NELL'EPOCA “POST-RELIGIONALE”, QUALE SPIRITUALITA' PER RIVITALIZZARE LE DEMOCRAZIE POLITICHE ?
Per circostanze varie, mi sono trovato a leggere – per la prima volta in vita mia – alcune opere di don Ernesto Buonaiuti (1881 – 1946), prete cattolico che, per aver tentato di rivisitare Bibbia e tradizione cristiana con gli strumenti della critica letteraria e storica, è stato scomunicato dalla sua Chiesa negli anni Venti del secolo scorso. Invano, sino a ora, un Comitato costituitosi nel 2014 (di cui fa parte anche “Adista”), ne ha chiesto la riabilitazione.
Tra le sue tesi, mi sono imbattuto in una di scottante attualità: la necessità di una linfa spirituale senza la quale ogni regime democratico è condannato al fallimento. Nel recente passato, scrive egli nel 1945,
“Giuseppe Mazzini aveva predicato che al processo dell'unificazione italiana avrebbe dovuto presiedere, a costo di sboccare, altrimenti, in un immancabile naufragio, una visione religiosa della vita, un superamento spirituale del cattolicesimo”1.
Anche a causa della condanna dei gesuiti, questo programma “morale”, “sognato dal profeta genovese”, fu trascurato a tutto vantaggio del suo “programma politico-territoriale”2. E successivamente, dopo circa mezzo secolo di distanza, all'inizio del XX secolo, la Chiesa incoraggiò l'idea di un partito cattolico di cui servirsi come longa manus per condizionare la dialettica parlamentare nello Stato italiano. Ma Bonaiuti ricorda di aver protestato, ancor giovanissimo, con tempestività:
“non una democrazia cristiana si doveva creare in Italia, ma si doveva cercare unicamente e semplicemente di infondere nel socialismo un'anima religiosa e cristiana, che lo salvasse dall'abbominio [sic !] delle abbrutenti e circoscritte preoccupazioni economiche” 3.
“L'irrompere delle masse italiane, sotto il governo Giolitti nella vita politica nazionale e nel quadro delle vaste competizioni sociali, che avevano tutti i loro addentellati nel movimento fluttuante della democrazia internazionale”,
suscitava
“il sentore della necessità assoluta e gravosa di un rinnovamento ab imis della spiritualità nazionale” 4.
Simile necessità emergeva anche nei più ampi scenari della politica internazionale:
“E la nuova solidarietà umana che sorge all'orizzonte, per essere effettivamente una solidarietà degna di uomini, non deve tutta avvivarsi in un senso sacrale della vita e in una consapevolezza religiosa dell'origine e delle finalità soprannaturali dell'umana convivenza? ”5 .
La Chiesa cattolica sorgente essiccata di linfa spirituale
Da dove attingere tale linfa spirituale a garanzia delle conquiste democratiche?
Buonaiuti esclude due fonti e ne indica una terza.
La prima fonte che esclude è il Magistero cattolico dell'epoca (si riferisce all'inizio del Novecento, prima delle due disastrose Guerre mondiali):
“La Chiesa si era troppo accostumata a fare ricorso, per il suo governo spirituale del mondo, a quelle astuzie della diplomazia che sono l'armamentario consueto della politica terrena, per arrogarsi legittimamente il diritto di scandire alle orecchie degli uomini la parola genuina di Dio. La rivelazione di Dio è per essenza negazione di ogni arte diplomatica.[...] Chi in coscienza da decenni e decenni potrebbe, senza offesa a Dio, riconoscere la Sua voce nei concordati della Segreteria di Stato o nelle sentenze della Sacra Romana Inquisizione? Il mondo si avviava, in una funesta e fatua inconsapevolezza, allo sfacelo della sua tradizionale spiritualità, alla perdita dei suoi millenari valori. E l'ultima espressione della sua aberrante corruzione non sarebbe stata altra cosa che la trasposizione in sede politica dei metodi invalsi nella Chiesa post-tridentina. Che cosa è infatti la concezione totalitaria dello Stato, se non il trasferimento, in sede politica, dei criteri disciplinari e dei metodi pedagogici praticati dalla Chiesa post-tridentina nella zona della sua economia e del suo regime spirituali?”6.
