LA LEADERSHIP
NELLA CHIESA CATTOLICA: UNA RIFORMA ORMAI INDIFFERIBILE
Tra i fenomeni più curiosi che si registrano negli ambienti
ecclesiali si può annoverare la discrasia fra l’evoluzione teorica
(esegetico-teologica) e la stasi della pratica (pastorale-organizzativa). I tre
saggi di Ortensio da Spinetoli, originariamente editi negli anni Settanta del
secolo scorso ed ora ripubblicati nell’agile volumetto Tra voi non sarà
così…Autorità, servizio, ispirazione nel Nuovo Testamento (Servitium,
Milano 2023, pp. 140, euro 15,00), illuminano
un caso esemplare di tale discrasia: la leadership in una comunità di
credenti.
Infatti, da una parte,
gli studi biblici sono sempre più espliciti nello spiegare che Gesù – ammesso
che la convinzione di un’imminenza del Regno non lo abbia distolto da qualsiasi
progettualità a lungo termine – non ha certo immaginato una Chiesa gerarchica,
verticale, piramidale; ma, dall’altra, il diritto canonico (anche nelle sue
riformulazioni più recenti, sotto il pontificato di Francesco) e la prassi
quotidiana a tutti i livelli (Chiesa universale, diocesi, parrocchie, comunità
di persone consacrate, associazioni cattoliche) non hanno scalfito, al di là di
qualche maquillage, l’impostazione istituzionale bimillenaria. Nella Introduzione
(secondo il suo stile abituale lucida e franca) don Ferdinando Sudati cita
quei passaggi della nuova “Legge fondamentale dello Stato della Città del
Vaticano” (del 13 maggio 2023 !) secondo cui il papa sarebbe “chiamato ad
esercitare in forza del munus petrino poteri sovrani anche sullo Stato
della Città del Vaticano” (p. 10). Si noti l’avverbio anche: nella Città
del Vaticano come, in generale, nella Chiesa cattolica. E in cosa consisterebbero tali poteri
sovrani? Nella “pienezza della potestà di governo, che comprende il potere
legislativo, esecutivo e giudiziario” (ivi). Dunque: la ricerca biblica appura
che Gesù di Nazareth non si è attribuito, e tanto meno ha trasmesso ad altri,
il potere legislativo né l’esecutivo né il giudiziario; ma il più evangelico,
anzi francescano, dei papi moderni (forse come estrema arma di difesa dai
nemici interni del suo processo riformatore) ribadisce che un Capo supremo li
può, anzi li deve, esercitare e per giunta in maniera indivisa, autocratica,
totalitaria. Ma ciò che avviene a Roma, molti di noi l’hanno sperimentato in
periferia: preti che teologicamente fanno passi da giganti in avanti, poi di
fatto continuano a comportarsi con l’atteggiamento paternalistico – quando non
autoritario – dei Superiori nei seminari da loro frequentati più di mezzo
secolo prima! Ortensio da Spinetoli, sulla scia del Vaticano II, toglie ogni
base biblica al modello imperiale romano della Chiesa latina: “l’autorità ha
lungo i secoli fagocitato la comunità, i diritti e le aspirazioni dell’uomo. Il
conflitto che essa ha sostenuto con la libertà degli individui si è chiuso
sempre a suo vantaggio”, ma “gli indirizzi attuali cercano di riesaminare il
problema per giungere a una soluzione più rispondente alle fonti evangeliche e
agli intenti di Cristo” (p. 53), nella convinzione di fondo che “la libertà è
il dono inalienabile che Dio ha accordato alle creature intelligenti e che egli
stesso rispetta. Egli non può perciò permettere ad altri di ignorarla o di
calpestarla; tanto meno in suo nome” (p. 54).
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https://www.zerozeronews.it/chiesa-la-riforma-ormai-indifferibile-della-leadership/
2 commenti:
Caro Augusto,
Grazie mille della bella recensione. Mette in luce molto bene l'attualità di questi scritti e la loro valenza rivoluzionaria. C'è bisogno di articoli così e che i testi di Ortensio siano diffusi.
un abbraccio Nicoletta e Giovanni
La recensione del 28 ottobre 2023 è stata riprodotta su "Viottoli" 2/2023, ma con un'integrazione finale che qua riporto:
"Sulla base di passi come Romani 8, 13 – 15 si può prefigurare il modello più autentico ed entusiasmante di Chiesa (e, analogamente, se decliniamo lo Spirito in versione laica, de-confessionalizzata, come il modello utopico di società): una “comunità di uomini liberi e condotti dallo Spirito” (p. 114). Dunque, liberi non di farsi i fatti propri a danno (o, per lo meno, senza preoccuparsi) degli altri, bensì mettendo a frutto i propri carismi per il bene comune (pp. 115 – 117). E “non è importante chiedere all’uomo un’adesione esplicita alla presenza o alla persona dello Spirito, basta constatare un fermo impegno ad accelerare il processo di risurrezione o di spiritualizzazione operato in modo nuovo da Cristo. La risurrezione in termini storici o moderni è sinonimo di evoluzione” (p. 122).
Da questi brevi cenni si evince che l’appello allo Spirito come istanza prima e ultima nella vita della Chiesa, dove pure hanno un proprio senso i ruoli di coordinamento e di sprone, non va inteso come invito al capriccio soggettivo: “il confronto con lo Spirito di Dio rimane sempre scomodo, perché impone all’uomo di far prevalere la voce migliore della propria coscienza sulle tendenze accentratrici ed espansionistiche che si annidano ugualmente nel suo animo” (p. 123).
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