LA VIOLENZA DI GENERE: SPECIFICA, MA ALL’INTERNO DI UN QUADRO
GENERALE
In medicina il contrasto alle forme di cancro dovrebbe
contemperare un doppio sguardo: sulla specificità della patologia (che esige
conoscenze e terapie specifiche) e sulla globalità del soggetto umano che ne
soffre. Concentrarsi sulla
specificità comporterebbe ignorare la costellazione della cause, remote e
prossime, del cancro e dunque restringere riduttivamente l’area degli
interventi curativi; d’altra parte, se si cercano soltanto le cause
genetiche, alimentari, psicologiche, ambientali, socio-relazionali… - per
contrastarle - si rischia con altissima probabilità che, intanto, quel paziente
determinato muoia tra sofferenze atroci.
Qualcosa di simile avviene con molti fenomeni sociali quali
la violenza maschile ai danni delle donne di cui le cronache sono zeppe.
Indubbiamente essa presenta caratteri determinati, originali, che vanno
analizzati al microscopio: considerarla una delle tante facce della
violenza, atteggiamento radicato
nell’essere umano e diffuso lungo i millenni su tutto il pianeta, significa
annegarla in un indistinto mare oscuro e rinunziare a ipotizzare diagnosi e
terapie mirate. Per questo è necessario che le istituzioni e la società abbiano
al loro interno settori (per esempio di
magistrati e di polizia giudiziaria) e associazioni (per esempio il
coordinamento nazionale “Maschile plurale”: www.maschileplurale.it ) specializzati, formati appositamente: come avviene rispetto
alla criminalità mafiosa o ai reati ambientali.
La focalizzazione della violenza di genere sarebbe – ed è
stata sinora – fallimentare se non procedesse, contemporaneamente, con
una contestualizzazione generale: essa non è il tumore imprevedibile che si
manifesta in un organismo sano. Debellarla come dato isolato sarebbe illusorio.
Come ignorare che tale modalità specifica si inserisce, perfettamente,
all’interno di un sistema culturale-politico-economico in cui la maggioranza
dei cittadini, degli intellettuali, degli esponenti partitici e sindacali
accetta come inevitabile (in qualche caso come positiva e auspicabile) la
violenza quotidiana, strutturale, metodica ai danni di miliardi di animali
senzienti; di milioni di lavoratori esposti a incidenti mortali e a
sfruttamento economico; di centinaia di migliaia di migranti in fuga da guerre
e carestie; di decine di migliaia di omosessuali e di transessuali oggetto di
aggressioni fisiche e derisioni…Il filo rosso che collega tutte queste perle di
violenza è la riduzione di soggetti a oggetti, più specificamente a merci. E’
una conseguenza inevitabile del capitalismo liberale o del nazionalsocialismo o
del socialcomunismo? Intanto abbiamo l’attestazione inequivoca della storia
mondiale anche contemporanea: con accentuazioni differenti, tutti i regimi dei
grandi Stati moderni hanno esercitato violenza sistemica ai danni degli
animali, dei lavoratori alle dipendenze dello Stato o di imprese private, degli
stranieri immigrati, delle minoranze sessuali. La brutalità dei governi
statunitense o russo o ucraino non è certo paragonabile all’egoismo
nazionalistico dei governi svizzero o tedesco o finlandese: ma il conflitto
russo-ucraino sta tragicamente dimostrando che la 'civilissima' Unione Europea
non ha gli strumenti culturali e organizzativi anche solo per immaginare
alternative alla risoluzione delle controversie internazionali mediante la guerra.
Attiviamo dunque tutte le misure pedagogico-educative che
riteniamo funzionali a limitare la pratica quotidiana della violenza maschile
sulle donne (cioè di uomini che, in quanto uomini, umiliano o eliminano donne
in quanto donne): ma senza dimenticare che tale violenza specifica è
tutta interna a un “pensiero unico” che dal Canada alla Cina, dalla Francia
all’India, dall’Italia all’Argentina, accetta come ovvio che minoranze sempre
più ristrette di miliardari sempre più ricchi dispongano - come diritto
naturale indiscutibile - della vita,
della salute, della dignità, della morte del resto dell’umanità e, a maggior
ragione, del resto degli altri animali. Non si è predatori- sfruttatori a ore
alterne: se è questa la visione di sé nell’universo, e dunque la conseguente
postura rispetto a ciò che vive, i limiti che ci porremo saranno labili e
spostabili all’infinito.
Augusto Cavadi
7.9.2023
www.zerozeronews.it
1 commento:
Ottime riflessioni,
Elio
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