“Adista” 30.10.2021
QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLA CRISI DELL’EDITORIA ‘CATTOLICA’
La notizia della chiusura delle Edizioni Dehoniane di Bologna è stata deflagrante per il mondo dell’editoria cattolica come lo sarebbe stata la chiusura di Mondadori o di Rizzoli per l’editoria ‘laica’. Essa è allarmante anche perché, come la punta di un iceberg, segnala una situazione di malessere più ampio che potrebbe manifestarsi con esplosioni simili a breve lasso di tempo. Non è più dunque possibile eludere delle domande scomode, a partire da una decisiva: perché l’editoria cattolica ha così poco appeal sia all’interno che all’esterno dei confini ecclesiali?
Si potrebbe rispondere, un po’ affrettatamente, che il pubblico dei lettori (già limitato, proporzionatamente, in Italia) è poco o per nulla interessato alle questioni teologiche. Ma sarebbe una risposta molto parziale, smentita da dati di fatto inconfutabili: ci sono autori (come Vito Mancuso, Alberto Maggi, Ortensio da Spinetoli…) che, ospitati da editori non etichettabili come ‘cattolici’, vendono migliaia di copie.
Una ragione è da ricercare, senz’altro, in una sorta di provincialismo della rete di distribuzione e di vendita, soprattutto nei punti terminali (le librerie): il libraio ‘medio’ dà per scontato che il cliente abituale non sia interessato a libri ‘cattolici’ , non accetta in conto-vendita libri simili e proprio la mancanza di offerta decrementa ulteriormente la domanda.
Ma ci sono ragioni più radicali. Gli autori ‘teologici’ più venduti sono, solitamente, studiosi che non si autocensurano, mentre i teologi che si fermano a poche centinaia di copie sono saldamente inseriti nelle istituzioni, e di conseguenza molto cauti nell’esplorare vie inedite. Probabilmente, una maggiore ampiezza di orizzonti potrebbe rivitalizzare il mercato librario. Infatti il cattolico ‘tradizionalista’, in linea di principio più propenso a leggere la minestra abituale solo un po’ rispolverata, non si appassiona alla lettura; il cattolico ‘progressista’ , più propenso alla lettura, non si appassiona a testi che pestano sullo stesso mortaio.
Papa Francesco ha aperto molte finestre sul mondo, ma con una curvatura soprattutto pastorale, operativa. Questo taglio evangelico è basilare, ma è anche sufficiente? O i rivolgimenti scientifici, filosofici, artistici, politici in atto esigerebbero altrettanta spregiudicata apertura intellettuale? I nostri preti, le nostre suore, i nostri catechisti vanno alimentati esclusivamente con le dottrine tradizionali, più o meno aggiornate, o non li si deve sollecitare a uno spirito critico che non abbia nulla da invidiare al mondo laico? Non si tratta, ovviamente, di privilegiare le tendenze ‘ereticali’ e di emarginare le posizioni più ‘ortodosse’. Non si tratta tanto di contenuti, quanto di livello di discussione: se non si ha paura di sollevare le questioni anche radicali, anche scottanti, poi si possono ospitare le opinioni più disparate. Purché siano risposte – o tentativi di risposta – a domande reali, sofferte. I cibi, anche più raffinati, rimangono sulla tavola se – nel prepararli – non ci si è informati preliminarmente sui gusti, e sulla fame, degli invitati effettivi.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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