sabato 29 aprile 2023

ALCUNE TAPPE DEL MIO PROSSIMO GIRO IN EMILIA E ALTO-ADIGE


Come di solito, anche questa volta ho il piacere di comunicare in anticipo alcuni incontri pubblici che avrò nel mio prossimo viaggio in modo da dare la possibilità, a chi lo desideri, di organizzarsi in tempo per parteciparvi.




Da venerdì 5 a domenica 7 maggio sarò al Convegno su "Liberare la tenerezza" a Marola (Reggio Emilia) organizzato dall'associazione "Liberare l'uomo" (www.liberareluomo.it). La mia relazione è prevista alle ore 17.15 di sabato 6 maggio sul tema: "La tenerezza, distintivo del maschio alternativo".




Lunedì 8 maggio ore 20 al Centro per la Cultura di Merano (Bolzano) , in collaborazione con l'UPAD, presenterò il libro Quel maledetto 1992. L'inquietante eredità di Falcone e Borsellino.




Martedì 9 maggio ore 9 - 12, presso il Liceo Linguistico dell'Istituto Marcelline di Bolzano, dialogo su alcuni aspetti fondamentali del fenomeno mafioso a partire dalla figura di Peppino Impastato (proprio in occasione del 45mo anniversario dell'assassinio). 




Sempre martedì 9 maggio, presso la Chiesa della Visitazione di Bolzano, a partire dalle ore 18, presenterò il mio  libro "O religione o ateismo? La spiritualità «laica» come fondamento comune”.

A ben rivederci,
Augusto

www.augustocavadi.com
mattina incontrerà gli studenti di alcune classi del Liceo Linguistico dell'Istituto Marcelline di
Bolzano: in dialogo con loro esplorerà alcuni aspetti fondamentali del fenomeno mafioso a partire
dalla figura di Peppino Impastato (proprio in occasione del 45mo anniversario dell'assassinio).
Sempre martedì 9 maggio presso la Chiesa della Visitazione di Bolzano, a partire dalle ore 18,
Cavadi presenterà il suo libro
"O religione o ateismo? La spiritualità «laica» come fondamento
comune”
( artedì 9 maggio nella

mattina incontrerà gli studenti di alcune classi del Liceo Linguistico dell'Istituto Marcel in dialogo con loro esplorerà alcuni aspetti fondamentali del fenomeno mafioso a partire
dalligura di Peppino Impastato (proprio in occasione del 45mo anniversario dell'assassinio).
Sempre martedì 9 maggio presso la Chiesa della Visitazione di Bolzano, a partire dalle ore 18,
Cavadi presenterà il suo libro
"O religione o ateismo? La spiritualità «laica» come fondamento
comune”
(
Algra Editore, 2021).


martedì 25 aprile 2023

25 APRILE 2023: UN APPELLO DA CITTADINI PREOCCUPATI

IL 25 APRILE SCENDIAMO IN PIAZZA PER LA DIFESA E L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA ANTIFASCISTA

Il 78° anniversario della Liberazione dal nazifascismo si svolge, quest’anno, a sei mesi di distanza dall’insediamento del governo più di destra della storia dell’Italia repubblicana. Il Governo Meloni, pur non rappresentando la maggioranza degli italiani (ma solo il 43% dei votanti e il 26% degli elettori), si è legittimamente insediato alla guida del nostro Paese grazie alla combinazione perversa di due fattori: un fattore istituzionale, rappresentato dall’iniqua quota maggioritaria prevista dalla pessima legge elettorale vigente, e un fattore politico, determinato dalla divisione e dalle ambiguità del cosiddetto “campo progressista” a fronte di una sostanziale unità del “campo reazionario”. 

