La foto riproduce una pittura natalizia 'progressista' : Maria legge un libro mentre Giuseppe si occupa del neonato😊
* L'agenzia di stampa "Adista" ha avuto il 'coraggio' non solo di chiedermi un commento alla festa (cattolica) imminente dell'Immacolata concezione di Maria, per la rubrica "Omelie fuori dal tempio", ma perfino di pubblicarlo 😊.
Ecco il risultato (cfr. “Adista/notizie” del 13.11.2021):
UNA FESTA PER RICONCILIARSI CON LE DONNE
L’esperienza ormai pluridecennale mi attesta che, nel ‘senso comune’, la celebrazione odierna viene fraintesa. “Immacolata concezione”? Nove volte su dieci si ritiene che sarebbe il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria. Solo in rari casi si sa che, invece, ci si riferisce al privilegio divino per cui Maria – concepita dai suoi genitori Anna e Gioacchino in maniera del tutto naturale – sarebbe stata esentata, sin dal suo primo stadio di esistenza nel grembo materno, dalla macula del “peccato originale”. La ragione per cui mi trovo spesso a ribadire, con i miei amici, questo chiarimento teologico preliminare non è particolarmente nobile. Esso, infatti, mi è indispensabile per non sciupare l’effetto umoristico della storiella di Gesù che, davanti all’adultera, sfida i presenti (“Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”) e subito dopo vede volare verso la povera donna un sasso. Giratosi di scatto per individuare l’autore del gesto imprevisto, riconosce la Madonna e, non senza disappunto, la implora: “Mamma, per favore, lasciami lavorare!”.
Al di là delle riletture più o meno ingenuamente scherzose dei racconti evangelici, la festa liturgica di oggi è davvero imbarazzante. Essa infatti, relativamente recente (risale al 1854, anno in cui il papa Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata concezione di Maria), presuppone la dottrina del “peccato originale” trasmesso da Adamo ed Eva a tutti i discendenti (tranne Gesù e, per una sorta di effetto retroattivo dei suoi “meriti” futuri, sua madre). Nel XIX secolo, almeno in campo cattolico, gli studi esegetici non avevano ancora chiarito che la lettura storico-ontologica del mito biblico della ‘caduta’ della prima coppia è per tanti versi insostenibile: il racconto, infatti, non ha né potrebbe avanzare alcuna pretesa di verità cronachistica, paleontologico-scientifica. Il messaggio degli ignoti autori, che utilizzano miti diffusi in tutte le civiltà coeve, è che la durezza della vita quotidiana di uomini e donne potrebbe essere drasticamente limitata qualora orgoglio ed egoismo venissero capovolti, invertiti, in consapevolezza dei propri limiti creaturali e in solidarietà con i propri simili.
Ma se la dottrina del “peccato originale” nasce da una lettura naif delle Scritture, per conseguenza logica di nessuna persona umana si può affermare che ne sia stato esentata, prima o dopo la nascita. Abolire questa celebrazione liturgica sarebbe dunque un passo avanti non solo verso la comunione ecumenica con le altre chiese cristiane (nessuna delle quali riconosce questo eccezionale privilegio mariano, come d’altronde non l’hanno riconosciuto teologi cattolici illustri come Tommaso d’Aquino nel XIII secolo ), ma anche verso la volontà di verità dei migliori fra i nostri contemporanei. Una venerazione più sobria, perché biblicamente più aderente, della madre di Gesù – sorella di tutte e di tutti nella crescita graduale, nella lotta contro le difficoltà interiori ed esteriori – lungi dall’allontanarla, ce la avvicinerebbe. Ce la renderebbe più cara e più imitabile.
L’8 dicembre del futuro potrebbe, così, diventare la celebrazione della Donna: il giorno in cui la chiesa cattolica potrebbe rivedere autocriticamente la propria impostazione patriarcale e maschilista (pre-condizione culturale, insieme ad altre, della subordinazione attuale delle donne nel sociale e della violenza sistemica di cui sono mediamente vittime); riconciliarsi con il femminile per due millenni esaltato in Maria, ma mortificato in tutte le altre donne, troppo spesso emarginate dai ruoli di guida delle comunità o addirittura trattate come strumenti di tentazioni diaboliche. Una riconciliazione simbolica che non suonerebbe ipocrita a una condizione: che effettivamente, nel diritto canonico e nella prassi quotidiana, alle donne venisse riconosciuta la pari dignità e la pari responsabilità rispetto ai maschi. Solo così la “concezione” cattolica della donna si purificherebbe delle sue macchie secolari e risplenderebbe, finalmente, “immacolata”.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Riflessioni davvero illuminate, a mio sommesso avviso. Grazie.
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