Aggiungo adesso alcuni brani della Prefazione a firma di Gianfranco Cortinovis e mia:
Un uomo, un filologo, un prete, giunto al tramonto dell’esistenza, esprime con la massima chiarezza desiderabile le conclusioni cui è pervenuto in decenni di studio e di preghiera: il cristianesimo, come storicamente si è configurato nei primi venti secoli, è ormai incompatibile con gli orizzonti intellettuali della Modernità. Esso è una conchiglia segnata dal tempo, appesantita da concrezioni calcaree e quasi seppellita da alghe. Tuttavia, come tutte le conchiglie, cela in sé una perla che merita di essere scoperta, liberata dalle superfetazioni secolari, rivalorizzata. E ciò non tanto per ‘salvare’ il cristianesimo, come si può desiderare di salvare un interessante reperto archeologico; ma anche, e soprattutto, per offrire alla Modernità quel “supplemento d’anima” che la sapienza cristiana (come tante altre sapienze del pianeta) può offrire a un’umanità assetata di senso, di giustizia e di pace.
Quali - fuor di metafora - la perla preziosa e il rivestimento calcareo che, per due millenni, l’ha custodita ma anche celata? L’intuizione del predicatore errante Gesù di Nazareth che – quasi cuore dell’immenso universo vibrante di vita – pulsa un Principio creativo di cui ciascuno/a di noi, come ogni altro frammento esistente, è manifestazione. Vivere in pienezza significa abbandonarsi a questa Corrente generosa, Senza-nome, e farsene, proprio come il Maestro palestinese, in parole e azioni, immagine e dono per tutti gli esseri senzienti.
La corazza in cui la testimonianza esistenziale di Gesù di Nazareth è stata incapsulata è, a ben vedere, duplice. Essa è stata veicolata, infatti, sia – sin dall’origine, dunque in Gesù stesso – da una concezione teologica storicamente e geograficamente condizionata: l’idea biblica, propria di alcuni filoni del Primo Testamento, di un Dio che vigila come Madre amorevole, ma anche Signore implacabile, sulle sorti dell’umanità, pronto a intervenire direttamente come un Pastore che conduce all’ovile prestabilito il suo gregge, talora riluttante e talora sfuggente. Poiché le venature antropomorfiche di questa rappresentazione del divino sono innegabili, vi sono attualmente dei pensatori che (riprendendo per altro istanze ricorrenti nella storia del cristianesimo, soprattutto nelle tradizioni mistiche) la catalogano come “teismo” e, in quanto tale, ne constatano/auspicano il superamento. Lenaers si riconosce, in buona misura, in questo filone di ricerca “post-teistico”. Come scriverà, poco dopo questa conferenza, nel contributo all’opera collettiva Oltre le religioni, curata in italiano da Claudia Fanti e don Ferdinando Sudati,
la religione è un’espressione collettiva di una cosmovisione che vede tutte le cose come dipendenti da poteri come quelli umani ma radicati in un mondo invisibile. Questi poteri, come quelli umani, possono essere terribili, ma occasionalmente anche amabili; possono intromettersi nei nostri affari e noi possiamo entrare in contatto con essi attraverso la preghiera e l’offerta di doni. Tale cosmovisione viene definita “teismo”, il quale può essere politeismo quando si crede che queste potenti divinità siano molteplici o monoteismo quando tale molteplicità si fonde in una unità. Così è stato da quando i nostri predecessori, i primati, mossi dal misterioso impulso all’evoluzione, hanno oltrepassato la soglia dell’umanità, probabilmente un milione di anni fa. Il che significa che la cosmovisione ha goduto di un tempo più che sufficiente per penetrare profondamente nella psiche umana, al punto da diventare quasi indelebile.
Poiché il “teismo” – così delineato - è nella Modernità in crisi irreversibile, se il cristianesimo non vuole lasciarsi travolgere da questa catastrofe ha una sola uscita di sicurezza: “dovrebbe smettere di essere teistico”.
Il nucleo originario del vangelo è stato incistato non solo in una prospettiva ‘teistica’ ma anche, e più clamorosamente, in una strutturazione ‘religiosa’. Come ormai è accertato, alcuni decenni dopo la crocifissione di Gesù - almeno da Paolo di Tarso in poi – sulla memoria del Maestro hanno fatto perno delle esperienze comunitarie che, adattando usi liturgici e norme etiche ebraiche, si sono configurate come istituzioni ‘religiose’. E’ dunque nata una nuova religione: il cristianesimo. Ma, proprio se rimane tale, esso non può sottrarsi alla sorte cui – secondo non pochi osservatori – stanno per essere destinate tutte le grandi religioni storiche: il loro tramonto definitivo. Anche su questo fenomeno ci si interroga sempre più appassionatamente, al punto che si va costituendo un movimento di pensiero che si auto-definisce “post-religionale” (intrecciato con il “post-teismo”) al quale Lenaers non ha rifiutato il suo contributo intellettuale. Come leggiamo in questo stesso volumetto,
la religione cristiana – in particolare mi concentro sulla chiesa cattolica - dovrà segnatamente cessare, allora, di venerare un Dio nell’alto dei cieli, d’implorare il suo aiuto, di obbedire alle leggi che secondo i preti vengono da Lui; altrimenti detto, dovrà cessare di essere una religione.
