SMASCHERARE LA MASCHILITA' TOSSICA
Tra maschi capita d'incontrarsi per una partita a calcetto o per una pizza tra ex-compagni di liceo. Di solito si parla un po' di sport, un po' di donne e un po' di lavoro (se c'è o se lo si cerca ancora). A molti basta, ad alcuni no. Per esempio a un gruppetto di 6 o 7 amici milanesi, che s'incontravano agli inizi degli anni Novanta a cena in qualche locale o a casa di qualcuno di loro, questa modalità di stare insieme ha finito col risultare insoddisfacente. Così hanno deciso di darsi un appuntamento mensile stabile in cui poter intrecciare il cazzeggio con il racconto serio delle cose belle e brutte che accadono nelle vite normali e, non senza auto-ironia, si sono chiamati gruppo GNAM: che sta per mangiare in allegria, ma è anche l'acronimo di Gruppo Nonviolento di Autocoscienza Maschile.
Dopo più di trent'anni questa piccola compagine ha avvertito il desiderio di mettere per iscritto la sua esperienza nell'agile, interessante, libretto Maschilità smascherata. L'esperienza del gruppo GNAM, a cura di M. Forlani, Prospero Editore, Novate Milanese 2022, in cui hanno modo di esplicitare dettagliatamente le cinque scoperte più significative realizzate lungo il percorso:
“1. Un senso di libertà e di liberazione. Poter parlare liberamente di sé, dei propri stati d'animo, delle proprie emozioni, di quello che di solito si fa fatica a condividere con gli altri e specialmente con altri uomini.
2. Sfogarsi e affrontare quello che non va; disporre di uno spazio dove poter condividere le proprie fragilità e alcuni particolari momenti di crisi e di difficoltà, senza timore di essere giudicati.
3. Creare uno spazio di ascolto e di solidarietà: sapere che non c'è solo un amico, ma addirittura un gruppo che è pronto all'ascolto e se chiedi aiuto c'è sicuramente.
4. Maggiore consapevolezza di sé e del proprio modo di vivere le relazioni e le emozioni (in particolare nei confronti delle donne, ma non solo).
5. Potersi confrontare su temi legati alla maschilità (stereotipi maschili, modelli tradizionali, maschilismo, violenza contro le donne ecc.) in un'ottica di rielaborazione critica e di ricerca di possibili vie d'uscita dai modelli di maschilità tradizionale” (pp. 43 – 44).
Via via il piccolo gruppetto di Milano viene ad apprendere che altri maschi, in altre città italiane, hanno avvertito esigenze simili e hanno avviato esperienze analoghe: Pinerolo, Torino, Roma, Lucca, Bari, Verona, Palermo...Molti di questi circoli, su iniziativa di Stefano Ciccone (che firma la Prefazione a questo libro), si coordinano in un movimento nazionale, luogo di scambio e di sostegno reciproco: “Maschile plurale” (www.maschileplurale.it). Perché “plurale”? Il presupposto è che, tradizionalmente, almeno in Occidente, ci sia stato un modo solo, unico, 'singolo' di essere maschio: “il vero uomo è quello che controlla le sue emozioni e non si lascia travolgere da esse; il maschio sviluppa questo controllo grazie alla propria razionalità che lo rende capace di analizzare i problemi, formulare ipotesi sulle cause, definire strategie o soluzioni per risolverli. Va dritto al punto e cerca di risolvere il problema o per lo meno cerca di gestirlo, non sta a farsi inutili menate o a perdersi nel tunnel dell'emotività, ma decide e passa all'azione” (p. 45). Ebbene, chi si riconosce nella filosofia di “Maschile plurale” ritiene giusto dare a sé stessi prima di tutto, e poi agli altri maschi soprattutto delle nuove generazioni, la possibilità di optare fra vari, 'plurali', modelli: il maschilista-patriarcale anaffettivo, se lo si vuole ereditare; ma anche altri modelli più aperti ai sentimenti, più disposti a riconoscere le proprie fragilità, più capaci di vedere le cose dal punto di vista delle altre persone (in particolare se di genere femminile), più inclini a prendersi cura dei piccoli, dei sofferenti, degli altri esseri viventi; più propensi a gestire i conflitti inevitabili con atteggiamento nonviolento...
A proposito di quest'ultimo aspetto gli autori di Maschilità smascherata fanno notare che non si tratta di rinunziare alle lotte sociali con mobilitazioni collettive, quanto di affrontarle con nuove modalità non più legate “alla retorica dello scontro militarizzato contro la polizia, nelle quali si riproduceva il modello del maschio virile e guerriero” (p. 147): “gli uomini che partecipano ai movimenti hanno quindi la possibilità di partecipare all'azione conflittuale mettendo in gioco altri elementi come la creatività, la capacità di comunicare, la capacità di lavorare in gruppo con modalità cooperative” (p. 146).
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