UN AUGURIO LAICO PER QUESTO NATALE
Il migliore augurio natalizio che riesco a immaginare è di dedicare qualche minuto alla figura del festeggiato: Gesù di Nazareth. Non mi riferisco, ovviamente, alla sua figura fisica di cui sappiamo poco e nulla (e, tra questo poco che sappiamo, è che non avesse nulla dell’icona di giovane biondo, con occhi azzurri, chioma fluente…consegnataci da venti secoli di pittura e da cento anni di Hollywood: molto più verosimilmente era un palestinese olivastro, con occhi neri e penetranti). Mi riferisco alla sua figura storica così come ci è consegnata dalla letteratura religiosa e profana a cavallo fra il I e il II secolo. Per la verità, anche del suo profilo storico sappiamo poco: i testi più antichi del Nuovo Testamento che ci parlano di lui sono stati scritti fra il 60 e il 110 d. C. (dunque decenni dopo gli avvenimenti) e, soprattutto, non vogliono essere resoconti storiografici ma annunzi di fede.
Secondo la maggior parte degli studiosi è nato intorno al 7 a.C. ed è morto 37 anni dopo, intorno al 30 d.C. Ovviamente, se non abbiamo certezze sull’anno, meno ancora sul mese e sul giorno: il 25 dicembre è stato scelto a un certo punto della storia perché era la festa romana del Sole invitto che sembrò opportuno sostituire con la Luce di Cristo.
Come concentrare dunque l’attenzione sulla figura di Gesù? Come si fa con i grandi protagonisti della storia mondiale quali Socrate, Confucio, Buddha, Gandhi, Martin Luther King: focalizzandone il messaggio essenziale.
Nel caso di Gesù il lavoro è facilitato soprattutto da due evangelisti, Luca e Matteo, che hanno estratto la Magna Charta del cristianesimo nel cosiddetto “Discorso delle beatitudini” che, in linguaggio meno clericale, sarebbe “Discorso sulla felicità imminente”. Rileggiamo la versione più breve in Luca 6, 20 – 22: “Beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora sentite i morsi della fame perché sarete saziati. Beati vi che ora piangete perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno (…) Rallegratevi ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli”.
L’interpretazione tradizionale rende digeribile questo quadruplice pugno allo stomaco interpretando la proclamazione di felicità in chiave intimistica, individuale e futurologica: Gesù parlerebbe di una felicità spirituale, non economico-sociale; di una felicità individuale, non collettiva; in ogni caso, non per questa ma per l’altra vita. Gli studiosi – cattolici, protestanti, ebrei e perfino agnostici – concordano invece su un’altra interpretazione: Gesù annunziava la felicità dei poveri, degli affamati, degli sconfortati e del perseguitati perché, secondo la sua convinzione, era arrivato il “regno di Dio”; una nuova era di giustizia, di solidarietà, di libertà, di pace. Quindi non una felicità solo interiore, ma anche esteriore; non solo individuale, ma sociale; non per la fine del mondo, ma qui e ora in occasione della fine di questo tipo di mondo ingiusto.
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3 commenti:
aUGURI PER FESTIVITà SERENE PER TE E E TUTTI I TUOI CARI
Auguri!!
Grazie per questa splendida riflessione sul Natale, che ho esteso anche a miei amici. Sarebbe la migliore omelia per le chiese che continuano a dormire un sonno insopportabile e a crogiolarsi nel “religioso”.
Cesare Venturi (amico di Mario Mariotti, di Vignola)
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