Tutti i primi atti del Governo Meloni e della maggioranza parlamentare che lo sostiene rivelano - pur tra pasticci e correzioni successive, dovute a dilettantismo, contraddizioni interne alla maggioranza o a veti europei - un disegno di restaurazione autoritaria sul piano socio-economico, istituzionale e culturale, che punta, più o meno esplicitamente, a stravolgere la nostra Costituzione: dalla scelta dei Presidenti di Camera e Senato, ai discorsi programmatici della Presidente del Consiglio e alle continue indifendibili esternazioni dei ministri Valditara, Piantedosi, Lollobrigida e del Presidente La Russa; dal decreto di regolamentazione delle ONG per ostacolarne le attività di salvataggio dei migranti alle mai chiarite responsabilità del drammatico naufragio di Cutro e al successivo decreto che, lungi dal prevenire analoghe tragedie e dal colpire i veri trafficanti, punta a restringere i criteri di assegnazione della protezione speciale; dal decreto anti-rave alla dichiarazione dello stato di emergenza per gli sbarchi; dalla manovra di bilancio al Documento di Economia e Finanza (DEF), che riducono la spesa per la sanità e per l’istruzione.

La Presidente del Consiglio ha ribadito più volte come obiettivo prioritario di questa legislatura una forma di Presidenzialismo plebiscitario, che per sua natura tende a subordinare al potere esecutivo il potere del Parlamento e il potere giudiziario. Non a caso la riforma della giustizia prefigurata dal ministro Carlo Nordio tende a smantellare le garanzie di autonomia e indipendenza della magistratura, per non parlare del grave abbassamento della guardia sul contrasto alla mafia e alla corruzione, conseguente al ridimensionamento delle intercettazioni, al nuovo codice degli appalti, alla disincentivazione dei collaboratori di giustizia e alla cancellazione dei reati commessi dai colletti bianchi, a riprova di un falso “garantismo” utilizzato strumentalmente in difesa delle classi dirigenti. Le norme antimafia, conquistate negli anni a caro prezzo, dopo gli omicidi e le stragi mafiose dei nostri martiri, vanno difese e applicate nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), e qualsiasi riforma della giustizia non deve  intaccare il delicato equilibrio previsto nel titolo IV della Costituzione, che nel complesso garantisce l’autonomia e l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere e lo svolgimento di un “giusto processo”.

D’altra parte la riforma fiscale prefigurata dalla flat tax contraddice il principio costituzionale di progressività del sistema tributario, esasperando le già crescenti disuguaglianze sociali, acuite dall’irragionevole cancellazione del “reddito di cittadinanza” e dagli incentivi all’evasione fiscale (condoni e innalzamento del tetto all’uso del contante); mentre il regionalismo differenziato che chiede maggiori risorse e maggiori poteri per le regioni più ricche e più forti, accentua le disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud del Paese, rompe il modello universalistico e solidaristico del welfare, che secondo il dettato costituzionale dovrebbe garantire “pari dignità sociale” (sanità, istruzione, lavoro, sicurezza sociale) per tutti i cittadini. 

Inoltre le suddette politiche sull’immigrazione stravolgono anche i diritti umani fondamentali, quindi non solo dei cittadini italiani ma anche degli stranieri e dei migranti, per i quali la Costituzione prevede “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, oltre che il rispetto delle norme e dei trattati internazionali. A completare il quadro, il progetto meloniano di un  “europeismo conservatore”, condizionato, per un verso, dal sovranismo nazionalista  condiviso con i suoi alleati del Gruppo di Visegrad (il sostegno italiano all’Ungheria che discrimina le persone Lgbtq ne è un indicatore), e, per l’altro, dalla totale subordinazione al Patto Atlantico e agli USA, contraddice lo spirito della Costituzione, che “ripudia la guerra …” e “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” (cioè tipo l’ONU e l’UE, ma non tipo la NATO). Ma sul punto, per la verità, non si può non rilevare che il problema della dubbia compatibilità con l’art. 11 della Costituzione della partecipazione dell’Italia agli “interventi armati a fini umanitari” (Kosovo, 1999), alle guerre di difesa “globale” (Afghanistan, 2001) o “preventiva” (Irak, 2004), ed oggi all’invio di armi all’Ucraina (che si difende legittimamente dall’aggressione russa), non riguarda certamente solo l’attuale governo di destra, ma anche quelli di diverso colore politico che l’hanno preceduto. 

