CEFALU', ROCCA DI LUCE
Rocca di luce (Asterios Editore, Trieste 2022) - romanzo d'esordio di Franco Venturella, mio amico e coetaneo (a riprova che, davvero, non è mai troppo tardi...) - ha due protagonisti principali: Manuel (di cui si segue la vicenda biografica dall'adolescenza sino alla piena maturità) e la città di Cefalù.
Poiché entrambi i protagonisti sono siciliani, la narrazione non poteva andare esente dal confronto-scontro con il sistema di dominio mafioso.
L'angolazione da cui tale dominio viene osservato è il caso della famiglia di un “testimone di giustizia”. Di un cittadino – cioè – che, a differenza dai “collaboratori di giustizia”, non ha mai militato dentro una cosca mafiosa, ma si è trovato nell'occasione di deporre in tribunale e non si è sottratto al suo dovere civico. Va dato merito all'autore di aver evocato una vicenda che ne richiama tante altre, tanto più significative e apprezzabili quanto più silenziosamente lacerano la quotidianità e sconvolgono i progetti ordinari. Devo confessare che lo sviluppo della narrazione, con esito ancor più tragico della vicenda, mi ha lasciato perplesso per due motivi (per altro strettamente implicantisi). Dal punto di vista dell'efficacia letteraria, infatti, la denunzia del sistema mafioso mi sarebbe risultata più incisiva se non ci fosse stato un epilogo sanguinario: trovo urgente che si rappresenti nelle opere artistiche l'infernale 'normalità' della mafia senza necessariamente riferirsi a omicidi e stragi. Inoltre, dal punto di vista politico-pedagogico, non mi ha entusiasmato l'idea che un “testimone di giustizia” - a differenza di ciò che, per fortuna, è sinora capitato nella storia reale da quando è in vigore la normativa sulla protezione statale– paghi la sua decisione encomiabile a prezzi non solo ingenti, ma addirittura tragici.
I due protagonisti – affermavo sopra – sono Manuel e la città di Cefalù, i cui destini s'incrociano nel Duomo normanno. L'autore proietta la trama in un futuro non molto lontano dove, con lucido realismo, immagina la Chiesa cattolica in crisi devastante: dei cattolici praticanti e dei loro riti liturgici “era rimasto solo il ricordo nei manuali di tradizioni popolari come fatto folcloristico. A poco a poco, la gente si abituava a vivere etsi Deus non daretur. Proprio così: come se Dio non ci fosse. Diminuiti i battesimi, pochi sacramenti, alcuni matrimoni, la maggior parte solo con rito civile, perché le coppie sceglievano la convivenza, anche in considerazione dell’aumento esponenziale dei divorzi e delle separazioni. Tanto valeva convivere e non complicarsi la vita. E poi, l’amore non ha bisogno di carte bollate. Anche la natalità era in caduta libera, a livelli tali che la popolazione anziana aveva superato quella giovanile” (p. 18).
In effetti, almeno in Occidente, siamo già in piena epoca “post-religionale”. La fotografia della situazione è tutt'altro che emotivamente distaccata: l'autore ne soffre al punto da immaginare, al termine del romanzo, una sorta di resurrezione imprevedibile. Ma è una prognosi attendibile?
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