Ovviamente l’alleggerimento da questo duplice carapace – “teismo” e “religione” - non avrebbe senso se restasse un movimento solo negativo e non rendesse possibile la riscoperta dell’essenziale:
l’unica prospettiva che può salvare il cristianesimo nella Modernità è fare come il granchio: uscire dalla sua corazza religiosa, morire come religione e rinascere come fede.
Sull’autore
Prima di lasciare al lettore il piacere di addentrarsi in queste nitide, penetranti, pagine, non vogliamo privarlo di alcuni brevi lineamenti biografici dell’autore. Il quale è nato a Ostenda (nella zona fiamminga del Belgio) nel 1925 ed è morto novantaseienne, dopo una lunga vita in giro per l’Europa, a Heverlee (sobborgo della città di Lovanio) nel 2021. L’infanzia è stata segnata da una tragedia familiare: quando Roger era un bimbo di appena 8 anni, il padre pescatore e il fratellino di pochi anni in più, furono travolti da una tempesta in mare e vi perirono. A 17 anni è entrato nell’Ordine dei Gesuiti; ha studiato filologia classica, filosofia e teologia ed è stato – soprattutto – un insegnante di greco e latino nelle scuole medie superiori. Appassionato di didattica delle lingue classiche ha firmato circa 30 testi, destinati ad essere adottati per gli studenti, tutti provvisti di guida per gli insegnanti. Quando gli è stato chiesto, non si è sottratto all’insegnamento della cultura religiosa nelle scuole né alla formazione di aspiranti insegnanti della medesima disciplina. Ha anche tenuto corsi di etica nella Facoltà di Medicina dell’Università di Lovanio.
A settant’anni – concluso l’insegnamento – ha chiesto e ottenuto di svolgere ministero pastorale in due piccoli centri del Tirolo austriaco, Vordernhornbach e Hinterhornbach, dove è rimasto sino al 2016. L’anziano parroco è stato molto benvoluto da tutti: col suo tratto gioviale, mai però eccessivo o invadente, si rapportava con cordialità con chiunque incontrasse per strada, indipendentemente dal fatto che frequentasse o meno le celebrazioni liturgiche. La gente percepiva che egli si interessava delle vicende di ognuno con sincera partecipazione, non per mera formalità ecclesiastica. Un suo amico ci ha raccontato di aver una volta (verso il 2013) confidato a Lenaers di trovarsi in gravi condizioni psichiche, causate anche dallo spettro di un tracollo economico dell’azienda di famiglia, e di aver ricevuto dopo qualche giorno una e-mail in cui il parroco gli metteva a disposizione per intero i risparmi custoditi nel conto corrente - settemila euro in tutto – scusandosi per l’esiguità dell’offerta.
Nei piccoli comuni austriaci Lenaers ha trovato la quiete necessaria per dedicarsi ai suoi scritti teologici definitivi. Così, nel 2000, pubblica il saggio Il sogno di Nabucodonosor o la fine di una Chiesa medievale e, nel 2003, Esodo dai miti del Cristianesimo antico5. Nel 2009 viene pubblicato, in nederlandese, una sorta di sequel tradotto in italiano col titolo Benché Dio non sia nell’alto dei cieli. L’ultima sua opera monografica, del 2015, è stata Gesù di Nazaret. Uomo come noi?
Anche se Lenaers ha cominciato a pubblicare testi teologici da ultra-settantenne, “si è rivelato subito un brillante teologo per come ha saputo farsi carico e interpretare i disagi sia intellettuali (sul piano del dogma) sia pratici (sul piano dell’etica) del cristiano di oggi. Lo si potrebbe definire un teologo della qualità, se non della quantità”. Come nota, inoltre, don Ferdinando Sudati, i libri di questo gesuita belga si caratterizzano per una serie di assenze, soprattutto due: di note in calce e di imprimatur ecclesiastico.
Certamente, in futuro, anche il contributo di Lenaers risulterà ‘datato’, ma difficilmente “si prescinderà da lui, come pure dagli altri riformatori moderni, tra i quali spicca il vescovo episcopaliano John Shelby Spong. Lo si riconosca o no, un cristianesimo rinnovato – precondizione della sua vitalità – avrà fatto i conti con le indicazioni di questi pionieri. Forse non verranno nemmeno ricordati, perché spesso la storia è ingrata con gli antesignani – e quella ecclesiastica fa ancor meno eccezione - , ma sarà con il materiale da loro fornito che si procederà a una nuova costruzione" (F. Sudati).
I curatori
Gianfranco Cortinovis & Augusto Cavadi
2 commenti:
Molto molto interessante! Spero di riuscire a trovare il libro per acquistarlo!
Buongiorno Augusto. La tua prefazione al libro "Atei per rispetto di Dio" mi conferma una convinzione in me rafforzata da tempo. Il cristianesimo come struttura religiosa - peraltro non certo fondata da Cristo - è ormai verso il tramonto. Ad essa si deve sostituire la testimonianza più vera del Vangelo ispirata all'amore per gli ultimi, per tutti gli esclusi e gli emarginati. Grazie per la tua riflessione
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