E' scaricabile, gratis, l'ultimo numero della rivista "Phronesis", organo dell'omonima associazione di consulenti filosofici italiani:
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Phronesis", n. 6, seconda serie, dicembre 2023). Sono grato al collega torinese Roberto Di Bacco per la sincera recensione di uno dei miei ultimi libri:
REPERTORIO
Augusto Cavadi, O religione o ateismo? La spiritualità “laica” come fondamento
comune , Algra Editore, Viagrande (Catania) 2021.
Può capitare, a chi frequenta i paesaggi montani, di imbattersi in un escursionista che
ti indichi un nuovo sentiero in cui inoltrarti. Un sentiero che non conosci o a cui, per
varie ragioni, ne hai sempre preferiti altri. È accaduto a chi scrive di incontrare sul proprio
cammino la persona idonea per accogliere le indicazioni da seguire per intraprendere un
percorso inesplorato. Curiosità e desiderio di ampliare le proprie conoscenze hanno
convinto il camminatore perplesso a seguire i consigli ricevuti e ad affrontare il sentiero
sconosciuto.
Partendo da questa premessa, riconosco a Cavadi il merito, tra gli altri, di avermi
avvicinato e reso più sensibile a tematiche che non hanno mai trovato uno spazio dedicato
nelle mie riflessioni, se non marginalmente. Un merito che ritrovo presente e
riconfermato nelle pagine del volumetto del 2021 dal titolo O religione o ateismo? La
spiritualità “laica” come fondamento comune. Si tratta di un testo divulgativo sul tema della
spiritualità laica, argomento tanto caro a Cavadi a cui ha dedicato anni di ricerca e
numerose pubblicazioni. Quest’ultima vuole essere una sintesi, se non definitiva,
certamente essenziale nel porre la questione nei suoi termini fondamentali. Una esigenza
che scaturisce dalla necessità di fare chiarezza, di “dirsi la verità”, di “dirla ciascuno a se
stesso”, di “dircela con franchezza tra di noi”, nella speranza di «tessere un “testo” in
qualche misura comune su cui basarci nell’epoca della globalizzazione del
disorientamento»1
. Un testo la cui stesura richiede la creazione di uno spazio sottratto
agli equivoci e ai pregiudizi, uno spazio di dialogo e di confronto, in cui ci si pone «gli uni
di fronte agli altri, semplicemente mendicanti alle porte dell’Intero. Dunque
semplicemente, ma nell’accezione rigorosamente etimologica, filo-sofi»2
. C’è un fattore
generazionale a cui Cavadi attribuisce un importante rilievo: quello di una generazione, la
sua, che ha assistito, prendendone parte anche attivamente, ai profondi cambiamenti che
hanno segnato il lungo periodo che va dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Una
generazione «illuminata, ma anche frastornata, dall’incrocio di saperi, ipotesi, scenari
sempre più sconvolgenti che provengono dalle scienze naturali e umane»3
. Ragione di più
per tentare di fornire una mappa che consenta di orientarsi nel confuso scenario del mondo attuale, ponendosi da un punto di osservazione che Cavadi stesso definisce
“molto approssimativamente, come antropologico”. Senza pretese di originalità, non
esita a collocarsi, “pur con molti distinguo”, in quel filone contemporaneo denominato
“paradigma post-religionale”, a cui l’editore Gabrielli ha dato voce, in Italia, pubblicando
alcuni testi dei suoi più noti esponenti4
.
Per fare chiarezza è importante in primo luogo intendersi sul significato delle parole,
e questa “preliminare pulizia semantica” Cavadi l’affronta entrando in dialogo con una
serie di autori contemporanei che hanno espresso opinioni nel merito delle tematiche in
questione.