Le requisitorie contro la Chiesa cattolica da parte del prete perseguitato per le sue ricerche in campo storico-critico sono numerose nelle sue opere e tutte amaramente accorate. Lo stile dittatoriale e terrorizzante di questa istituzione così influente ha inciso, a suo parere, sulla mentalità e sui costumi dei popoli statisticamente più cattolici, inducendo all'ipocrisia, alla vigliaccheria, alla delazione, alla doppiezza morale:
“I metodi del gesuitismo imperante nella Chiesa Cattolica Romana, dall'epoca del Concilio di Trento in poi, hanno esercitato l'azione più deleteria, l'efficacia più deformante, l'insidia più rovinosa, sul carattere degli Italiani”7.
Lo storicismo crociano spacciatore di spiritualità illusoria
La seconda fonte che Buonaiuti esclude è la filosofia idealistica tedesca trionfante in quei decenni in Europa e, grazie a Benedetto Croce e Giovanni Gentile, in Italia:
“La filosofia hegeliana, di cui Benedetto Croce, continuando l'opera dell'ex canonico Bertrando Spaventa, si costituiva patrocinatore e divulgatore in Italia, è la celebrazione del fatto compiuto, è il dissolvimento dello spirito nella storia, è la negazione di qualsiasi male sussistente nella vita così dell'individuo come della collettività, è la negazione di qualsiasi Assoluto e di qualsiasi Trascendente, su cui si possano saggiare i valori della vita empirica e le forze costitutive dello Stato. La filosofia hegeliana è logicamente il presupposto ideale di ogni esaltazione inconsulta, illimitata e irriflessa della forza come forza, della sopraffazione come sopraffazione, della realtà storica come tale”8 .
Non è dunque per caso né per incoerenza logica che Croce, dopo aver
“già fatto altra volta l'apologia dell'Inquisizione, come espressione naturale e inalienabile di ogni verità sicura di sé”9,
alla pubblicazione dell'enciclica Pascendi domini gregis di Pio X (1907), mirata a sradicare il nascente movimento cattolico di rinascita teologica e morale – là denominato spregiativamente “modernismo” - , abbia sottoscritto
“con cinico compiacimento, a due mani, all'infausto documento inquisitoriale, che era venuto a perpetrare uno dei più lacrimevoli infanticidi che la storia dei movimenti spirituali ricordi”10 .
Il cristianesimo originario come fonte di spiritualità autentica
Esclusi, per ragioni oggettive e abbastanza evidenti, Magistero cattolico coevo e filosofia idealistica, al docente di “Storia del cristianesimo” dell'Università statale di Roma sembrava inevitabile rivolgersi al messaggio evangelico originario (deformato dalle superfetazioni dogmatiche ecclesiastiche e frainteso da quasi tutta la cultura 'laica', ignara di discipline bibliche e più estesamente teologiche). Infatti, a suo meditato parere,
“il movimento religioso, scaturito dalla predicazione del Vangelo, rappresenta la perfezione soprannaturale nello sviluppo della religiosità umana”11.
In Buonaiuti questa convinzione di fede non si traduce, neppure velatamente, in pretese integralistiche. Sull'autonomia della sfera civile egli è intransigente: a suo avviso, infatti,
“la suprema originalità della rivelazione neotestamentaria consiste tutta nell'avere una volta per sempre definito e portato, per così dire, a sublimazione quella che era stata l'aspirazione più tenace e più valida di tutta la spiritualità mediterranea precristiana: l'aspirazione ad un rapporto tra politica e coscienza religiosa, che facesse della religiosità il fermento invisibile della vita associata, e della politica la pura e semplice disciplina esteriore, economica, giuridica e legale dei rapporti fra gli uomini” 12.