Questo disegno complessivo di stravolgimento della Costituzione mette in pericolo la nostra democrazia. Il rischio non ci pare quello di un ritorno al fascismo storico, anche se Giorgia Meloni ed altri esponenti di spicco di Fratelli d’Italia - partito che rivendica l’eredità del MSI - non sembrano aver fatto, fino in fondo, i conti con la storia di quel partito e con i suoi intrecci col neofascismo eversivo, che ha indiscutibilmente svolto un ruolo importante in quel magma di servizi deviati italiani e stranieri, massoneria, mafie e referenti istituzionali e politici che ha dato vita alla “strategia della tensione” che ha insanguinato l’Italia, con il precedente di Portella della Ginestra nel 1947,  da Piazza Fontana fino alle stragi del ’92-’93. Ma il rischio concreto che corriamo oggi è quello di una trasformazione strisciante del nostro sistema democratico in senso autoritario, in una “democratura” simile a quella polacca o ungherese. Come ha scritto il costituzionalista Gaetano Azzariti, “la destra al potere dà seguito alla sua storia e l’accoppiata elezione diretta del Presidente della Repubblica (obiettivo perseguito sin dal tempo del MSI) e autonomia differenziata (versione temperata delle tendenze secessioniste della originaria Lega bossiana) rappresenta il naturale e decisivo traguardo”.  

Per queste ragioni riteniamo che le forze democratiche e progressiste, già da tempo divise e in crisi identitaria, debbano convergere nella battaglia di opposizione a questo disegno. L’elezione diretta di un uomo o di una donna solo/a al comando, sia nella versione presidenzialista (USA) che in quella semipresidenzialista (Francia), ha già dimostrato la sua fragilità democratica di fronte alle tendenze populiste e nazionaliste del “trumpismo” o del “lepenismo”. Così come l’idea che l’obiettivo della governabilità e della stabilità dei governi possa essere raggiunto, secondo i sistemi elettorali maggioritari, a scapito della rappresentatività dei parlamenti, si è già rivelata fallimentare non solo nell’ormai lunga transizione italiana, successiva alla crisi della “prima repubblica”, ma persino nel consolidato “modello Westminster” britannico. Se a queste considerazioni di merito, aggiungiamo il fatto che il governo Meloni vorrebbe fare dei cambiamenti così importanti della Costituzione, quali la forma di governo e la forma di Stato, in un parlamento così poco rappresentativo, magari con l’appoggio di qualche pezzo dell’opposizione (la proposta del Sindaco d’Italia di Azione-Italia Viva già lo prefigura), per tentare di raccattare la maggioranza dei due terzi ed evitare il ricorso al referendum popolare, l’allarme non dovrebbe essere sottovalutato da nessun sincero democratico. 

Ma è importante sottolineare che non si tratta di una battaglia puramente difensiva. Nello scorso settembre, durante la campagna elettorale, nella “Lettera aperta ai delusi dalla politica della sinistra” si auspicava che “le forze progressiste, nonostante le attuali divisioni, dovranno combattere una battaglia comune non solo per la difesa della Costituzione ma per una sua piena attuazione, per lo sviluppo di una democrazia progressiva che rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale consenta la realizzazione di un’effettiva uguaglianza dei cittadini”.

