Sono grato al collega torinese Roberto Di Bacco per la sincera recensione di uno dei miei ultimi libri:
REPERTORIO
Augusto Cavadi, O religione o ateismo? La spiritualità “laica” come fondamento comune , Algra Editore, Viagrande (Catania) 2021.
Può capitare, a chi frequenta i paesaggi montani, di imbattersi in un escursionista che ti indichi un nuovo sentiero in cui inoltrarti. Un sentiero che non conosci o a cui, per varie ragioni, ne hai sempre preferiti altri. È accaduto a chi scrive di incontrare sul proprio cammino la persona idonea per accogliere le indicazioni da seguire per intraprendere un percorso inesplorato. Curiosità e desiderio di ampliare le proprie conoscenze hanno convinto il camminatore perplesso a seguire i consigli ricevuti e ad affrontare il sentiero sconosciuto. Partendo da questa premessa, riconosco a Cavadi il merito, tra gli altri, di avermi avvicinato e reso più sensibile a tematiche che non hanno mai trovato uno spazio dedicato nelle mie riflessioni, se non marginalmente. Un merito che ritrovo presente e riconfermato nelle pagine del volumetto del 2021 dal titolo O religione o ateismo? La spiritualità “laica” come fondamento comune. Si tratta di un testo divulgativo sul tema della spiritualità laica, argomento tanto caro a Cavadi a cui ha dedicato anni di ricerca e numerose pubblicazioni. Quest’ultima vuole essere una sintesi, se non definitiva, certamente essenziale nel porre la questione nei suoi termini fondamentali. Una esigenza che scaturisce dalla necessità di fare chiarezza, di “dirsi la verità”, di “dirla ciascuno a se stesso”, di “dircela con franchezza tra di noi”, nella speranza di «tessere un “testo” in qualche misura comune su cui basarci nell’epoca della globalizzazione del disorientamento»1 . Un testo la cui stesura richiede la creazione di uno spazio sottratto agli equivoci e ai pregiudizi, uno spazio di dialogo e di confronto, in cui ci si pone «gli uni di fronte agli altri, semplicemente mendicanti alle porte dell’Intero. Dunque semplicemente, ma nell’accezione rigorosamente etimologica, filo-sofi»2 . C’è un fattore generazionale a cui Cavadi attribuisce un importante rilievo: quello di una generazione, la sua, che ha assistito, prendendone parte anche attivamente, ai profondi cambiamenti che hanno segnato il lungo periodo che va dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Una generazione «illuminata, ma anche frastornata, dall’incrocio di saperi, ipotesi, scenari sempre più sconvolgenti che provengono dalle scienze naturali e umane»3 . Ragione di più per tentare di fornire una mappa che consenta di orientarsi nel confuso scenario del mondo attuale, ponendosi da un punto di osservazione che Cavadi stesso definisce “molto approssimativamente, come antropologico”. Senza pretese di originalità, non esita a collocarsi, “pur con molti distinguo”, in quel filone contemporaneo denominato “paradigma post-religionale”, a cui l’editore Gabrielli ha dato voce, in Italia, pubblicando alcuni testi dei suoi più noti esponenti4 . Per fare chiarezza è importante in primo luogo intendersi sul significato delle parole, e questa “preliminare pulizia semantica” Cavadi l’affronta entrando in dialogo con una serie di autori contemporanei che hanno espresso opinioni nel merito delle tematiche in questione.
Il filosofo e giurista americano Ronald Dworkin, scelto come primo interlocutore, nel suo Religione senza Dio propone una definizione di religione5 “bella e profonda” ma che Cavadi ritiene incompleta, in quanto, insistendo sulla dimensione cognitivo-psicologica, trascura due aspetti costitutivi dell’atteggiamento religioso: la pratica e la socialità. Inoltre Dworkin, nel ricercare l’origine antropologica della religione, ipotizza che le persone condividano un fondamentale “impulso religioso” che si manifesta sia come fede teologica sia come convinzioni etiche e morali profonde, un impulso che, se qualificato come “religioso”, non descrive correttamente la posizione di coloro che non si riconoscono nella fede in un dio e fanno professione di ateismo. Meglio sarebbe ragionare in termini di spiritualità, ma a questo punto si impone una explicatio terminorum che consenta di proseguire nel confronto dialettico. Facendo proprie alcune definizioni proposte dal sociologo della religione Luigi Berzano6 , Cavadi adotta un vocabolario che gli consente di sgomberare il campo da alcune possibili obiezioni e di tentare di superare le ambiguità lessicali. Il vocabolario scelto si concentra su tre concetti fondamentali: 'religione', 'religiosità' e 'spiritualità'. Di questi Cavadi giunge a offrire un’immagine geometrica, una costruzione piramidale di forme cilindriche il cui intento esplicativo si rivela di una certa efficacia. Così questa rappresentazione viene descritta dall’autore:
Vedrei la società attuale come una sorta di piramide costituita da una base cilindrica (il livello della “spiritualità” comune a credenti, atei e agnostici); da un cilindro poggiato sul primo e più circoscritto rispetto a esso (il livello della “religiosità” comune a credenti e agnostici); da un terzo cilindro, ancora più piccolo, che non avrebbe solida fondazione se non presupponesse “religiosità” e, più basilarmente, “spiritualità”: il livello della “religione” specifica, confessionale (tipica di credenti che decidano di organizzarsi comunitariamente, di istituzionalizzarsi)7.
