CRISTIANESIMO E SOCIALISMO: BREVE STORIA DI UN IDILLIO
Se per “cristianesimo” intendiamo l’ideologia della
rassegnazione alle ingiustizie di questa vita, in attesa dei risarcimenti
divini nell’altra, e per “socialismo” la lunga fase di “dittatura del
proletariato” che, sinora, non è mai sfociata in regime di reale uguaglianza di
opportunità per tutti, è intuitiva la radicale incompatibilità fra
“cristianesimo” e “socialismo”. Ma c’è
stata (o c’è ancora ?) un’epoca in cui alcuni hanno capito che il
cristianesimo, più che una religione (“cristianità”), è una fede (“vangelo del
regno imminente”); e che il “socialismo”, più che un assetto istituzionale
coercitivo, è un progetto utopico di giustizia e libertà intrecciate. Così intesi, cristianesimo e socialismo non
sono inconciliabili. Anzi, pur appartenendo a ordini di discorso distinti,
possono completarsi reciprocamente: il socialismo può fornire analisi
sociologiche e ipotesi di intervento politico a chi abbia abbracciato la
proposta evangelica, la quale a sua volta può offrire un “supplemento d’anima”
a chi abbia deciso di dedicare la vita al riscatto delle fasce più impoverite
dell’umanità.
Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso la teoria
della sinergia possibile fra fede cristiana e impegno politico per il
socialismo si è fatta carne nel Cile di Salvador Allende, prima, in altre aree
dell’America latina e in Spagna, poi: nacque così il movimento “Cristiani per
il socialismo” (Cps) che, esattamente cinque decenni fa, fu varato anche in
Italia. La vicenda, non lunga ma intensa, è stata ricostruita storiograficamente,
con un accurato lavoro d’archivio sulle fonti documentali, da Luca Kocci nel
recentissimo Cristiani per il socialismo 1973 – 1984. Un movimento fra fede
e politica (Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2023, pp. 250, euro 23,00) che
racconta, senza né toni trionfalistici né risentimento, gli avvenimenti dal
Congresso fondativo di Bologna del 1973 allo sfarinamento che l’autore
considera concluso nel 1984. Dalla narrazione emergono con chiarezza sia gli
aspetti profetici, anticipatori, del movimento (che auspicava la fine
dell’unità partitica dei cattolici nell’ovile democristiano, proprio come è
avvenuto dal 1992 – 93 a oggi) che le sue contraddizioni interne (per esempio
l’oscillazione fra l’intento di essere un laboratorio culturale e il progetto
di diventare un vero e proprio partito). Quale che siano le convinzioni odierne
di un lettore, difficilmente potrà sottrarsi all’ammirazione per quei
personaggi del mondo intellettuale e associativo che accettarono di essere
visti con diffidenza dalle Chiese (cattolica e riformate) perché socialisti e
dalle organizzazioni partitiche di Sinistra (PCI e costellazione alla sinistra
del PCI) perché cristiani.
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