SE A FILOSOFARE PROVASSERO MOLTI PIU' ELETTORI DI ADESSO...
La forsennata super-produzione industriale (dettata da interessi privati e/o di Stati nazionali) è alla radice dei conflitti bellici in corso (con relativi rischi di esiti nucleari) e della distruzione irreversibile dell'ambiente. I politici sono, di norma, un ostacolo anziché un sostegno per la risoluzione di questi drammi epocali nel loro intreccio micidiale. Come confermano le ultime elezioni italiane (25 settembre 2022) i cittadini o si astengono dal far pesare il loro voto o lo indirizzano preferibilmente su schieramenti sfacciatamente filo-capitalistici che non hanno, neppure solo a livello programmatico, l'intenzione di ridurre sfruttamento delle risorse, situazioni di guerra, disastri ecologici.
Inorridito da questo “sonnambulismo” generalizzato, a 101 suonati, uno dei massimi pensatori viventi – Edgar Morin – ha lanciato il suo grido d'allarme: Svegliamoci ! (Mimesis, Milano – Udine 2022, pp. 78, euro 10,00). Svegliamoci da questo sonno dogmatico provocato o dall'illusione che l'umanità non compia l'ultimo miglio verso l'auto-distruzione definitiva o dalla convinzione nichilistica che questo suicidio collettivo non sia il peggiore dei mali dal momento che l'essere, la vita, la gioia, la solidarietà, il piacere sarebbero – tutto sommato – equivalenti al nulla, alla morte, al dolore, all'individualismo, all'insensibilità.
Cosa significa, in concreto, svegliarsi ? Quasi a mo' di sintesi dei suoi innumerevoli scritti, Morin lo spiega efficacemente in questo opuscolo. Non tento neppure di riassumere le sue indicazioni articolate, mi limito al passaggio che mi sembra la chiave di lettura decisiva: “Non è solo la crisi dei partiti di sinistra in rovina, né soltanto la crisi della democrazia che imperversa in tutto il mondo, né solo la crisi di uno Stato iperburocratizzato e appesantito dalle lobby, né ancora soltanto la crisi di una società dominata dal potere onnipresente del profitto, né infine solo una crisi della civiltà o dell'umanesimo, si tratta di una crisi più radicale e nascosta: una crisi del pensiero” (p. 31).
Già sarebbe abbastanza grave vivere in contesto politico in cui ministri della Repubblica insegnano ai giovani che “con la cultura non si mangia” (Giulio Tremonti) e in cui quei giovani, che – invece – vorrebbero mangiare grazie al lavoro culturale, sono costretti a emigrare nei cinque continenti; ma c'è di peggio. Artisti e ingegneri, chimici e letterati, economisti e archeologici, fisici e psicologi – anche i più esperti fra queste categorie di intellettuali – si accontentano del loro punto di vista particolare e non aspirano neppure a una prospettiva complessiva: “gli specialisti disdegnano ogni conoscenza globale, che considerano superficiale.[...] L'invisibilità della crisi del pensiero dipende dalla separazione e dalla frammentazione delle conoscenze, la cui riunificazione è considerata impossibile, rendendo quindi unilaterale, incompleta e di parte ogni considerazione relativa alla società, alla storia e alle crisi medesime” (p. 47).
Chi dovrebbe prestare il servizio della sintesi, della trans-disciplinarietà, dello sguardo unitario, sapienziale, comprensivo? In Occidente è stata questa la missione dei filosofi. Ma, da almeno un secolo, la filosofia (nelle università e di conseguenza nelle scuole medie) è diventata storia della filosofia. Indubbiamente nessun filosofo saggio comincia a filosofare in prima persona senza studiare attentamente le filosofie precedenti: ma, se ci si limita a questa indagine archeologica del passato, chi oserà proporre un'analisi complessiva del presente e, addirittura, un progetto per il futuro?
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2 commenti:
Sottoscrivo parola per parola. E vorrò leggere il testo dello splendido Edgar Morin. Grazie.
Caro Aug
questo testo lo adotterei per le cenette filosofiche post Fromm, intanto condivido domani questo post con i cenacolanti?
Molto vero per me quando Morin scrive, come citi:
“ L'invisibilità della crisi del pensiero dipende dalla separazione e dalla frammentazione delle conoscenze, la cui riunificazione è considerata impossibile, rendendo quindi unilaterale, incompleta e di parte ogni considerazione relativa alla società, alla storia e alle crisi medesime ”
Parafrasando un pensiero Buddista (non esistono cose ma relazioni) direi: non esistono pensiero e conoscenza senza correlazione con gli altri pensieri e le altre conoscenze.
Grazie Pietro
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