Il filosofo e giurista americano Ronald Dworkin, scelto come primo
interlocutore, nel suo Religione senza Dio propone una definizione di religione5
“bella e
profonda” ma che Cavadi ritiene incompleta, in quanto, insistendo sulla dimensione
cognitivo-psicologica, trascura due aspetti costitutivi dell’atteggiamento religioso: la
pratica e la socialità. Inoltre Dworkin, nel ricercare l’origine antropologica della religione,
ipotizza che le persone condividano un fondamentale “impulso religioso” che si
manifesta sia come fede teologica sia come convinzioni etiche e morali profonde, un
impulso che, se qualificato come “religioso”, non descrive correttamente la posizione di
coloro che non si riconoscono nella fede in un dio e fanno professione di ateismo. Meglio
sarebbe ragionare in termini di spiritualità, ma a questo punto si impone una explicatio
terminorum che consenta di proseguire nel confronto dialettico. Facendo proprie alcune
definizioni proposte dal sociologo della religione Luigi Berzano6
, Cavadi adotta un
vocabolario che gli consente di sgomberare il campo da alcune possibili obiezioni e di
tentare di superare le ambiguità lessicali. Il vocabolario scelto si concentra su tre concetti
fondamentali: 'religione', 'religiosità' e 'spiritualità'. Di questi Cavadi giunge a offrire
un’immagine geometrica, una costruzione piramidale di forme cilindriche il cui intento
esplicativo si rivela di una certa efficacia. Così questa rappresentazione viene descritta
dall’autore:
Vedrei la società attuale come una sorta di piramide costituita da una base cilindrica (il livello
della “spiritualità” comune a credenti, atei e agnostici); da un cilindro poggiato sul primo e più
circoscritto rispetto a esso (il livello della “religiosità” comune a credenti e agnostici); da un terzo
cilindro, ancora più piccolo, che non avrebbe solida fondazione se non presupponesse
“religiosità” e, più basilarmente, “spiritualità”: il livello della “religione” specifica, confessionale
(tipica di credenti che decidano di organizzarsi comunitariamente, di istituzionalizzarsi)7.
La rilettura delle tesi di Dworkin, alla luce del vocabolario proposto, consente a Cavadi
di formulare una prima risposta all’aut-aut contenuto nel titolo del saggio, indicando nella spiritualità “laica” il fondamento comune alle due prospettive. Per cui, oltre l’aut-aut,
tertium datur. Nel mezzo della piramide si colloca la religiosità, «dimensione antropologica
che può essere vissuta solo da chi ammette una qualche forma di divino, di “sacro”, o,
per lo meno, che non cessa di confrontarsi con l’ipotesi di una qualche forma di divino»8
.
O di mistero. La religiosità è, insomma, una categoria dai confini labili, che può essere
concepita come un “sotto-insieme” della spiritualità, come «una delle modalità in cui può
manifestarsi la spiritualità”, con “un massimo grado di autonomizzazione da ogni
tradizione religiosa»9
.
Altro interlocutore è Orlando Franceschelli, filosofo e saggista, sostenitore di una
antropologia naturalistica che vuole essere equidistante dall’antropocentrismo teologico
e dall’assurdismo esistenzialistico. Il suo naturalismo si pone in continuità con pensatori
come Spinoza, Darwin e Leopardi, la sua visione del mondo si fonda su di un’etica che
riconosce «nella saggezza della felicità possibile e solidale il senso più plausibile e
piacevole delle nostre vite»10. Cavadi sceglie Franceschelli come testimone di un
naturalismo “critico”, lontano da equivoci esiti nichilistici e relativistici, evidenziando
l’aspetto laico e umanistico della sua concezione filosofica, riconducibile a buon diritto
ad una forma di spiritualità filosofica.
Prima di presentare alcune linee portanti del pensiero dell’amico Luigi Lombardi
Vallauri, a cui si rivolge come terzo interlocutore, Cavadi pre-avvisa il lettore, in nota,
della possibilità di saltare direttamente al capitolo successivo. Forse messo in guardia
“affettuosamente” dalle obiezioni del direttore della Collana che ospita il saggio, o dalla
discutibile formula “mistica laica” che Vallauri indica come articolato percorso meditativo
che unisce metodi orientali a contenuti offerti dalle scienze occidentali, al fine di
“trasformare la vita in un poema ininterrotto”, poiché “una vita come meraviglia è
possibile”. Ma al di là del significato della coppia di termini che, aristotelicamente
interpretabile come apofatica, che nega cioè l’appartenenza di un predicato ad un
soggetto, Cavadi ritiene la proposta di Vallauri un’“istruttiva esemplificazione di
spiritualità laica compatibile con convinzioni di fede in senso confessionale” ma anche
“ateistiche”. Tale proposta appartiene infatti a quella dimensione di ricerca, di dubbi, di
domande e di esperienze propria di chi avverte il rischio di “precipitare
nell’autodistruzione” e, consapevole della gravità della posta in gioco, sente “il dovere, e
il diritto, di creare delle oasi nel turbine della storia”.