Tuttavia, pur in questa modalità assai poco trionfalistica, clerico-centrica, per Buonaiuti l'obiettivo strategico di ritornare al cristianesimo originario non può sorvolare sulla necessità di una organizzazione ecclesiale istituzionale. Dal momento che
“del cristianesimo, sigillato e consacrato dalla luce incontaminata di un divino afflato rivelatore, il cattolicesimo costituisce, in una completa identità sostanziale, la logica realizzazione nella storia”13,
occorre rivitalizzare la religione cattolica, non certo abolirla: essa sarebbe indispensabile, insostituibile, insurrogabile. Infatti
“il contenuto metafisico dell'insegnamento cattolico, e l'apparato disciplinare che ne rappresenta la tutela concreta e la salvaguardia gelosa, corrispondono nella maniera più felice alle esigenze pregiudiziali della religiosità; e aderiscono, con rispondenza perfetta, ai bisogni della società umana nell'ambito dei suoi imperiosi doveri e dei suoi eterni destini, al di là dell'orizzonte mutevole e circoscritto della vita empirica e degli interessi materiali”14.
Riformulata in altri termini, la convinzione di Buonaiuti è che il cristianesimo (di cui il cattolicesimo sarebbe la versione più fedele e completa) non può essere né accantonato né superato perché rappresenta il massimo che ci si possa attendere nell'ambito della vita religiosa come della ricerca etica (e, di conseguenza, nella stessa compagine sociale):
“Se lo sviluppo della moralità e della religiosità umane è lì a dimostrare, in maniera superiore ad ogni dubbio, che queste due attitudini primitive e originarie dello spirito, l'etica e la religiosa, tendono automaticamente a compenetrarsi e a saldarsi a vicenda per sostenersi a vicenda, «l' Evangelo» costituisce la forma assoluta così della religione come della morale, in quanto è riuscito a innestare la più alta forma concepibile di moralità sulla delineazione più perfetta dei rapporti fra Dio e l'uomo” 15.
La proposta di Buonaiuti riletta oggi
L'entusiasmo sincero di Buonaiuti verso la religione, di cui il cristianesimo e segnatamente il cattolicesimo costituirebbero la manifestazione più elevata, addirittura insuperabile, oggi non è facilmente condivisibile neppure negli ambienti cattolici istruiti. Si impone dunque, prepotente, un interrogativo: nella misura in cui – con tutti i 'distinguo' del caso – si assumano seriamente le istanze principali dell'attuale movimento “post-religionale” (più o meno strettamente connesso con il “post-teismo”)16, come valutare la proposta del teologo 'modernista'? Va abbandonata alla curiosità degli storici o può essere ripresa, e ri-tradotta, per la società contemporanea?
Provo a proporre una risposta articolata quadruplicamente:
a) la democrazia 'formale' vive solo se conosciuta, apprezzata, praticata da consistenti maggioranze della popolazione. L'astensionismo di un numero crescente di elettori, sommato alla scarsa convinzione con cui i votanti esercitano il proprio diritto/dovere, non promette nulla di buono per il futuro. I luoghi della partecipazione politica attiva (partiti, sindacati, movimenti, associazioni...) saranno vieppiù monopolizzati da arrivisti e opportunisti se individui e piccoli gruppi non vi si infiltreranno per pretendervi un rispetto minimo delle regole e per testimoniare qualche sprazzo di motivazione etica. Quand'anche ciò avvenisse, comunque, non sarebbe ancora sufficiente: l'attività politica comporta un tale investimento di energie da poter essere esercitata solo per calcolo utilitaristico o per propensione passionale. Dunque animati o da tenace ambizione/avidità o dal gusto della creatività, dalla soddisfazione di vedere le situazioni più deprimenti trasformarsi sotto i propri occhi, dalla gioia incomparabile di contribuire a plasmare la polis in direzione dell'equità e della bellezza. In una parola: la prassi politica può attivarsi e perseverare, nonostante pesi e ostacoli, solo se alimentata da una intima, pregnante, contagiosa “spiritualità”.