La rilettura delle tesi di Dworkin, alla luce del vocabolario proposto, consente a Cavadi di formulare una prima risposta all’aut-aut contenuto nel titolo del saggio, indicando nella spiritualità “laica” il fondamento comune alle due prospettive. Per cui, oltre l’aut-aut, tertium datur. Nel mezzo della piramide si colloca la religiosità, «dimensione antropologica che può essere vissuta solo da chi ammette una qualche forma di divino, di “sacro”, o, per lo meno, che non cessa di confrontarsi con l’ipotesi di una qualche forma di divino»8 . O di mistero. La religiosità è, insomma, una categoria dai confini labili, che può essere concepita come un “sotto-insieme” della spiritualità, come «una delle modalità in cui può manifestarsi la spiritualità”, con “un massimo grado di autonomizzazione da ogni tradizione religiosa»9 .
Altro interlocutore è Orlando Franceschelli, filosofo e saggista, sostenitore di una antropologia naturalistica che vuole essere equidistante dall’antropocentrismo teologico e dall’assurdismo esistenzialistico. Il suo naturalismo si pone in continuità con pensatori come Spinoza, Darwin e Leopardi, la sua visione del mondo si fonda su di un’etica che riconosce «nella saggezza della felicità possibile e solidale il senso più plausibile e piacevole delle nostre vite»10. Cavadi sceglie Franceschelli come testimone di un naturalismo “critico”, lontano da equivoci esiti nichilistici e relativistici, evidenziando l’aspetto laico e umanistico della sua concezione filosofica, riconducibile a buon diritto ad una forma di spiritualità filosofica.
Prima di presentare alcune linee portanti del pensiero dell’amico Luigi Lombardi Vallauri, a cui si rivolge come terzo interlocutore, Cavadi pre-avvisa il lettore, in nota, della possibilità di saltare direttamente al capitolo successivo. Forse messo in guardia “affettuosamente” dalle obiezioni del direttore della Collana che ospita il saggio, o dalla discutibile formula “mistica laica” che Vallauri indica come articolato percorso meditativo che unisce metodi orientali a contenuti offerti dalle scienze occidentali, al fine di “trasformare la vita in un poema ininterrotto”, poiché “una vita come meraviglia è possibile”. Ma al di là del significato della coppia di termini che, aristotelicamente interpretabile come apofatica, che nega cioè l’appartenenza di un predicato ad un soggetto, Cavadi ritiene la proposta di Vallauri un’“istruttiva esemplificazione di spiritualità laica compatibile con convinzioni di fede in senso confessionale” ma anche “ateistiche”. Tale proposta appartiene infatti a quella dimensione di ricerca, di dubbi, di domande e di esperienze propria di chi avverte il rischio di “precipitare nell’autodistruzione” e, consapevole della gravità della posta in gioco, sente “il dovere, e il diritto, di creare delle oasi nel turbine della storia”.
