(Foto di una composizione in metallo di Adriana Saieva)
“Il Gattopardo”
Dicembre 2022
LA ‘SANTA’ INQUISIZIONE E LE SUE VITTIME
Tra i molti luoghi intriganti che un turista può visitare a Palermo vanno annoverate le carceri dell'Inquisizione a palazzo Steri (sede attuale del 'governo' di un'istituzione un po' meno chiacchierata: l'Università degli Studi). Come notano gli storici, se il Sant'Uffizio romano non scherzava, ancor più efferatamente agiva l'Inquisizione spagnola nelle sedi di Madrid e di Palermo. E i documenti sopravvissuti al rogo liberatorio, voluto dal viceré 'illuminato' Domenico Caracciolo, ci parlano non solo di giudici e accusati, ma della società siciliana dal XVI al XVIII secolo.
Tra le considerazioni che emergono dalla lettura di quei testi è che, tra i condannati al rogo per eresia, vi erano intelligenze evolute che anticipavano, genialmente, tesi teologiche che nel XX e nel XXI secolo sarebbero state recepite dalla Chiesa cattolica come ovvie. Il frate eremitano David Chenic (sassone, ma residente nell'Isola) veniva condannato perché sosteneva che un buon cattolico dovesse pregare per i defunti non solo della propria religione, ma anche del popolo ebreo e di altre confessioni. Stessa sorte per il prete don Corrado De Ribera, reo di sostenere – esattamente come farà il Concilio ecumenico Vaticano II nel 1965 – che tutte le religioni possono condurre alla salvezza eterna. Come nota Maria Sofia Messana, nel suo Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna (1500- 1782), riedito da Sellerio, “la composizione multirazziale della società siciliana, la vicinanza con le culture del Nord-Africa e del vicino Oriente, l'esistenza di una legislazione laica ed ecclesiastica di relativa tutela per i fedeli di religioni diverse rendono la Sicilia una terra in cui la comprensione per le altre culture forse ha più ragioni che altrove” (p. 167).
Allora ci pensarono papi e inquisitori a soffocare queste tendenze alla tolleranza e all'ospitalità. Oggi sono altre le organizzazioni politiche e culturali che si assumono lo stesso compito educativo criminogeno.
Augusto Cavadi
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