Augusto Cavadi recensisce:
A, La Spina (ed.), PIERSANTI MATTARELLA. LA PERSONA, IL POLITICO, L'INNOVATORE, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2020, pp. 232, euro 22,00.
A quarant’anni dall’assassinio politico-mafioso di Piersanti Mattarella, all’epoca (6 gennaio 1980) presidente della Regione Sicilia, era estremamente opportuno che un gruppo nutrito di studiosi – tra i quali molti suoi amici personali – ne rievocassero la figura e tentassero una sorta di bilancio della sua eredità. Il volume (curato da Antonio La Spina), intitolato Piersanti Mattarella. La persona, il politico, l’innovatore, è uscito per i tipi della casa editrice trapanese Il pozzo di Giacobbe (Trapani, 2020, pp. 226, euro 22,00 ), ma non si presta agevolmente ad essere recensito. A fronte di ben 19 contributi ogni taglio di lettura non può che essere arbitrario e lo si può proporre solo nella consapevolezza che molte altre angolazioni interpretative ed espositive sarebbero ugualmente legittime.
Sulla base dei miei interessi culturali, e direi delle mie precomprensioni, ho trovato illuminante gli interventi mirati a collocare la figura di Mattarella nel filone storico del cattolicesimo democratico (diacronicamente) e del riformismo equidistante da nostalgie reazionarie e da avanguardismi velleitari (sincronicamente).
La tradizione del cattolicesimo democratico: Eugenio Guccione (nel suo Radici sturziane in Piersanti Mattarella, pp. 45 – 58) non è il solo in questo volume a sostenere che la concezione del rapporto fra fede e politica in Mattarella si radica nell’insegnamento e nella testimonianza esistenziale di don Luigi Sturzo. Ma questa eredità passa attraverso uomini politici un po’ più giovani, come Ezio Vanoni, Giorgio La Pira (vi si sofferma Rosanna Marsala nel suo Echi lapiriani nel pensiero e nell’azione di Piersanti Mattarella, pp. 59 – 69) e Aldo Moro, che, dovendo fare i conti con le pressioni degli schieramenti di ‘sinistra’ (dal Partico comunista italiano alle Brigate rosse) e con i potentati conservatori di ‘destra’ (dal Movimento sociale italiano ai terroristi ‘neri’), scommettono su un riformismo serio, deciso, che alle proclamazioni verbali altisonanti preferisce gli atti legislativi e amministrativi concreti. Ciò avrebbe implicato, come sottolinea fra gli altri Salvatore La Rosa (nel suo Il primato del dialogo in Piersanti Mattarella, pp. 155 – 168) un confronto franco e costruttivo con gli esponenti costituzionalmente più affidabili dello schieramento di sinistra (a cominciare dallo stesso PCI di Berlinguer) e una marcia di avvicinamento fra i due partiti di più ampia rappresentatività popolare (la Democrazia cristiana e il PCI appunto): quel dialogo e quell’avvicinamento che dovevano essere stroncati a ogni costo, anche a costo dell’assassinio di Aldo Moro (1978) e dello stesso Bernardo Mattarella (1980). Ma Moro e Mattarella non sarebbero rimasti le sole vittime di questa tenaglia fra gli “opposti estremismi” (ideologici e terroristici): Vittorio Bachelet (poco più di un mese dopo Mattarella), Ezio Tarantelli (1985), Roberto Ruffilli (1988) , Massimo D’Antona (1999), Marco Biagi (2002) …
Nel saggio, come sempre denso e puntuale, dedicato a L’etica, la visione, la leadership, il coraggio contro i poteri criminali (pp. 169 – 183) , Antonio La Spina delinea l’identikit del vero ‘capo’: “un soggetto” “dotato di una particolare forza di carattere”, “portatore di un proprio ethos e di una propria visione” e proprio per questo “più esposto a resistenze e ostilità, quando intaccherà in modo inusuale i portatori di interessi costituiti abituati a restare indisturbati” (p. 171). E, a proposito del defunto presidente della Regione : ha creato “«una sorta di think tank di persone in rapporto diretto con lui», individuate tenendo conto delle loro competenze, vale a dire il Gruppo Politico; avviando «iniziative esterne al proprio partito, non necessariamente collaterali ad esso», come un «Corso di formazione politica»; dialogando «con altre forze, idealità, personalità politiche», non soltanto ai fini della formazione di maggioranze all’assemblea regionale; circondandosi di studiosi ed esperti anche non siciliani per formulare meglio e corroborare le politiche che proponeva; creando organismi consultivi; realizzando delle forme appunto «personalizzate» di comunicazione politica ed elettorale, quali periodici e altre pubblicazioni incentrate su ciò che egli aveva «da dire» alla cittadinanza e sulle ragioni delle sue iniziative; puntando a intrattenere un’interazione diretta con la gente” (p. 174). Forse una delle ragioni dello scadimento attuale dell’affezione all’impegno politico è da ricercare nella mancanza di iniziative del genere, progettate in assetto di riflessione, di analisi documentate, di interazione dialogica, come nel caso dei corsi secondo “la formula della conversazione con dibattito: conversazione breve e schematica (non più di 30’ – 40’) e molto tempo dedicato al dibattito per sollecitare i giovani ad esporre la propria opinione” (da un articolo di presentazione del corso citato nel contributo di Antonio Todaro, Ricordando il Gruppo Politica, a p. 188). Anche a giudizio del direttore della collana editoriale che ospita il volume a più voci, sarebbe proprio quest’opera di pedagogia a poter salvare la democrazia attuale, prima di tutto nell’ambito della memoria storica: “Ma questo non si può fare con una o due ore scolastiche a settimana e con una storia ancora colpevolmente confusa con la cronologia o con una storia noiosamente evemenenziale e celebrativa. Esercizio mnemonico alieno dal ragionare storicamente per l’intelligenza del presente” (Sergio Tanzarella, Postfazione. Piersanti Mattarella: le conseguenze della politica delle “carte in regola”, pp. 206 – 207).
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
1 commento:
Grazie di queast'ottima recensione. Piersanti Mattarella mi è... caro anche per motivi personali. Mio padre lo conosceva e ne aveva grande stima.
Posta un commento