Il sacro fuori dal tempio titola significativamente il capitolo dedicato a Stuart Kauffman, biologo statunitense impegnato nello studio e nell’analisi dei sistemi complessi e della loro relazione con l’origine della vita sulla terra, autore di cui Cavadi ripercorre, sia pure per sommi capi, l’itinerario che lo scienziato ha esposto in un suo volume11. Critico del riduzionismo dominante in ambito scientifico, secondo cui tutto ciò che avviene nell’universo è riconducibile ad una sorta di meccanicismo cosmico deterministicamente calcolabile, Kauffman sostiene che «senza violare alcuna legge fisica, la vita nella biosfera, la sua evoluzione, la pienezza della nostra storia umana e il nostro concreto mondo quotidiano» sono il risultato di “una meravigliosa creatività radicale”, una creatività “sorprendente” e “terrificante”, incessante e imprevedibile, che interviene tanto nella natura come nel mondo umano. Senza l’intervento di un creatore soprannaturale, di un Dio. Nel nome di un simile principio originario che, come nota Cavadi, ricorda da vicino lo “slancio vitale” di Henry Bergson, ma che si ritrova analogicamente presente in alcune teorie epistemologiche contemporanee12, si potrebbe, secondo il biologo americano, aiutare a sanare le “quattro lacerazioni” di cui soffre “la nostra moderna società laica”. Quattro rotture traumatiche che impediscono all’umanità la comune conquista di un’«etica globale come sostegno alla civiltà globale che sta emergendo», quattro lesioni che Kauffman indica nella “divisione tra scienze naturali e scienze umane”; nella separazione irriducibile fra i “fatti” e i “valori”; nel divorzio tra “umanisti laici”, spesso “agnostici” o “atei”, e “vita spirituale”; nella distanza tra “il consumismo e la mercificazione” degli Occidentali e quei valori che “le persone appartenenti a civiltà sparse nel mondo condividono” e stanno a fondamento della emergente civiltà globale. Un’etica globale, dunque, che implichi “un senso di unione con tutte le forme di vita”, la “responsabilità verso un pianeta sostenibile”, la prevenzione di ogni “scontro fra le culture a più stretto contatto”. E Dio? Che ruolo può svolgere Dio di fronte a quella “incessante creatività dell’universo naturale, della biosfera e delle culture umane”? L’ateo Kauffman, richiamando lo spirito di conciliazione e di dialogo verso cui tende la comunità umana, ritiene che la creazione di uno spazio spirituale condiviso, in cui il sacro diventi legittimo per tutti, in cui si consideri come sacra l’incessante creatività in natura, consenta sia ad atei che a credenti in un Dio, di riconoscersi, consentendo alle rispettive tradizioni di evolvere verso una spiritualità condivisa. Magari usando proprio il termine Dio per definire la forza creatrice della natura. La proposta di Kauffman, nota Cavadi, si può inserire in un contesto dove sono sempre più numerosi i contributi provenienti da ambienti cristiani che offrono una rappresentazione di Dio che si allontana dalla tradizione. Se è giunto il momento, per alcuni, di “uscire dal tempio”, per altri forse è ragionevole cercare di re-immaginare Dio, come suggerisce il teologo della Chiesa presbiteriana neozelandese Lloyd Geering13: un invito rivolto a chi «ritiene di avere il diritto/dovere d’informarsi sulle frontiere più avanzate della ricerca per orientarsi, criticamente, di conseguenza […] per entrare nel terreno, affascinante e rischioso, della ricerca personale sulla base di dati (storici e esegetici) per quanto possibile oggettivi e di argomentazioni (logiche ed ermeneutiche) per quanto possibile convincenti»14 .
Il cammino percorso fino a questo punto ci ha condotto sull’esteso e impervio terreno delle scelte individuali e non ci resta che constatare che «come ci sono molti modi di vivere la spiritualità e la religiosità, ce ne sono altrettanti di vivere la religione» 15. Il filosofo Cavadi, dopo aver messo in guardia i colleghi filosofi da facili ironie nei confronti di coloro che si appellano alla fede confessionale, ricorda il ricco contributo alla storia delle idee, dato nei secoli, da pensatori come Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino, Pascal, Kierkegaard, Barth e Ricoeur. E avanza la possibilità che l’umanità diventi migliore se «ciascuno troverà la propria sfera esistenziale a conclusione (sia pur provvisoria) di una ricerca libera e onesta, evitando di ereditarla per condizionamento ambientale o per pigrizia mentale»16, e vivendo con “consapevolezza critica e senso del limite” il proprio ambito spirituale. Richiamandosi alle punte più avanzate della riflessione teologico-filosofica attuale, nella quale la critica al sistema religione è giunta a metterne in dubbio l’esistenza stessa, Cavadi si interroga sui possibili esiti futuri. La domanda – ma la “religione” avrà un futuro? – già presentatasi storicamente in altri contesti, assume qui un nuovo valore, in quanto è posta all’interno del mondo stesso di coloro che credono e praticano la religione. Un mondo attraversato da una fase di decisivo ripensamento e che dal confronto con i profondi mutamenti storici intervenuti nell’età contemporanea avverte, almeno nella sua componente più riflessiva e consapevole, l’esigenza di “de-assolutizzare” i propri fondamenti, superando l’esclusivismo nel rapporto col divino, e di riformare radicalmente il proprio assetto istituzionale. Necessario e indifferibile quindi, per costoro, il rinnovamento, o meglio, una ri-fondazione delle religioni istituzionali che si concentri su quello che è da sempre, secondo il teologo José María Vigil, il compito essenziale delle religioni: «aiutare l’umano a sopravvivere diventando sempre più umano»17 .