Il sacro fuori dal tempio titola significativamente il capitolo dedicato a Stuart Kauffman,
biologo statunitense impegnato nello studio e nell’analisi dei sistemi complessi e della
loro relazione con l’origine della vita sulla terra, autore di cui Cavadi ripercorre, sia pure per sommi capi, l’itinerario che lo scienziato ha esposto in un suo volume11. Critico del
riduzionismo dominante in ambito scientifico, secondo cui tutto ciò che avviene
nell’universo è riconducibile ad una sorta di meccanicismo cosmico deterministicamente
calcolabile, Kauffman sostiene che «senza violare alcuna legge fisica, la vita nella biosfera,
la sua evoluzione, la pienezza della nostra storia umana e il nostro concreto mondo
quotidiano» sono il risultato di “una meravigliosa creatività radicale”, una creatività
“sorprendente” e “terrificante”, incessante e imprevedibile, che interviene tanto nella
natura come nel mondo umano. Senza l’intervento di un creatore soprannaturale, di un
Dio. Nel nome di un simile principio originario che, come nota Cavadi, ricorda da vicino
lo “slancio vitale” di Henry Bergson, ma che si ritrova analogicamente presente in alcune
teorie epistemologiche contemporanee12, si potrebbe, secondo il biologo americano,
aiutare a sanare le “quattro lacerazioni” di cui soffre “la nostra moderna società laica”.
Quattro rotture traumatiche che impediscono all’umanità la comune conquista di
un’«etica globale come sostegno alla civiltà globale che sta emergendo», quattro lesioni
che Kauffman indica nella “divisione tra scienze naturali e scienze umane”; nella
separazione irriducibile fra i “fatti” e i “valori”; nel divorzio tra “umanisti laici”, spesso
“agnostici” o “atei”, e “vita spirituale”; nella distanza tra “il consumismo e la
mercificazione” degli Occidentali e quei valori che “le persone appartenenti a civiltà
sparse nel mondo condividono” e stanno a fondamento della emergente civiltà globale.
Un’etica globale, dunque, che implichi “un senso di unione con tutte le forme di vita”, la
“responsabilità verso un pianeta sostenibile”, la prevenzione di ogni “scontro fra le
culture a più stretto contatto”. E Dio? Che ruolo può svolgere Dio di fronte a quella
“incessante creatività dell’universo naturale, della biosfera e delle culture umane”? L’ateo
Kauffman, richiamando lo spirito di conciliazione e di dialogo verso cui tende la
comunità umana, ritiene che la creazione di uno spazio spirituale condiviso, in cui il sacro
diventi legittimo per tutti, in cui si consideri come sacra l’incessante creatività in natura,
consenta sia ad atei che a credenti in un Dio, di riconoscersi, consentendo alle rispettive
tradizioni di evolvere verso una spiritualità condivisa. Magari usando proprio il termine
Dio per definire la forza creatrice della natura.
La proposta di Kauffman, nota Cavadi, si può inserire in un contesto dove sono
sempre più numerosi i contributi provenienti da ambienti cristiani che offrono una
rappresentazione di Dio che si allontana dalla tradizione. Se è giunto il momento, per
alcuni, di “uscire dal tempio”, per altri forse è ragionevole cercare di re-immaginare Dio,
come suggerisce il teologo della Chiesa presbiteriana neozelandese Lloyd Geering13: un
invito rivolto a chi «ritiene di avere il diritto/dovere d’informarsi sulle frontiere più avanzate della ricerca per orientarsi, criticamente, di conseguenza […] per entrare nel
terreno, affascinante e rischioso, della ricerca personale sulla base di dati (storici e
esegetici) per quanto possibile oggettivi e di argomentazioni (logiche ed ermeneutiche)
per quanto possibile convincenti»14
.
Il cammino percorso fino a questo punto ci ha condotto sull’esteso e impervio terreno
delle scelte individuali e non ci resta che constatare che «come ci sono molti modi di
vivere la spiritualità e la religiosità, ce ne sono altrettanti di vivere la religione»
15. Il filosofo
Cavadi, dopo aver messo in guardia i colleghi filosofi da facili ironie nei confronti di
coloro che si appellano alla fede confessionale, ricorda il ricco contributo alla storia delle
idee, dato nei secoli, da pensatori come Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino, Pascal,
Kierkegaard, Barth e Ricoeur. E avanza la possibilità che l’umanità diventi migliore se
«ciascuno troverà la propria sfera esistenziale a conclusione (sia pur provvisoria) di una
ricerca libera e onesta, evitando di ereditarla per condizionamento ambientale o per
pigrizia mentale»16, e vivendo con “consapevolezza critica e senso del limite” il proprio
ambito spirituale.
