“Il Gattopardo”
Giugno 2023
ASPETTANDO UN GOVERNANTE ILLUMINATO
Dal 1781 al 1785 la Sicilia è
stata retta, come viceré dei Borbone, da Domenico Caracciolo. E' un
illuminista, in contatto con i circoli progressisti di Napoli e di Parigi, e
quando arriva nell'isola reagisce con il senso critico di ogni visitatore
intelligente. Con amara ironia nota, fra gli impiegati statali e la gente
comune, “tanta rilasciatezza di disciplina e tanto disprezzo delle leggi” che
“farebbero cadere le braccia al Cristo del Carmine”. Questa disaffezione civica
è trasversale, soprattutto fra “gran signori” e “miserabili”: infatti la
Sicilia è “abitata da oppressori e oppressi”, senza “classe intermedia”.
Caracciolo non si limita alla
denunzia, ma s'impegna con decisione nel tentativo – solo parzialmente riuscito
– di cambiare le cose: indice un censimento per ripartire più equamente le
tasse, colpisce l'arroganza e l'impunità dei baroni, riesce perfino ad abolire
la giurisdizione del Santo Uffizio e le conseguenti condanne al rogo per eresia
(vera o presunta). Con una lungimiranza non sempre condivisa dagli
amministratori dei secoli successivi, si preoccupa di “costruire un bel teatro
per li vivi ed un campo santo per i morti”. E' mentalmente così aperto da
auspicare “una storia saracena”, “utile per sapere quale incremento e quale
progresso ebbero le scienze nelle mani degli Arabi, li quali le sostennero nel
X secolo, mentre esisteva fra noi la massima oscurità”. Ciò che lo amareggia
maggiormente è “la resistenza di quei medesimi li quali si vorrebbero sollevare
e liberare dalla tirannia dei potenti; tanto la lunga servitù degrade l'âme,
onde più non risente il peso delle catene”.
A 250 anni di distanza sarebbe splendido che un re lontano inviasse nell’isola un amministratore così saggio. Ma siamo in democrazia e solo un corpo elettorale più informato, e meno servile, può scegliere – tra la folla di candidati variamente qualificati – i più adatti a coltivare il “bene comune”.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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