Ancora una voce è scelta da Cavadi a conclusione di questo immaginario dialogo sul tema a cui è dedicato il libro: quella del teologo e psicoanalista tedesco Eugen Drewermann. La sua proposta18, ispirata in particolare dalla saggezza taoista, dalla figura dell’uomo di Nazareth e dal fondatore della psicoanalisi, è un atto di speranza rivolto alla religione, alle religioni, alla loro funzione e alla loro capacità di lenire terapeuticamente la sofferenza esistenziale degli esseri umani. È possibile predisporre dei test per individuare quali caratteristiche debba possedere una religione che aspiri a sopravvivere? Nella consapevolezza dei limiti che tale iniziativa presenta, Cavadi ci prova e propone una serie di sette test, o requisiti, per riconoscere la religione del futuro o, almeno, l’idea di religione che emerge dalla pluriennale ricerca del suo autore. Si chiude così il breve saggio di Cavadi, con il riconoscimento della “varietà innumerevole di atteggiamenti interiori”, la “varietà incatalogabile di quanti vivono, ciascuno a proprio modo, la religiosità e/o la spiritualità”, concretamente lontani dalla perfezione astratta di una religione e da un conclamato ateismo, altrettanto perfetto.
Segue una Postfazione di Fabrizio Mandreoli e un Dossier a uso di chi desideri procedere oltre che raccoglie quattro testi dello stesso Cavadi già pubblicati in alcune riviste e volumi. Oltre ad una ricca bibliografia.
NOTE
1 Cavadi A., O religione o ateismo?, Algra Editore, Viagrande (CT), 2021, p. 13.
2 Op. cit., p. 17.
3 Ivi, p. 14.
4 Vedere nel catalogo di Gabrielli Editori la Serie “Oltre le religioni”.
5 “Una visione del mondo profonda, speciale ed esaustiva, secondo la quale un valore intrinseco e oggettivo permea tutte le cose”.
6 Berzano L., Spiritualità senza Dio?, Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2014.
7 Cavadi A., O religione o ateismo?, cit., pp. 33-34.
8 Op. cit., p. 28.
9 Berzano L., cit. p. 43.
10 Franceschelli O., Elogio della felicità possibile. Il principio natura e la saggezza della filosofia, Donzelli, Roma 2014, p. 167.
11 Kauffman S., Reinventare il sacro. Una nuova concezione della scienza, della ragione e della religione, Codice, Torino 2010.
12 Come l’emergentismo o il concetto di agency in sociologia.
13 Geering L., Reimmaginare Dio. Il viaggio della fede di un moderno eretico, a cura di F. Sudati, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2020.
14 Cavadi A., Presentazione al volume di Geering citato. Lo stesso testo è riportato alle pp. 113-115 di O religione o ateismo, cit.
15 Cavadi A., O religione o ateismo?, cit., p. 68.
16 Op. cit., p. 68.
17 Vigil J. M., Ricentrando il ruolo futuro della religione: umanizzare l’Umanità. Il ruolo della religione nella società futura sarà nettamente spirituale in Spong J. S. - Vigil M. L. - Lenaers R. - Vigil J. M., Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana, a cura di Fanti C. e Sudati F., Prefazione di Barros M., Gabrielli, San Pietro in Cariano 2016, p. 194.
18 Drewermann E., C’è speranza per la fede? Il futuro della religione all’inizio del XXI secolo, Queriniana, Brescia 2002.
2 commenti:
Caro Augusto,
complimenti per la bella recensione al tuo libro!
Caro Augusto,
la lettura del tuo libro ha costituito veramente l'occasione per confrontarmi, e aggiornarmi, sul tema del sacro e, come già ammesso, te ne sono grato.
Spero anch'io nel dono di possibili jncontri in presenza, "dalle tue parti o dalle mie".
Grazie per l'augurio che, insieme alla mia Signora, ricambio con affetto.
Roberto
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