“Adista/Notizie”, 41
UNA FAMIGLIA MODELLO ?
Cosa
sappiamo dell’infanzia e della giovinezza di Gesù? Secondo i canoni della
storiografia contemporanea dovremmo rispondere: nulla. Si può supporre che i
suoi genitori abbiano rispettato le procedure cultuali giudaiche: circoncisione
del neonato, imposizione del nome, purificazione della madre e del figlio
mediante sacrificio presso il Tempio di Gerusalemme di “un paio di tortore o
due giovani colombi” (2, 21 – 24).
Se, invece,
rinunziamo alla cronistoria e proviamo a collocarci dalla prospettiva dei
redattori dei vangeli – una prospettiva di annunzio, di insegnamento, di
esortazione all’imitatio Christi - abbiamo dei midrash (dei
racconti leggendari edificanti) deliziosi per apprendere cosa le prime comunità
cristiane pensassero del loro Maestro.
A eventi avvenuti, retrospettivamente, esse lo venerano come “luce che
illumina le genti” (2, 32) e “segno di contraddizione” all’interno del suo
popolo (2, 34): espressioni che mettono sulle labbra di Simeone, “uomo giusto e
pio” (2, 25) , e di Anna, vedova che “serviva Dio giorno e notte” (2, 37).
Sarebbe stato più prudente, a mio sommesso parere, limitarsi a questi
dati biblici senza impastarli costantemente, sino a farli lievitare al punto da
elaborare modelli assoluti: per esempio sino alla “sacralizzazione” di questo
tipo di famiglia. Tale sobrietà – di cui molte chiese protestanti storiche
hanno dato prova – sarebbe stata raccomandabile anche da parte della Chiesa cattolica
latina per almeno due ordini di ragioni.
Innanzitutto per motivi d’ordine sociologico: dal primo all’ultimo libro
della Bibbia troviamo vari modelli di matrimonio e di famiglia (più o meno
allargata) e la storia degli ultimi due millenni ci attesta che altri modelli
sono stati sperimentati in civiltà ed epoche differenti. Perché individuarne
uno, canonizzarlo, e di conseguenza delegittimare tutti gli altri? Una società
poligamica africana o australiana che si apra alla prospettiva del “regno di
Dio” – dunque a perseguire libertà e giustizia, solidarietà e compassione,
nonviolenza e collaborazione – è meno “cristiana” di una società “ufficialmente”
(!) monogamica? Chi vive, come me, nel Meridione italiano sa che poche persone
sono affezionate all’idea della indissolubilità del vincolo coniugale fra
eterosessuali quanto i mafiosi che uccidono padri di famiglia innocenti, madri
incolpevoli, figli e figlie che si trovano col cognome sbagliato o soltanto nel
posto sbagliato.
Oltre alle ragioni generali, ne vedrei di specifiche. Se proprio la
Chiesa cattolica avvertisse come necessaria la enfatizzazione di un modello di
famiglia, perché mitizzare le singole figure che la compongono, al punto da
renderle incomparabili con le famiglie ‘normali’? Secondo la dogmatica cattolica,
infatti, Giuseppe non è vero padre biologico, ma solo “putativo” (presunto, supposto,
ritenuto tale); Maria non ha concepito il figlio grazie a una relazione
affettivo-sessuale con il marito, ma per un intervento “eterologo” quando
ancora non era neppure sposata; la persona di Gesù, infine, non essendo umana
ma divina (la seconda della Trinità), si trova nel ruolo paradossale di genitore
della sua genitrice (alla quale l’ortodosso Dante può rivolgersi devotamente con
l’efficace, paradossale, titolo di “figlia del tuo figlio”).
Fossi un prete – dunque appartenente all’unica tipologia di cattolico autorizzata a predicare durante le celebrazioni eucaristiche – mi terrei stretto al primato dell’agape individuato da Gesù medesimo come cuore pulsante di ogni aggregazione familiare davvero esemplare: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre” (Mt 12, 49 – 50).
Augusto Cavadi
Commento al brano evangelico Lc 2, 22-40 di domenica 31 dic. 2023
Nessun commento:
Posta un commento