Richiamandosi alle punte più avanzate della riflessione teologico-filosofica attuale,
nella quale la critica al sistema religione è giunta a metterne in dubbio l’esistenza stessa,
Cavadi si interroga sui possibili esiti futuri. La domanda – ma la “religione” avrà un
futuro? – già presentatasi storicamente in altri contesti, assume qui un nuovo valore, in
quanto è posta all’interno del mondo stesso di coloro che credono e praticano la religione.
Un mondo attraversato da una fase di decisivo ripensamento e che dal confronto con i
profondi mutamenti storici intervenuti nell’età contemporanea avverte, almeno nella sua
componente più riflessiva e consapevole, l’esigenza di “de-assolutizzare” i propri
fondamenti, superando l’esclusivismo nel rapporto col divino, e di riformare radicalmente
il proprio assetto istituzionale. Necessario e indifferibile quindi, per costoro, il
rinnovamento, o meglio, una ri-fondazione delle religioni istituzionali che si concentri su
quello che è da sempre, secondo il teologo José María Vigil, il compito essenziale delle
religioni: «aiutare l’umano a sopravvivere diventando sempre più umano»17
.
Ancora una voce è scelta da Cavadi a conclusione di questo immaginario dialogo sul
tema a cui è dedicato il libro: quella del teologo e psicoanalista tedesco Eugen
Drewermann. La sua proposta18, ispirata in particolare dalla saggezza taoista, dalla figura
dell’uomo di Nazareth e dal fondatore della psicoanalisi, è un atto di speranza rivolto alla religione, alle religioni, alla loro funzione e alla loro capacità di lenire terapeuticamente la
sofferenza esistenziale degli esseri umani.
È possibile predisporre dei test per individuare quali caratteristiche debba possedere
una religione che aspiri a sopravvivere? Nella consapevolezza dei limiti che tale iniziativa
presenta, Cavadi ci prova e propone una serie di sette test, o requisiti, per riconoscere la
religione del futuro o, almeno, l’idea di religione che emerge dalla pluriennale ricerca del
suo autore.
Si chiude così il breve saggio di Cavadi, con il riconoscimento della “varietà
innumerevole di atteggiamenti interiori”, la “varietà incatalogabile di quanti vivono,
ciascuno a proprio modo, la religiosità e/o la spiritualità”, concretamente lontani dalla
perfezione astratta di una religione e da un conclamato ateismo, altrettanto perfetto.
Segue una Postfazione di Fabrizio Mandreoli e un Dossier a uso di chi desideri procedere oltre
che raccoglie quattro testi dello stesso Cavadi già pubblicati in alcune riviste e volumi.
Oltre ad una ricca bibliografia.
NOTE
1 Cavadi A., O religione o ateismo?, Algra Editore, Viagrande (CT), 2021, p. 13.
2 Op. cit., p. 17.
3 Ivi, p. 14.
4 Vedere nel catalogo di Gabrielli Editori la Serie “Oltre le religioni”.
5 “Una visione del mondo profonda, speciale ed esaustiva, secondo la quale un valore intrinseco e oggettivo permea tutte le cose”.
6 Berzano L., Spiritualità senza Dio?, Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2014.
7 Cavadi A., O religione o ateismo?, cit., pp. 33-34.
8 Op. cit., p. 28.
9 Berzano L., cit. p. 43.
10 Franceschelli O., Elogio della felicità possibile. Il principio natura e la saggezza della filosofia, Donzelli, Roma 2014, p. 167.
11 Kauffman S., Reinventare il sacro. Una nuova concezione della scienza, della ragione e della religione, Codice, Torino 2010.
12 Come l’emergentismo o il concetto di agency in sociologia.
13 Geering L., Reimmaginare Dio. Il viaggio della fede di un moderno eretico, a cura di F. Sudati, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2020.
14 Cavadi A., Presentazione al volume di Geering citato. Lo stesso testo è riportato alle pp. 113-115 di O religione o ateismo, cit.
15 Cavadi A., O religione o ateismo?, cit., p. 68.
16 Op. cit., p. 68.
17 Vigil J. M., Ricentrando il ruolo futuro della religione: umanizzare l’Umanità. Il ruolo della religione nella società futura sarà nettamente spirituale in Spong J. S. - Vigil M. L. - Lenaers R. - Vigil J. M., Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana, a cura di Fanti C. e Sudati F., Prefazione di Barros M., Gabrielli, San Pietro in Cariano 2016, p. 194.
18 Drewermann E., C’è speranza per la fede? Il futuro della religione all’inizio del XXI secolo, Queriniana, Brescia 2002.