IL VALORE RIVOLUZIONARIO DELLA TENEREZZA
Dal 5 al 7 maggio l’associazione “Liberare l’uomo” di Treviso organizza a Marola di Carpineti (Reggio Emilia) un convegno sulla “Tenerezza”. Un tema sdolcinato, o per lo meno per stomaci delicati? Non necessariamente. Che Guevara, che non era esattamente un’aspirante suora di clausura, ha sostenuto con decisione: “Bisogna essere duri senza perdere la tenerezza”.
Ma cosa intendere con questa parola accattivante? Certamente rispetto, attenzione, capacità di ascolto, solidarietà...ma non solo. La tenerezza è di più: è ‘con-passione’ attiva. E’ un moto di identificazione con ciò che l’altro prova, di pesante o di gioioso, per cui in qualche misura ci si “scioglie” nell’altro.
Il contrario della tenerezza è, probabilmente, la violenza. La violenza degli indifferenti condannata da Martin Luther King, innanzitutto: ciò che tu provi – le tue passioni – non mi sfiorano neppure. Ma anche la violenza sadica: la mia passione più intensa è spegnere la tua vitalità, se c’è, e acuire la tua sofferenza, se c’è.
Come un prisma dalle infinite sfaccettature, la violenza ha innumerevoli versioni.
Forse la versione più appariscente è economico-sociale: il capitalismo predatorio che, in nome del profitto, spreme sino all’osso i prestatori d’opera. Non so se sia possibile ed auspicabile una società post-capitalistica, ma sono certo che, intanto, a questo capitalismo attuale bisogna assolutamente tagliare le unghie.
Qualcuno, come Peppe Sini, sostiene da decenni che la violenza capitalistica non è la violenza basica, originaria: la madre di tutte le violenze sarebbe la violenza del sistema mentale e istituzionale del maschilismo patriarcale sulle donne. In effetti nella “catena della violenza” l’operaio umiliato in fabbrica, tornato a casa, può compensare le proprie frustrazioni prima di tutto maltrattando la compagna e i figli, soprattutto se piccoli.
Da qualche anno cerco di verificare se, a un livello ancor più radicale della violenza maschile sulle donne, non vi sia la violenza sistemica dello specismo antropocentrico che vede in tutti gli animali senzienti solo materia prima da cucinare. Non c’è stata mai un’epoca, nella storia dell’umanità, in cui gli esseri umani abbiano costretto altre creature senzienti a nascere in cattività, a crescere in condizioni di perenne sofferenza, a morire in maniera crudelissima. Gli allevamenti sono una sorta di lager nei quali ci assuefacciamo alla ‘spietatezza’ – all’assenza di pietas - cieca e sorda. Forse, allora, la diffusione degli animali da compagnia è più di una moda passeggera: inconsciamente avvertiamo che contemplare due cagnolini che giocano fra loro, o due gattini che riposano abbracciati, costituisce una preziosa occasione di sperimentare un po’ di tenerezza. E di ravvivare quel senso di umanità in noi sempre più flebile.
Augusto Cavadi
· Per l’edizione originaria con apparato iconografico linkare qui:
https://www.zerozeronews.it/il-valore-rivoluzionario-della-tenerezza/
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