b) Dove attingere tale carburante indispensabile? Il tramonto (verosimilmente definitivo) della spiritualità 'religionale' (in generale) e 'cattolica' (in particolare) potrebbe fare spazio all'alba (alla rinascita) di una spiritualità 'mistica': essa è orientata a un vertice verso il quale tendono, e dal quale discendono, le esperienze 'religionali' di tutte le tradizioni, le confessioni, le organizzazioni religiose del pianeta. E' la proposta di molti teologi, appartenenti a famiglie religiose differenti, fatta propria e rilanciata dal generoso don Paolo Scquizzato:
“E a noi sembra che l'ultima parola sensata, nel domandarsi quale nome per quale dio, sia quella propria della mistica. […] Il mistico è colui che chiude gli occhi e la bocca, e in questo modo diventa sempre più parte del Mistero di cui già partecipa, e lì cresce, emerge. Si è detto sopra che della divinità si può solo fare esperienza. Ora, se questo è vero, la questione è diventare sempre più quella realtà. Il mistico è dunque colui che fa esperienza del divino in cui è immerso. Si accorge che Ciò che cercava fuori di sé in realtà lo abita già. E' Ciò da sempre […]. Noi siamo già nella divinità, siamo già salvi, non possiamo perderci, non possiamo finire, ma solo essere trasformati. […] Il mistico è perciò anti-idolatrico: non possiede Dio come un oggetto, ne è semplicemente immerso, partecipandone. E' in un certo senso ateo in quanto sempre al di là di ogni appropriazione del divino. Ha superato definitivamente e irrimediabilmente ogni forma di teismo”17 .
Buonaiuti sembra talora attribuire alle personalità mistiche un atteggiamento non altrettanto apofatico (quando, ad esempio, afferma che esse avvertono, come “la fonte del più operoso ben fare”, “il senso più vivo della divina provvidente presenza nel mondo” 18); altre volte, invece, sembra essere approdato, nell'ultimo decennio della vita, a concezioni più 'problematiche':
“Fede non è adesione ad un formulario dogmatico; la fede non è iscrizione nell'anagrafe di una comunità visibile; fede non è accettazione di un sistema speculativo. Fede è essenzialmente e inequivocabilmente un trasalire dello spirito al cospetto del mistero affascinante del tremendo che avvolge le forme e le finalità della vita universa. Si potrebbe dire che le fedi positive, le confessioni costituite, tralignano dalla loro natura quando vogliono portare alla massima e alla esauriente formulazione teoretica tutto quello che vi è di ineffabile e di inesprimibile nel senso iniziale della religiosità”19 .
In tutte le accezioni possibili, comunque, lo stesso pensatore italiano sottolinea la funzione fondativa della 'mistica' rispetto alla religione e alla morale:
“In tutti i secoli della sua storia i trionfi della morale cristiana sono stati sempre contrassegnati dalle reviviscenze della esperienza mistica”20 .
Più precisamente, in una conferenza del 1935, egli distingue “due atteggiamenti del tutto diversi” in cui si declina “il misticismo, l'esperienza cioè dell'Assoluto e dell'Eterno basata sull'intuizione e sul sentimento, anziché sul ragionamento e sul processo dialettico”:
“V'è un misticismo individualistico, che, schivo di ogni contatto con il mondo e con gli uomini, celebra nel raccoglimento dello spirito il proprio congiungimento con Dio. E, vi è un misticismo di tipo associato che trova il divino unicamente nella partecipazione fraterna alle medesime realtà carismatiche. […]. Ed è storicamente il più efficace”21 .
La 'mistica' è certamente un patrimonio comune a tante manifestazioni teologiche del mondo, ben al di là di confini istituzionali: ma lo è abbastanza da valere come fondamento universale delle pratiche politiche? O una spiritualità 'mistica' (ammesso che, priva di argini istituzionali e di vigilanze comunitarie, non conosca troppe deviazioni irrazionalistiche o comunque mistificanti) può costituire un “supplemento d'anima” (Henry Bergson) solo per minoranze 'illuminate', circoscritte a circoli privilegiati spiritualmente – come ad esempio alcune selezionate comunità monastiche - se non anche socio-economicamente?