Anche noi riteniamo, come ha detto Liliana Segre nel discorso del 13 ottobre al Senato, che “la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma … se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice”. E condividiamo l’appello rivolto dopo la sconfitta elettorale a tutte le forze di sinistra e di progresso, da un gruppo di elettrici ed elettori di differenti culture, storie politiche e civili (tra cui Rosy Bindi, Vannino Chiti, Domenico De Masi, Gad Lerner, Tommaso Montanari, Giulia Rodano, ecc.) per proporre di “assumere quale comune stella polare, ideale e programmatica, l’ancoraggio ai valori della Costituzione, la dignità del lavoro, la giustizia sociale e ambientale, la pace e il disarmo, la lotta contro le disuguaglianze, la cittadinanza dei ‘nuovi italiani’. Convinti come siamo che astensione ed esito del voto sono frutto di un divario profondo tra la vivacità del paese e la sua traduzione nella politica organizzata, consideriamo urgente fornire un solido riferimento politico alle istanze serie e radicali di cambiamento che vengono espresse da tante realtà civiche e sociali, in particolare delle donne e dei giovani”. 

Per tutte queste ragioni, da semplici cittadini, il 25 aprile manifesteremo a Palermo con l’ANPI, l’ARCI e la CGIL per la difesa e l’attuazione della nostra Costituzione nata dalla resistenza antifascista. E, in particolare, rivolgiamo un appello a tutti coloro che condividono lo spirito e i contenuti di questo documento, perché, all’indomani del 25 aprile, contribuiscano alla realizzazione di momenti di confronto e convergenza tra tutte le espressioni dell’associazionismo e del volontariato laico e religioso, che già operano nel territorio palermitano, per realizzare concretamente i valori della Carta. Crediamo, infatti, che questa battaglia non potrà svolgersi soltanto nelle istituzioni, ma dovrà essere sostenuta da una partecipazione dal basso, dal conflitto sociale indispensabile a mantenere e sviluppare quel modello di democrazia progressiva configurato dalla nostra Costituzione, per farla vivere nei territori, partendo dalle “esperienze esemplari”, dalle “buone pratiche” già esistenti per diffonderle e generalizzarle ovunque sia possibile. 

Giovanni Abbagnato     

Leo Alagna             

Riccardo Alessandro 

Marina Allotta          

 Mario Azzolini    

Tommaso Baris    

Giovanni Bellia      

Augusto Cavadi         

Beppe Cipolla        

Gaetano Cipolla

Maria Adele Cipolla 

Enrico Colajanni          

Mari D’Agostino   

Raffaella De Pasquale 

Alessandra Dino  

Vincenzo Gervasi     

Filippo Grippi      

Antonella Leto            

Jesse Marsh            

 Ernesto Melluso 

Giancarlo Minaldi 

Francesco Petruzzella 

Antonio Riolo          

Claudio Riolo           

Rosana Rizzo              

Pippo Russo           

Gaetano Sabatino 

Alessandra Sciurba 

Bonaventura Zizz


 

 

lunedì 17 aprile 2023

CON CHI "PARLI PARLI", LA SICILIA E' UN ENIGMA (ANCHE LINGUISTICO)


CON CHI "PARLI PARLI", LA SICILIA E' UN ENIGMA (ANCHE LINGUISTICO)


 Il turista in giro per la Sicilia può ascoltare delle frasi apparentemente incomprensibili: infatti in ciascuna di esse si ritrova una parola del vocabolario italiano, ma raddoppiata, sì che la coppia dei due termini acquista un significato altro, nuovo, inedito. Se uno, ad esempio, sostiene di essersela vista “pietre pietre”, intende dire che se l’è scampata bella, mentre se ha trascorso la mattinata “uffici uffici” esprime l’avvilimento per un lungo peregrinare burocratico. Se invita a camminare “muro muro”, consiglia di ripararsi sotto le grondaie durante un acquazzone; se a starsene “zitto zitto” durante una riunione, a non compromettersi con una posizione pubblica.  Se è infastidito dalla presenza della suocera, si lamenta di averla sempre “casa casa” o, addirittura, “piedi piedi”; mentre, se vuole sfuggire ai creditori, raccomanderà a moglie e figli di non aprire a chi “bussa bussa” e comunque di dichiarare che egli sia uscito  “giusto giusto” pochi minuti prima. Ossia: “ora ora”. Anche se un creditore si facesse vivo di “notte e notte” !

