LA MAGIA DI UN’ESPERIENZA DI FILOSOFIA-IN-PRATICA
Come è andata la XXVI settimana (annuale) di “Filosofia per
non…filosofi” svoltasi a Piazzatorre (in Val Brembana, nella provincia di
Bergamo)? Agli amici che affettuosamente in queste settimane mi hanno rivolto
questa domanda ho risposto, un po’ laconicamente, “molto bene” ed ho rimandato
agli abbondanti materiali – scritti e fotografici – che, con generosa pazienza,
Salvo Fricano ha inserito nel sito da lui creato: https://vacanze.filosofiche.it/
Ma i
documenti, per quanto chiari ed esplicativi, non riescono a rendere il clima,
l’atmosfera, il sentimento condiviso di questi sette giorni (dal 22 al 28
agosto 2023) di esperimento filosofico integrale: ‘integrale’ perché si prova a
coniugare la riflessione intellettuale, il dialogo senza
pregiudizi né intenti propagandistici, la narrazione delle proprie
biografie (talora anche nelle pieghe più intime), la fruizione in comune di
bellezze naturali e artistiche, la condivisione della mensa e dei
momenti di relax…E’ un po’ il modello del ‘con-filosofare’ delle scuole greche
ed ellenistiche, eccezion fatta per un elemento che qualche volta le
caratterizzava: la figura del maestro, un po’ guru e un po’ leader politico,
talora perfino ‘divinizzato’ in vita e soprattutto in morte. Poiché in queste
nostre convivenze tutto scorre pariteticamente, negli anni ci capita di
‘perdere’ qualche amico o perché deluso di non trovare la guida autorevole,
sicura di sé, dispensatrice di verità predigerite o perché deluso di non poter
svolgere egli stesso questa funzione magistrale, carismatica.
Anche in edizioni precedenti – in quasi tutte direi – è
scattata una piccola ‘magia’: persone provenienti da ‘luoghi’ (non solo
geografici) assai differenti, che in alcuni casi si incontrano per la prima
volta, riescono a parlare delle proprie convinzioni con sincerità, senza
preoccuparsi di sbagliare un congiuntivo o di offrire un’immagine falsamente
raffinata di sé. Quest’anno, però, il tema proposto da noi organizzatori
(“Vivere serenamente la propria finitudine”) costituiva una scommessa
particolarmente ardua: ammesso che qualcuno desideri partecipare a una
settimana di meditazione sulla morte propria e altrui, avrà poi la libertà
interiore di esprimere pensieri intrecciati indissolubilmente a sentimenti?
La risposta a questo duplice interrogativo è stata, per
alcuni versi, sorprendente. Intanto dal punto di vista numerico: le adesioni
alla settimana sono state circa il doppio del solito ed è stato necessario
chiedere ospitalità a strutture vicine all’albergo prenotato per accogliere una
sessantina di iscritti.
Inoltre – ma è chiaramente l’aspetto più rilevante – dal
punto di vista della qualità delle relazioni. A detta di persone che si
avventuravano per la prima volta in questo genere di esperienze, già dopo poche
ore soltanto avevano avvertito un senso di sollievo: si era dissolto il timore
di restare isolate, di non essere accolte con cordialità. Nessuna parete
divideva, dunque, gli ‘iniziati’ (i veterani alla loro decima o ventesima
presenza) dai ‘neofiti’. Così, sin dalla prima sera, nell’incontro che viene
previsto per rompere il ghiaccio, alcune persone hanno confidato il desiderio
di poter conversare serenamente su una tematica considerata dai familiari e
dagli amici tabù, quasi che tacendo della morte si riuscisse a esorcizzarla, a
tenerla lontano. E, via via, sono rimaste piacevolmente sorprese nel constatare
che se ne possa dire alternando l’emozione intensa con la battura umoristica,
sdrammatizzante.
Grazie ad un gruppo whatsApp (che da provvisorio è diventato
definitivo per volontà della maggior parte degli iscritti) ci siamo potuti
scambiare, alla fine della settimana, opinioni e sensazioni. Riporto – tacendo
il cognome per discrezione – alcune di queste testimonianze che mi hanno
maggiormente colpito e che, forse, possono contribuire a dare un’idea, sia pur
vaga, delle tracce incise negli animi.
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