"Adista/Notizie", 41, 2023
Maria donna di pace
1 gennaio 2024
Lc 2, 16-21.
Questa
articolata costruzione teologica sta o cade con la cristologia su cui poggia:
per chi crede che Gesù sia portavoce, immagine, icona del Mistero, ma non egli
stesso Dio per essenza, Maria è madre di un profeta, di un maestro, di un
martire, ma non del suo stesso Creatore. Questo ridimensionamento, per così
dire ontologico, fa della Madonna una donna da ammirare e imitare più che da
“iper-venerare” nella sua inattingibile incomparabilità.
Poiché di
Maria di Nazareth sappiamo poco o niente sotto il profilo storiografico,
possiamo solamente supporre che – avendo Lei accompagnato pedagogicamente per
tanti anni la formazione di un tale Figlio – non deve essere stata, pur con
tutti i suoi inevitabili difetti, una donna banale. E proprio in quanto donna,
la memoria di Lei può suggerirci le potenzialità del femminile (che nella
società occidentale, incluse più o meno gravemente tutte le chiese cristiane,
sono state per secoli svalorizzate e mortificate) anche in ordine ai drammi
contemporanei.
Come è
noto, papa Paolo VI, nel 1967, ha scelto proprio questa festività mariana per
celebrare la Giornata mondiale per la pace, accompagnandola con un proprio
messaggio sul tema. Anche i papi successivi hanno mantenuto questa tradizione,
sino a Francesco (di cui Matteo Prodi e Sergio Tanzarella hanno pubblicato, in
edizione critica con prefazione di don Mimmo Battaglia, con il titolo Conquista
la pace, i messaggi del primo gennaio di ogni anno dal 2014 al 2023).
La
coincidenza della celebrazione mariana con la Giornata per la pace è casuale,
priva di significato? Non mi pare che i pontefici l’abbiamo mai notato,
purtroppo. Eppure il nesso, ormai evidente, fra mentalità maschilista
(virilista, androcentrica) e guerra permetterebbe di sottolineare un nesso,
altrettanto stretto, fra mentalità femminista (materna, sororale) e pace.
Maria, proprio in quanto icona della femminilità, potrebbe prestarsi a fungere
da prototipo di quanti – donne o uomini – sono protesi nella costruzione di un
mondo finalmente pacificato.
La storia
anche recente ci avverte, però, di non cadere nel biologismo: come si nasce
maschi e si diventa uomini, così si nasce femmine e si diventa donne. Il sesso
non è il genere. Ci sono uomini che coltivano, nella loro psiche e nella loro
postura sociale, il femminile che è in essi, senza averne né paura né vergogna;
così come ci sono donne che, nella loro psiche e nella loro postura sociale,
coltivano non solo il maschile che è in esse (ciò giocherebbe a favore di una
personalità integrata), ma anche il maschilismo della tradizione patriarcale in
cui sono nate e cresciute. In termini equivalenti: il patriarcato maschilista è
una gabbia che imprigiona tutti e tutte, proprio come la cultura della violenza
come unico metodo per affrontare gli inevitabili conflitti.
Insomma è
solo una dimensione consapevolmente e criticamente femminile (che, sino al
persistere del maschilismo, non può non dirsi femminista) del pensare, del
sentire e dell’agire che può sostenere le persone – di ogni sesso e di ogni
genere – nella ricerca quotidiana e proattiva della convivenza pacifica
all’interno delle nazioni e fra di esse.
www.augustocavadi.com
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