Personalmente non posso non augurarmi che i germi di una mistica trasversale rispetto a tutte le tradizioni religiose, e vigile sui propri effetti liberatori nella storia, possano attecchire e fiorire. Ma non mi faccio molte illusioni. La situazione attuale nel pianeta – con Chiese fondamentaliste e governi teocratici che sfruttano la fame di sacro avvertita da miliardi di persone – non mi appare meno preoccupante di quando, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Buonaiuti, deluso dall'incontro sia con politici francesi di Sinistra (“Fronte popolare”) sia con prestigiosi intellettuali britannici (docenti a Oxford e Cambridge), avvertì
“la certezza che la funesta lacuna di tutte le ufficiali correnti democratiche, la lacuna che le avrebbe condotte ad un rovescio senza confronti, consisteva tutta nella mancanza di quel senso intimamente sacrale dell'universa vita del mondo, senza cui l'uomo cessa di essere tale, per ridursi alle condizioni di essere belluino, pronto solo alla sopraffazione o alla vendetta”22.
Una mistica autentica, o per lo meno una religiosità sincera, sarebbero ottime pre-condizioni per una convivenza civile equa e, perciò, pacifica. Ma, per una somma di elementi caratteriali e di condizionamenti culturali, tali pre-condizioni né si riscontrano in miliardi di concittadini né sarebbe giusto (ammesso che fosse possibile!) indurle dall'esterno. Non solo individui, ma intere civiltà sembrano vivere serenamente senza neppure il sospetto di una dimensione divina, o sacrale, “dell'universa vita del mondo”. Nè sembrano vivere peggio di quanti – individui o civiltà – sventolano simboli sacri e proclamazioni di fede solo per mascherare motivazioni inconfessabili di vario genere. Se infelicità avvertono gli a-religiosi non è certo più acuta e dolorosa dell'infelicità dei falsi religiosi.
d) Che pensare, dunque, in questa prima metà del XXI secolo, a cento anni di distanza dagli scritti di Ernesto Buonaiuti ? Mi pare che emerga con chiarezza la necessità di soddisfare l'esigenza, da lui acutamente messa a fuoco, di una rivitalizzazione della democrazia tramite potenti iniezioni di spiritualità cercando di proporre una spiritualità che sia non tanto “al di là” e “al di sopra” della spiritualità cristiana (come sarebbe una autentica spiritualità mistica), bensì “al di qua” e “al di sotto” della spiritualità cristiana (che si auto-interpreta quale opzione donata da Dio stesso all'umanità dispersa e disperata): una spiritualità 'laica', nel senso di a-confessionale, naturale, 'semplicemente' antropologica. Che sarebbe più “in basso” delle spiritualità religiose/religionali e delle spiritualità mistiche non come in una scala il valore minimo, bensì come in una casa le fondamenta23.
Se posso ricorrere a una metafora, la religione è una sorta di prosa che non raggiunge più né le menti né tanto meno i cuori della gente. Si propone allora di trascenderla in direzione della mistica che starebbe alla religione come la poesia sta alla prosa. Ma siamo sicuri che ci siano le condizioni basiche per decollare verso una mistica autentica che non sia auto-inganno, solipsistico e deresponsabilizzante? O non sarebbe più opportuno ripartire dall'alfabeto, dalla grammatica elementare, dalla sintassi essenziale della vita umana evoluta, insomma da una spiritualità 'laica' già nell'accezione etimologica originaria di 'popolare'? Lo stesso Buonaiuti, scavando tra le radici della “rivelazione di Gesù” (che, per lui, restava un profeta inspirato da Dio, anzi divino egli stesso), scopre e evidenzia
“la sua aderenza profonda a quelle che sono le esigenze prime e insopprimibili dello spirito umano, fin dalle prime albeggianti apparizioni della sua vita cosciente e dei suoi rapporti con i fratelli”24.
Quando si rinnegano, o addirittura si scavalcano allegramente senza neppure farci caso, queste “esigenze prime e insopprimibili dello spirito umano”, le religioni positive (e non di rado le mistiche che ritengono di trascenderle) si mostrano capaci di ogni orrore: dalle Crociate ai roghi dell'Inquisizione, dalla benedizione degli eserciti in partenza per guerre ingiustificabili alle più spericolate speculazioni finanziarie in borsa.
