19.5.2023
IMPARARE LA PEDAGOGIA DEI MAFIOSI. PER CAPOVOLGERLA.
Se un’associazione criminale può considerarsi di tipo mafioso quando persegue
· arricchimenti illeciti e
· posizioni di dominio
· mediante seduzione e violenza,
può essere istruttivo tematizzare l’elemento della seduzione. Differentemente dalle narrazioni prevalenti, il mafioso non si accosta a un soggetto con modi minacciosi; al contrario, inizia a corteggiare offrendo servizi (ad esempio protezione), prestiti in denaro, raccomandazioni utili a salire i gradini della scala sociale o in alcuni casi avanzando proposte chiaramente corruttive. Solo se il soggetto “avvicinato” si mostra restìo all’adescamento, il mafioso può decidere di passare all’intimidazione: di sostituire la carota con il bastone.
L’esperienza ci dice che le cosche riescono a coinvolgere, a titolo di supporter e complici, un consistente numero di cittadini (di varie età e fasce sociali): il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta riteneva che un quinto circa dei 5 milioni di siciliani fosse più o meno stabilmente irretito nel sistema mafioso.
Questa strategia di coinvolgimento sarebbe possibile senza la proposta di condividere, insieme a opportunità di carriera e di arricchimento illecito, anche un “codice culturale” (Umberto Santino)? O, invece, la persistenza del fenomeno mafioso (almeno dall’Unità d’Italia a oggi) è comprensibile solo se si ammette che le organizzazioni di tipo mafioso sono state e sono anche agenzie pedagogiche (in senso ampio, dunque efficaci nei riguardi degli abitanti di un territorio di ogni età)? Insomma: la mafia è mafia – e non mera criminalità episodica – perché trasmette da una generazione alla successiva una visione-del-mondo. E lo fa in maniera persuasiva e pervasiva.
La visione-del-mondo mafiosa è, come ogni altra, costituita da una serie di tasselli, tra cui: obbedienza assoluta ai capi, familismo amorale, sciovinismo campanilistico, maschilismo paternalistico, esaltazione (verbale) dell’omertà, enfatizzazione dell’onore, svalutazione del lavoro, tendenza al dogmatismo, propensione al fondamentalismo, violenza come linguaggio, valorizzazione del sadismo, individualismo a-politico, robinhoodismo ideologico, sottovalutazione della vita terrena.
Questa visione-del-mondo non viene insegnata a livello puramente teorico, intellettuale, cognitivo: la pedagogia mafiosa è “integrale”, mira a formare «tutto l’uomo»; inoltre è “territoriale” perché destinatari sono non solo i minori, ma tutti i cittadini di un territorio; infine è “contestuale” perché non si accontenta di condizionare settorialmente, bensì tocca trasversalmente tutti gli aspetti della vita quotidiana e tutti i momenti della vicenda storica (dall’economia alle feste, dalla politica alle relazioni amicali...).
Se queste sommarie analisi sono realistiche, una pedagogia democratica, alternativa alla pedagogia mafiosa, dovrebbe ribaltarne i contenuti pur all’interno della medesima impostazione.
Ribaltarne i contenuti, i tasselli, proponendo: il senso critico, la solidarietà ‘larga’, l’ethos del lavoro ben fatto, il gusto dell’impegno politico, la passione per la bellezza naturale e artistica, l’eroicità della nonviolenza...
Ma all’interno della stessa impostazione: dunque attivando strategie educative che – a imitazione della pedagogia mafiosa – siano altrettanto integrali, altrettanto territoriali, altrettanto contestuali.
Non si tratta di criteri facili a attuare. Solo che, accontentandosi di meno, si rischia di indebolire la mafia come soggetto militare, politico ed economico, ma di lasciarle la perfida egemonia come soggetto pedagogico-culturale.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
Per la versione originale, illustrata, cliccare qui:
https://www.zerozeronews.it/canoni-e-metodi-seduttivi-della-sub-cultura-della-mafia/
(Il titolo redazionale non è mio: infatti non uso "sub-cultura" nell'accezione adottata dal Direttore del sito).
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