 Di un politico disistimato affermerà che chi lo “vede vede” si accorge della sua inettitudine e che non si capisce come sia stato eletto dal momento che, con chi si “parla parla”, nessuno ammette di aver votato per lui. 

Queste osservazioni non sono farina del mio sacco. Le devo a un acuto collega, esperto filologo, Mario Pintacuda: al quale, “solo solo” per questo,  va la mia gratitudine. 

 

Augusto Cavadi

“Il Gattopardo”

(Edizione Sicilia)

Febbraio 2023

venerdì 14 aprile 2023

CI VEDIAMO A SAN BIAGIO PLATANI (AGRIGENTO) PER RIFLETTERE SUI PREGIUDIZI VERSO LA NONVIOLENZA ?


 "LA NONVIOLENZA OLTRE I PREGIUDIZI" TRA GLI ARCHI DI PANE DI SAN BIAGIO PLATANI (AGRIGENTO)

Nell'ambito dell'incontro regionale "Servas" - Sicilia, sabato 15 aprile 2023, alle ore 15.30 conversazione con Augusto Cavadi e Adriana Saieva (del Centro palermitano del "Movimento Nonviolento") sul tema "La nonviolenza oltre i pregiudizi" .
La conversazione, aperta a chiunque sia interessato/a, si svolgerà nei locali del Bio Agriturismo "Serra Pernice", Contrada Capraria, 2, a San Biagio Platani (Agrigento).

martedì 4 aprile 2023

UNA SPIRITUALITA' OLTRE (LA LETTURA LETTERALISTA DEI) MITI

 

 (Matthew Fox)

“Viottoli”

2022, 2

 

UNA SPIRITUALITA’ OLTRE IL MITO

 

L'epoca delle religioni è tramontata definitivamente ? In Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana(2016) vari autori, coordinati da Claudia Fanti e Ferdinando Sudati, hanno argomentato la loro risposta quasi del tutto affermativa (almeno per quanto riguarda l'Occidente e i Paesi che ne sono stati influenzati culturalmente) inaugurando una Collana, dei Gabrielli Editori, intitolata appunto “Oltre le religioni” . Soprattutto in un'opera successiva, Il cosmo come rivelazione. Una nuova storia sacra per l'umanità (2018), a cura di Claudia Fanti e José Maria Vigil, non ci si è limitati alla pars destruens e i co-autori hanno provato a tratteggiare degli scenari post-religionali e post-teistici attingendo alle suggestioni della fisica e della cosmologia contemporanee. Poiché a mettere in crisi i paradigmi culturali e istituzionali non sono soltanto le scienze fisiche, ma anche – almeno altrettanto – le scienze antropologiche (in particolare le neuroscienze e la cibernetica), gli stessi curatori hanno dato alle stampe un terzo volume della medesima Collana editoriale: Una spiritualità oltre il mito. Dal frutto proibito alla rivoluzione della conoscenza (2019).

I termini della questione sono ben evidenziati da Y. N. Harari nel suo Sapiens. Da animali a dei (Bompiani, Milano 2017):

 

 “la prossima fase storica comprenderà non solo trasformazioni tecnologiche e organizzative, ma anche trasformazioni fondamentali nella coscienza e nell'identità umane. E queste potrebbero essere così radicali da mettere in questione lo stesso concetto di «umanità»” . “Se è vero che sta per calare il sipario sulla storia di Homo sapiens, noi che apparteniamo a una delle sue generazioni finali dovremmo dedicare un po' di tempo a rispondere a un'ultima domanda: che cosa vogliamo diventare?” (p. 294, qui citato a p. 39).