Questo patrimonio 'spirituale' ecumenico è un dato fenomenologico che ognuno può interpretare a modo proprio. Chi crede in un'Intelligenza provvidente può anche ammirare con gratitudine devota
“la sconfinata molteplicità dei mezzi attraverso cui Dio fa pervenire,a chi più imperiosamente sente il bisogno della sua assistenza, la linfa della sua grazia e il tepore del suo conforto”25,
ben al di fuori dei confini delle religioni istituzionali: l'essenziale è che riconosca il dato storico, 'oggettivo', che gli alimenti essenziali per la fioritura dell'esistenza umana non sono monopolio di nessuna organizzazione confessionale (né tanto meno filosofica o politica).
Tra gli innumerevoli ingredienti di tale spiritualità basica universale possiamo nominare la capacità del raccoglimento nel silenzio; il desiderio di conoscere veramente e di essere sempre sincero – dunque di non dire nulla che non si ritenga vero; la propensione al coraggio di non tacere ciò che in ogni circostanza è inevitabile affermare come all'ascolto attento di ciò che altri hanno da dire; il senso critico insofferente del tradizionalismo e del conformismo; il gusto della contemplazione del bello naturale e artistico; la misura nella ricerca delle sicurezze materiali; la sobrietà nei consumi e il piacere di condividere ciò di cui si dispone; la distanza ironica rispetto agli inciampi esistenziali, la compassione con tutti i viventi senzienti, la gentilezza nei modi di rapportarsi a persone e cose circostanti...26
Una spiritualità del genere non ha né dei né santi canonizzati. Ma non per questo è priva di modelli, figure esemplari, pionieri da cui lasciarsi svegliare, suggerire, infiammarsi: personalità, difettose come ogni essere umano, che – con tutti i limiti costitutivi e ambientali – hanno provato a 'incarnare' catacronisticamente ciò che tutte e tutti potremmo diventare in fasi evolutive future. La lista sarebbe troppo lunga, e in ogni caso troppo incompleta, per essere anche soltanto avviata: ognuna e ognuno di noi scoprirà nella sua esperienza di vita e nella sua ricerca storica quali sono i 'tipi' che si avvertono come più vicini – e più stimolanti – spiritualmente.
Augusto Cavadi
“Adista-Documenti” n. 43 del 17.12.2022
***
1E. Buonaiuti, Pellegrino di Roma. La generazione dell'esodo, Alberto Gaffi Editore, Roma 2008, p. 100. L'edizione originale è del 1945.
2Ibidem.
3 Ivi, p. 98.
4Ivi, p. 112.
5Ivi, p. 117.
6Ivi, p. 107.
7Ivi, p. 126.
8Ivi, p. 99.
9Ibidem.
10Ibidem.
11E. Buonaiuti, Apologia del cattolicesimo, Edizioni La Zisa, Palermo 2021, p. 17. L'edizione originale è del 1923.
12E. Buonaiuti, Pellegrino, cit., p. 328.
13E. Buonaiuti, Apologia, cit., p. 17.
14Ibidem.
15E. Buonaiuti, Pellegrino, cit., p. 261.
16Per un primo approccio consultare i 5 volumi della Collana “Oltre le religioni” edita da Gabrielli a partire dal 2016.
17P. Scquizzato, Il fiume e la cisterna, Prefazione in C. Fanti – J.M. Vigil (a cura di), Oltre Dio. In ascolto del Mistero senza nome, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariano 2021, pp. 20 – 22.
18E. Pellegrino, Pellegrino, cit., p. 266.
19Ivi, pp. 460 – 461. La citazione è da una conferenza del 1937, nove anni prima della scomparsa.
20Ibidem.
21Ivi, p. 381.
22Ivi, p. 385.
23In O religione o ateismo? La spiritualità “laica” come fondamento comune, Algra Editore, Viagrande 2021 ho proposto l'immagine di una “piramide costituita da una base cilindrica (il livello della 'spiritualità' comune a credenti, atei e agnostici); da un cilindro poggiato sul primo e più circoscritto rispetto a esso (il livello della 'religiosità' comune a credenti e agnsotici); da un terzo cilindro, ancora più piccolo, che non avrebbe solida fondazione se non presupponesse 'religiosità' e, più basilarmente, 'spiritualità': il livello della 'religione' apecifica, confessionale (tipica di credenti che decidano di organizzarsi comunitariamente, di istituzionalizzarsi)” (p. 34).
