CAVADI E LA SPIRITUALITA’ LAICA
“Alto Adige”, 8 maggio 2023
Augusto Cavadi, docente di Palermo e autore di numerosi libri, è conosciuto come “filosofo di strada”, promotore della “consulenza filosofica”, teologo critico, conoscitore del fenomeno mafioso e organizzatore di eventi culturali. Dopo un fine settimana per un Seminario sulla Tenerezza sull’appennino reggiano, sarà in Alto Adige dall’8 al 10 maggio per una serie di incontri.
Nella serata dell'8 maggio alle ore 20 al Centro per la Cultura di Merano, in collaborazione con l'UPAD, presenterà il libro "Quel maledetto 1992", dedicato all'eredità di quegli anni e alle stragi che portarono alla morte dei magistrati antimafia Falcone e Borsellino. Martedì 9 maggio nella mattina incontrerà gli studenti di alcune classi del Liceo Linguistico dell'Istituto Marcelline di Bolzano: in dialogo con loro esplorerà alcuni aspetti fondamentali del fenomeno mafioso a partire dalla figura di Peppino Impastato (proprio in occasione del 45mo anniversario dell'assassinio). Sempre martedì 9 maggio presso la Chiesa della Visitazione di Bolzano, a partire dalle ore 18, Cavadi presenterà il suo libro "O religione o ateismo? La spiritualità «laica» come fondamento comune” (Algra Editore, 2021). A proposito degli argomenti di questo ultimo libro gli abbiamo fatto alcune domande.
Per secoli la maggior parte degli uomini è vissuta all’interno di forme religiose, talvolta mettendo in discussione parti di credenze o riti, ma senza dubitare della verità della religione e della sua necessità. Oggi invece si assiste a un abbandono, specialmente nelle società occidentali, quasi a un ripudio delle religioni. Cosa sta succedendo? È un processo inevitabile e utile? È un “progresso”?
* Se per “religione” intendiamo un sistema istituzionale, dottrinale, liturgico, normativo in cui gli esseri umani cercano la relazione con la dimensione divina dell'universo, essa ha una data di nascita che orientativamente risalirebbe a 12.000 anni fa. Se ciò che affermano molti antropologi è vero, significa che dal 70.000 al 10.000 a. C. l'umanità è vissuta senza “religione”: dunque la fase storica di società senza religioni – che stiamo imparando ad attraversare – non è un fatto inedito. Secondo Marìa Corbì, nel suo fondamentale volume appena tradotto in italiano “Verso una spiritualità laica. Senza credenze,senza religioni, senza divinità”, sostiene che sia un fenomeno inevitabile dal momento che la funzione sociale delle religioni (e, aggiunge egli, delle ideologie politiche) si sarebbe esaurita. Un fatto non inedito e divenuto necessario: anche utile? Se tolgo a un bambino le redinelle, che lo accompagnavano nei primi passi, opero una scelta oculata se il bambino ne approfitta per camminare più liberamente. Non, però, se senza quel sostegno vacilla e piomba a terra. La scommessa della nostra generazione è anche questa: vivere il cedimento delle strutture religiose tradizionali come un'occasione di crescita, di maturazione, di progresso e non, come purtroppo mi pare possibile, di sbandamento esistenziale e collettivo.
Nel libro Lei distingue la “religione” dalla “religiosità”, che sembra avere qualche vantaggio rispetto alla prima.
* Ovviamente queste categorie hanno un carattere molto orientativo, convenzionale. Quello che constato – ma non sono certo l'unico fra gli osservatori di questi aspetti della storia contemporanea – è che persone come Foscolo o Beethoven o Einstein o Jaspers, pur non riconoscendosi in nessuna “confessione” religiosa istituzionale, hanno testimoniato esplicitamente un atteggiamento di ammirazione e di fiducia verso una dimensione, dai tratti divini, più profonda della realtà empirica. Questa apertura/tensione verso l'Oltre e l'Altro, che è anche l'Intimo e il Sé, è ciò che chiamo “religiosità”. E, per una certa ironia della sorte, mi pare di constatare che tale “religiosità” non solo non è un'esclusiva dei circuiti delle “religioni” ufficiali, ma anzi è più presente fuori da essi che dentro.
L’eclisse, forse definitiva, delle religioni può portare dunque all’ateismo, o anche a una specie di totale indifferentismo. Ma – mi pare di capire – anche alla riscoperta di una “religiosità” di tipo panteistico, pre-cristiano, esterno rispetto ai principali monoteismi diffusi sul pianeta. È così?
* Direi di sì. Ma aggiungerei subito dopo che l'alternativa alla fede confessionale vissuta all'interno delle “religioni” non è solo la “religiosità” alla Jung o alla Fromm. Vi sono persone radicalmente estranee a ogni ricerca dell' Onni-abbracciante , a ogni sentimento religioso, ma di vivissimo senso etico, di sensibilità estetica, di spontanea compassione verso le sofferenze dei viventi: esse hanno tutto il diritto, se lo desiderano, di rivendicare una propria “spiritualità”. Come scrive uno di loro, André Comte-Sponville. nel suo “Lo spirito dell'ateismo. Introduzione a una spiritualità senza Dio”, perché, se rinunzio a ogni religione, dovrei rinunciare a ogni spiritualità?
www.augustocavadi.com
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