 

Non è facile esagerare la gratitudine che dovremmo nutrire verso quanti, approfondendo e divulgando tali tematiche cruciali,  ci strappano alla banalità delle baruffe da cortile tra partiti e partitini per ricordarci la gravità di simili interrogativi, da cui – per riprendere un'altra citazione da Harari - “non sono spaventati” solo coloro che “non ci hanno riflettuto abbastanza” (p. 295, qui citato a p. 39). 

In realtà, siamo davanti a un bivio: o proseguire per la strada dell'era “tecnozoica” (Thomas Berry),  “della tecnoscienza al servizio del capitale, in un processo inarrestabile di biocidio e geocidio”, o virare verso l'orizzonte di un'era “ecozoica” (ancora Berry) in cui abbracceremo finalmente un'altra visione – biocentrica, cosmocentrica - , in comunione con la comunità di vita di cui siamo parte” (C. Fanti,p. 41). La scelta non è più una questione di “fede”: come recita il titolo del contributo di J. M. Vigil, Non si tratta più di “credere” ma di Attualizzare l'epistemologia (p. 47). In termini elementari: 

 

“Nella nostra epoca, pretendere che una persona colta e critica accetti un'interpretazione globale della Realtà e un significato per la propria vita sulla base di alcuni miti ancestrali, per quanto geniali fossero all'epoca, contravviene decisamente alle esigenze minime di dignità, intelligenza e onestà intellettuale in grandi settori dell'umanità colta. Molte di queste centinaia di milioni di persone che hanno abbandonato la religione, o addirittura realizzato un atto di apostasia, lo hanno fatto come un grido di dignità e di onestà, o come una richiesta di soccorso per non soffocare esistenzialmente. Con tutto il diritto. E con tutta la ragione epistemologica” (p. 63). 

 

Pur con la comprensione e il rispetto verso chi decide di gettare a mare l'intero “pacchetto” delle religioni storiche, è lecito ipotizzare un'operazione diversa, consistente in una sorta di estrazione dal guscio inaridito della “religione” il succo ancora tonico della “spiritualità”:

 

“La spiritualità è per definizione l'essenza della religione, nel senso che, al di là degli aspetti sociologici della religione stessa, dei suoi edifici e delle sue gerarchie, dei suoi codici canonici e delle sue liste di cose permesse e cose proibite, c'è pur sempre al centro di essa la ricerca di qualcosa di reale e significativo, qualcosa che dia senso alla vita. La spiritualità non è altro che la ricerca di questo 'qualcosa', che spesso chiamiamo 'spirito'. Si tratta di vivere a partire dal profondo di noi stessi e non dalla superficie delle cose, a partire dal proprio vero Sé e non dal proprio 'personaggio' (ovvero dalla 'persona interiore' invece che dalla 'persona esteriore') (M. Fox, p. 192). 

 

In questo contesto storico-culturale, nel quale non si sperimenta nulla di nuovo se non ci si spoglia delle vecchie e oppressive corazze, è comprensibile, anche se non giustificabile, che molti “reagiscano con tanto timore, addirittura con panico, e con intolleranza e atteggiamenti di condanna”; ma è incoraggiante constatare altresì che

 

“sono già molte le persone che, con l'ausilio della prospettiva laica della scienza, sono giunte a percepire che la realtà, compresa quella religiosa, come ogni cosa in questo cosmo che conosciamo, è evolutiva, viva, in movimento perpetuo, e a rendersi conto che anche l'umanità è attualmente immersa in una profonda trasformazione, in un nuovo «tempo assiale». Persone che sfruttano con gioia il privilegio di vivere in un tempo così stimolante, cogliendo l'occasione di collaborare con la sua ricerca e la sua creatività, orgogliose del coraggio che hanno avuto di liberarsi epistemologicamente e di uscire dalla gabbia per passare a guardare tutto da una prospettiva superiore” (J.M. Vigil, p. 65). 