24E. Buonaiuti, Pellegrino, cit., p. 269.
25Ivi, p. 326.
26Ho provato a raccogliere dalla storia del pensiero, soprattutto occidentale, frammenti per delineare una spiritualità 'laica', universalmente condivisibile, in Mosaici di saggezze. Filosofia come nuova antichissima spiritualità, Diogene Multimedia, Bologna 2015. Il testo è stato poi ristampato (quasi integralmente), in vari anni successivi, dalla medesima casa editrice in 3 volumi, leggibili sia separatamente che in sequenza logica: Voglio una vita spregiudicata. La filosofia come spiritualità per chi ritiene di non averne una; Tremila anni di saggezza. La spiritualità nella storia della filosofia; La filosofia come terapia dell'anima. Linee essenziali per una spiritualità filosofica.
4 commenti:
Scrive Augusto: "Ma siamo sicuri che ci siano le condizioni basiche per decollare verso una mistica autentica che non sia auto-inganno, solipsistico e deresponsabilizzante?".
Effettivamente questo rischio che la mistica favorisca tentazioni semplificanti e autoinganni alienanti esiste, ma anche un pragmatismo e un razionalismo eccessivi possono essere riduzionisticamente usati per sfuggire la realtà invece che per sondarne le profondità.
Certo meno pericolosa per la nostra autenticità mi sembra la "spiritualità laica" cui accenna Augusto alla fine del suo articolo enucleandone gli ingredienti: " la capacità del raccoglimento nel silenzio; il desiderio di conoscere veramente e di essere sempre sincero – dunque di non dire nulla che non si ritenga vero; la propensione al coraggio di non tacere ciò che in ogni circostanza è inevitabile affermare come all'ascolto attento di ciò che altri hanno da dire; il senso critico insofferente del tradizionalismo e del conformismo; il gusto della contemplazione del bello naturale e artistico; la misura nella ricerca delle sicurezze materiali; la sobrietà nei consumi e il piacere di condividere ciò di cui si dispone; la distanza ironica rispetto agli inciampi esistenziali, la compassione con tutti i viventi senzienti, la gentilezza nei modi di rapportarsi a persone e cose circostanti ".
Come non essere d'accordo?
Molto interessante la lettura proposta da Augusto; interessante e complessa.
Grazie Augusto !
Mi soffermo solo su due punti.
Uno è questo: In una parola: la prassi politica può attivarsi e perseverare, nonostante pesi e ostacoli, solo se alimentata da una intima, pregnante, contagiosa “spiritualità”.
L’altro è questo:
d) Che pensare, dunque, in questa prima metà del XXI secolo, a cento anni di distanza dagli scritti di Ernesto Buonaiuti ? Mi pare che emerga con chiarezza la necessità di soddisfare l'esigenza, da lui acutamente messa a fuoco, di una rivitalizzazione della democrazia tramite potenti iniezioni di spiritualità cercando di proporre una spiritualità che sia non tanto “al di là” e “al di sopra” della spiritualità cristiana (come sarebbe una autentica spiritualità mistica), bensì “al di qua” e “al di sotto” della spiritualità cristiana (che si auto-interpreta quale opzione donata da Dio stesso all'umanità dispersa e disperata): una spiritualità 'laica', nel senso di a-confessionale, naturale, 'semplicemente' antropologica. Che sarebbe più “in basso” delle spiritualità religiose/religionali e delle spiritualità mistiche non come in una scala il valore minimo, bensì come in una casa le fondamenta23.
I miei commenti sono questi.
