritto già nel 1892 Elizabeth Cady Stanton, “l’idea di mettere la donna al
riparo dalle violente tempeste della vita è la beffa più grande, perché queste
la colpiscono da ogni parte, proprio come accade all’uomo, e con risultati più
fatali, perché lui è stato addestrato a proteggersi, a resistere e a vincere”
(p. 57).
Una terza indicazione: la retorica sulla “famiglia come la sola enclave
sicura” (p. 41) (contro l’evidenza statistica secondo cui le donne sono violate
soprattutto da uomini della loro famiglia, del loro ceto sociale e del loro
gruppo etnico) si presta alla stigmatizzazione delle minoranze etniche e degli
allarmi sui flussi migratori.
Una quarta indicazione: che le donne dei ceti dominanti optino per il
conservatorismo, lo si può comprendere (che non vuol dire giustificare), dal
momento che condividono non pochi privilegi dell’assetto patriarcale. Ma le
donne dei ceti oppressi, sfruttati? Forse, in misura minima, può incidere – più
o meno consciamente – l’illusione che, aderendo a una “ideologia
androcentrica”, si possa accedere al rango di “uomini onorari” (e, a conferma
del traguardo raggiunto, rivendicare con orgoglio le proprie origini
“borgatare” e pretendere di essere appellate come “Signor Presidente”). Ma una
ragione molto più decisiva sta nella (fondata) convinzione che, nell’assetto
legislativo e culturale attuale, una donna che rifiutasse la pelosa protezione
dei maschi (padri-fratelli-mariti) si troverebbe in un mercato del lavoro dove,
al posto della “indipendenza economica”, l’aspetta un destino di “segregazione
occupazionale, di paghe basse, di esposizione alle molestie, di doppia giornata
lavorativa” (p. 45). La “quieta disperazione” (p. 139) di tante donne,
strumentalizzata dalle Destre, non sarà curata sino a quando esse si vedranno
accerchiate da “un antifemminismo a tratti meno sguaiato di quello inalberato
dalla destra familista e antiabortista, ma altrettanto radicato , ubiquo,
diffuso lungo la totalità dello spettro politico” (p. 46).
Il libro della Dworkin offre molto altro materiale e, dunque,
anche motivi di perplessità e di riserve. Qui mi limiterei a una sola
considerazione. La constatazione dell’onnipresenza dell’antifemminismo, benché
vera, potrebbe prestarsi a conclusioni operative disastrose (per altro tipiche
di ogni teoria rivoluzionaria indisposta a coniugare l’irrinunciabile
radicalità dei fini con l’inevitabile gradualità dei passi per raggiungerlo):
che sia inutile recarsi alle urne per favorire la vittoria dei riformisti (più
o meno moderati) e sbarrare l’ascesa dei conservatori (più o meno reazionari).
L’autrice non formula tale conclusione astensionista, ma neppure si preoccupa
di escluderla. Come invece sono convinto che si debba fare se si vuole evitare
di rinunziare a piccole vittorie parziali condannandosi a subire grandi
sconfitte totali.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
Per la versione originale illustrata, cliccare qui:
https://www.zerozeronews.it/lantifemminismo-soft-delle-destre-ideologiche-e-politiche/
3 commenti:
L’ho letta, complimenti Augusto. Fra qualche giorno vedremo le destre che difenderanno la famiglia arcobaleno. Allora capiremo che i diritti civili andranno bene solo se saranno inglobati nel modello della famiglia. Ma vogliamo veramente questo? Cito il titolo di un libro di Michela Murgia per esprimere la mia posizione, ma con tante domande: “God save the queer!”
Ottimo, grazie 🤗
Sempre lucido ed essenziale, Augusto !
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