 

E' all'interno di questo scenario che la “spiritualità”, finalmente slegata dall'identificazione con la “religione”, può trovare una nuova interpretazione:

 

“Quando ci concediamo il tempo di meditare, potenziando la nostra consapevolezza della grande rete cosmica e terrestre di cui siamo parte, quando ci consentiamo di ascoltare la saggezza dei nostri stessi corpi e la voce istintiva che ci parla dai nostri geni, possiamo entrare in contatto con energie primordiali tali da condurci a una trasformazione personale e collettiva.

La pratica spirituale, allora, non sarebbe la contemplazione di mondi eterei distanti dalle realtà terrene: sarebbe, piuttosto, l'ingresso in una profonda comunione con la dimensione corporea, pre-cosciente, pre-umana del nostro stesso essere, la quale costituisce un'espressione specifica e concreta della totalità sacra che è l'Universo.

In quest'epoca di pericoli senza precedenti, in cui l'antropocentrismo di un'umanità che ha acquisito immensi poteri tecnologici rischia di provocare la nostra estinzione come specie, la costruzione di una nuova forma di relazionarci con il pianeta e i suoi abitanti non-umani è diventata urgente e imprescindibile” (D. Molineaux, pp. 96 – 97). 

 

Il rinnovamento della vita spirituale sarebbe monco – o addirittura falso – se non fosse pensato e vissuto come motore di un cambiamento socio-politico. Mary Judith Ress attira l'attenzione su una di queste possibili piste: l'eco-femminismo. Riallanciandosi a proposte ed esperienze varie, traccia tre passaggi di un cammino effettivo verso l'epoca “ecozoica”:

 

“Il primo è la creazione di terapie, spiritualità personali e liturgie comunitarie attraverso cui nutrire e simboleggiare una nuova coscienza biofilica.

Il secondo è il ricorso alle istituzioni locali su cui esercitiamo un certo controllo – scuole, chiese, attività commerciali gestite localmente – come progetti pilota per una vita ecologica.

Il terzo è la costruzione di reti di organizzazioni che, a livello regionale, nazionale e internazionale, assumano l'impegno di cambiare le strutture di potere legate all'attuale sistema di morte” (pp. 115 – 116).

 

Come si intuisce da queste brevi citazioni, la spiritualità che si prevede – o per lo meno si auspica – in queste nuove prospettive teologico-filosofiche è insofferente di barriere limitanti e, ancor di più, di contrapposizioni polemiche. Lo ribadisce, insieme a tutti gli altri co-autori e a tutte le altre co-autrici del volume, anche l'ex-gesuita - animatore della comunità di base aragonese di Almofuentes – S. Villamajor Lloro:

 

“ Né la religione di un altro mondo, né una laicità insignificante. E' il momento di modellare lentamente e rispettosamente la nuova umanità, a partire dall'amicizia civica e dal desiderio di sapere, dall'amore incondizionato che comincia dai più deboli, dall'apertura a ciò che ci sorpassa. E di costruire così una nuova ragione (razón) e un nuovo cuore (corazón). Un nascente co-razón che ci orienti tutti nella diversità” (p. 187).

 

In tutto questo processo di radicale rinnovamento, c'è qualcosa del cristianesimo che resterebbe valido e proficuo? Come risponde, in pagine acute e anche letterariamente sapide, don Sudati, dopo l'ormai improcrastinabile de-mitizzazione (avviata nel XX secolo da Rudolf Bultmann), resterebbe un “quasi niente” che è, però, un “quasi tutto” da cui ripartire: il “cuore dell'insegnamento di Gesù” riassunto nelle beatitudini seguite, nel vangelo secondo Luca, da altrettanti “guai a voi”. Il “poco” che rimane è il “molto” e il “tutto” perché è “l'essenziale” (condivisibile da “tante comunità e singole persone che si riconoscono in questa base umanitaria e sono capaci di benevolenza e altruismo, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose o dall'assenza di esse”)   (F. Sudati, pp. 136- 137).

