NECESSITA’ DELL’INUTILE
Esiste un’utilità dell’inutile? La formula, quasi ossimorica, è volutamente paradossale. Se vogliamo tradurla su un registro più morbido, più ragionevole, possiamo riformularla così: esiste una necessità dell’inutile ? La nostra vita è piena di oggetti, attività, relazioni…utili. Essi sono indispensabili come lo sono mangiare o vestirsi, frequentare un corso di formazione professionale o lavorare. Sulla necessità dell’utile nessuno, suppongo, può seriamente nutrire dubbi. La questione è un’altra: necessario alla nostra vita è soltanto l’utile? La domanda sorge quando – dopo aver soddisfatto tutte, o quasi, le esigenze primarie – avvertiamo un senso più o meno vago di vuoto. Schopenhauer è uno dei pensatori che più ha analizzato il pendolo fra la sofferenza (dovuta a ciò che ci manca) e la noia (dovuta a ciò che abbiamo ottenuto). Se è davvero questo lo schema della nostra esistenza, si capisce perché il mondo capitalistico – e il resto del mondo che più o meno confusamente lo invidia e prova a imitarlo – sperimenta un destino tragico: moltiplica la fatica per raggiungere più ‘utilità’ e, man mano che le raggiunge, amplifica insoddisfazione e delusione. Si concentra nella crescita della quantità e constata che la qualità resta la medesima, quando addirittura non degrada.
Un’ipotesi che potrebbe liberarci dalla trappola sarebbe – rispondendo alla domanda iniziale - che esistono oggetti, attività, relazioni…tanto inutili quanto necessari. Un gioco di parole? Forse no, almeno se proviamo a distinguere due accezioni semantiche principali dell’aggettivo “utile”.
Nel significato abituale, volgare, ‘inutile’ è qualcosa che non si giustifica da nessun punto di vista, come quando diciamo che è del tutto inutile piangere sul latte versato o prolungare per accanimento terapeutico l’agonia di una persona cara. In questo senso ciò che è inutile è insensato e certamente non-necessario.
Ma in un secondo significato, più etimologico, ‘in-utile’ significa qualcosa che non è ‘funzionale ad’ altro, che non è soltanto o prevalentemente ‘mezzo per’, bensì che possiede senso in sé stesso. Se sono un pescatore di mestiere vado a mare per pescare; se sono un vacanziere vado a mare per farmi riscaldare le ossa dal sole, per nuotare, per riempirmi gli occhi di luce, per respirare aria iodizzata. Mi può anche capitare di dedicare un’oretta a pescare (se proprio mi piace e non ho compassione per il modo in cui i pesci catturati agonizzano): ma non dirò che la mia giornata al mare è stata sprecata se non pesco nulla. La contemplazione della bellezza, la visita a un amico malato, il ballo, l’ascolto della musica… sono attività che si praticano per il piacere di praticarle. Sono letteralmente, e stupendamente, in-utili: non subordinate ad altro. O, per lo meno, quando lo sono, il loro gusto diminuisce. Un pittore che guadagni grazie ai propri quadri può essere e sentirsi realizzato, ma - se dipinge essenzialmente per guadagnare qualcosa - dentro di lui, e non di rado nella stessa opera, qualcosa si guasta. Ciò che è inutile in questo senso è necessario almeno quanto lo è l’utile.
PER COMPLETARE LA LETTURA DELL'ARTICOLO, CLICCA QUI:
https://www.zerozeronews.it/interrogativi-filosofici-esiste-unutilita-dellinutile/
1 commento:
Riflessioni assai utili e/o fruibili...
Magari le 'rilancio' mio blog. Grazie.
Posta un commento