Intanto, anche io, quando penso e parlo di spiritualità, sento intimamente un disagio ad associare strettamente il termine “spiritualità” al termine “Dio” (e tanto meno ad un dio antropomorfizzato) , ma anche a “divino”. Temo che sia un automatismo fuorviante quello di definire di natura divina tutto ciò che esce da schemi ordinari. Jung, ad es. non avrebbe mai pensato che le “coincidenze significative”, motivo di traumatica rottura di rapporti con Freud, fossero di natura “divina”. Certo, usciamo dal campo della mentalità ordinaria e ci affacciamo al campo di una coscienza estesa, che puo’ ancora fare parte delle profondità misteriose della psiche; ma non è il campo di “dio”, per il quale c’è un tabù ad entrare, anche se una scorciatoia farebbe pensare così. E’ un campo nel quale, secondo molti ricercatori/ricercatrici, possiamo addentrarci tramite esperienze dirette e ampliare così le nostre conoscenze, oltre il già noto con i sensi. In questo senso è decisamente meglio parlare di “spiritualità” laica, i cui limiti si perdono nell’infinitamente grande, infinitamente piccolo e infinitamente complesso. E siamo in compagnia delle ricerche di attuali scienziati.
Ci puo’ servire questa “conoscenza” estesa, frutto di esperienze spirituali laiche, ai fini di una “democrazia spirituale” ? Decisamente sì, secondo me.
Direi che è proprio necessario, anche se non è sufficiente volerlo, proprio perché richiede un percorso ambivalente: da un lato solitario e silenzioso, dall’altro esplicito e pubblico. Mi pare che la “persona” di Gesù, personaggio storico o solo simbolico, sia un ottimo esempio di ciò.
Quello che richiede questo tipo di “democrazia spirituale” è che tutta la popolazione mondiale o perlomeno una parte largamente maggioritaria riconosca che questa è la strada giusta e ci si incammini, ognun@ nella misura delle sue possibilità. E poi è richiesto che siano riconosciuti, in modo condiviso, i personaggi piu’ maturi in questo tipo di evoluzione. Si creerebbe così un élite di saggi, scelta non sulla base di una votazione, ma sulla base di un riconoscimento pubblico.
Non credo, cioè, alla democrazia diretta, tramite votazioni di candidati; né credo alla democrazia assembleare, di cui ho esperienza; ritengo invece che l’unica soluzione per l’umanità sia questo tipo di “democrazia spirituale”.
Ricordiamoci, che già il pensarlo, l’immaginarlo, pone le condizioni perché si avveri.
Buon Natale a tutti/e
Claudio Giambelli
Il misticismo “di tipo associato che trova il divino unicamente nella partecipazione fraterna alle medesime realtà carismatiche”, nella storia della Chiesa degli ultimi decenni credo sia stato per lo più rappresentato dai movimenti ecclesiali integralisti, nei quali l’io dell’appartenente si trasforma e fonde in un sacro “noi” corpo mistico. In effetti questa mistica corporale (e corporativa) è stata una forma di misticismo storicamente efficace. Quanto nel bene e quanto nel male abbia supportato spiritualmente la prassi politica e sociale è però valutare: una mistica che produce prescelti che salvano il mondo è roba potenzialmente pericolosa. Invece il misticismo individualistico, quello tradizionale, quello più noto, mi sembra nuoti in un paradigma differente da quello sociale, è quindi inadatto per supportare spiritualmente prassi politiche. La variante a-tea (non teistica), proposta da don Paolo Scquizzato, mi sembra ancora più inabile allo scopo, visto che il superamento di ogni appropriazione di Dio si attua tanto quanto il mistico si fonde in un Uno (neoplatonico), raggiungendo una perfetta impersonalità[1] che nulla può più possedere e neppure volere. Immerso e salvo in quel sublime Mistero che da sempre è, perché mai dovrebbe scendere da quell’empireo, perché mai dovrebbe uscire dal quel nirvana, per impegnarsi in faccende secolari di noi mortali? Direi che se vogliamo trovare un supporto spirituale alla prassi politica è forse meglio stare alla larga dalla mistica.
1 Dopo Freud abbiamo indizi precisi che presunte esperienze impersonali e trans-personali sono nostalgie dell’esperienza pre-personale intrauterina.
Leggo ora. Considerazioni magistrali, commenti compresi. Grazie.
P.s. Le invierei ai candidati per la segreteria del PD (assieme a testi di Morin e Fromm)... e non scherzo.
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