PRIGIONIERE DEL MASCHILISMO ? SI’, MA ANCHE I MASCHI
Solo chi perde la libertà impara a conoscerla davvero. La prigionia può essere una scuola di crescita conoscitiva. Ma a patto che, se si perde la libertà, o non la si è mai sperimentata perché si è nati in prigione, si abbia la consapevolezza della propria prigionia. E’ almeno dal mito platonico della caverna a oggi che i filosofi provano a metterci in guardia da quella forma di povertà estrema che consiste nel non sapere neppure di essere poveri.
Una condizione di illibertà di cui raramente siamo consapevoli è costituita dalla gabbia del maschilismo. Almeno se, per maschilismo, intendiamo un sistema culturale, istituzionale, sociale, politico, economico in cui – mediamente – le donne si trovano in situazioni oggettive di svantaggio, di subordinazione, rispetto agli uomini.
Le pareti di questa gabbia sono almeno quattro.
Innanzitutto un fattore biologico: la femmina paga il privilegio di poter concepire e mettere al mondo figli con la riduzione della prestanza fisica nei mesi della gravidanza, prima del parto, e dell’allattamento dopo.
Questo fattore fisiologico è stato accentuato da scelte socio-economiche: la divisione del lavoro fra femmine, dedite alla cura dell’abitazione e dei piccoli, e maschi, dediti alla caccia, alla guerra, ai lavori extra-domestici come il commercio. Tutt’oggi si registra una disparità di opportunità lavorative fra donne e uomini: lo slogan “Dobbiamo lavorare il doppio per contare la metà” è eccessivo, ma può farci attenti alle statistiche secondo cui, a parità di mansioni, le donne guadagnano circa un terzo in meno dei colleghi uomini.
Un terzo ordine di vincoli della libertà muliebre appartiene all’ordine giuridico-istituzionale: dalle città greche agli Stati nazionali contemporanei è stato necessario il trascorrere di circa 25 secoli affinché il diritto di votare venisse esteso dai maschi alle donne. In Italia, come è noto, si è dovuto attendere il 1946, ma ciò non ha impedito né di mantenere sino agli anni Settanta il diritto del marito di controllare la posta e di ‘correggere’ con le maniere forti i difetti della moglie (e, nel caso dell’assassinio per “motivi d’onore”, di godere delle attenuanti previste dal codice penale) né di escludere le laureate in giurisprudenza dalla carriera in magistratura.
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Lunedì 9 maggio 2022, alle ore 17.30, terrò una conversazione su queste tematiche sia in presenza che on line:
1 commento:
La tua riflessione sul maschilismo non può che essere condivisa per il rigore dell'analisi e la parresìa nel linguaggio.
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