 

Come tutti i testi interessanti, anche questi raccolti amorevolmente dalla Fanti e da Vigil pongono interrogativi. Ne evidenzio solo tre.

Il primo riguarda proprio una formula nel titolo: “oltre il mito”. Si sa che nei titoli bisogna essere sintetici e incisivi, ma ciò comporta rischi di fraintendimento. La nuova spiritualità vuole andare davvero “oltre i miti” o non piuttosto oltre l'interpretazione letterale – dunque erronea, fuori registro, inappropriata – dei miti? Può esistere una spiritualità senza miti e, nell'ipotesi improbabile che lo possa, è anche augurabile che ci riesca? La risposta si trova nell'ultimo – e non certo meno prestigioso – contributo della raccolta, là dove Fox scrive:

 

“L'assenza di miti significherebbe l'assenza di musica, di arte, di cinema, di riti. Vivere senza miti? Ma scherziamo ? Buona fortuna davvero! I miti giocano un ruolo indispensabile nella vita dell'individuo e della comunità, sono una parte ineliminabile della nostra umanità. [] Nell'epoca postmoderna non è sufficiente demitologizzare o decostruire, abbiamo anche bisogno di rimitologizzare e ricostruire” (p. 197). 

 

La distinzione di statuto epistemologico fra i discorsi scientifici e i discorsi meta-scientifici (includo qui, senza ulteriori distinzioni interne, la filosofia e la poesia) non sempre viene rispettata. Quando, ad esempio, un autore solitamente attento come M. J. Vigil afferma che “non abbiamo bisogno di credere (né è più possibile farlo) in una creazione nata da alcuni ordini (fiat lux) o dall'alito insufflato in un fantoccio di fango”, dal momento che “ciò che in tempi antichi immaginavamo miticamente come «creazione attraverso la parola» da parte di un Ente preesistente è stato invece  un processo cosmico evolutivo di milioni di anni” (p. 56), non dà l'impressione di un confronto fra due teorie dello stesso genere, di un'alternativa (“invece” !) sullo stesso piano? E' quanto chiarisce, a mio parere molto bene, Santiago Villamayor: “il «Big Bang» e la creazione sono riferimenti che si pongono a livelli epistemologici distinti. Parlando del primo, ci collochiamo a un livello empirico, parlando del secondo ci poniamo a un livello simbolico. E così avviene con molti altri miti” (p. 174). Le scienze naturali e umane compiano, più a fondo che possano, il proprio preziosissimo e insostituibile compito di raccontare il “come” dell'universo, ma senza illudersi e illudere di risolvere la domanda sul “perché”. Per esprimerci con Javier Montserrat (citato da Villamayor nella medesima pagina) l'universo moderno e contemporaneo resta “un universo enigmatico che ci pone nell'incertezza metafisica di non sapere se il suo fondamento ultimo è Dio o un puro mondo senza Dio”. 

Se dalla “incertezza metafisica” si possa mai evadere, o se vi siamo condannati in eterno, è – appunto – una questione che rientra in quella disciplina denominata “metafisica”: una questione cioè di competenza dei filosofi che si occupano di filosofia della religione, di ontologia e di teologia 'filosofica' (o 'razionale' o 'naturale'). E questa considerazione mi suggerisce un terzo e ultimo interrogativo: come mai in questo volume, come per altro nei tre precedenti della medesima Collana editoriale, non c'è quasi nessuna traccia dei pensatori occidentali come Hegel e soprattutto Schelling che hanno, da secoli, prospettato e argomentato teorie onto-teologiche estremamente simili alle  teorie condivise dai nostri co-autori? E' solo una questione di formazione biografica o ci sono delle motivazioni più profonde (e dunque più interessanti da esaminare) che restano, però, nel non-detto?

 

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com