Sono grato allo scrittore Giacomo Pilati che ha voluto presentare sull'edizione palermitana di "Repubblica" due testi sul giudice Rosario Livatino, editi entrambi dal caro Crispino Di Girolamo. Il primo, arricchito da una lettera-presentazione di Papa Francesco, è di Lilli Genco e Alessandro Damiano ed è destinato agli adolescenti fra la quinta elementare, i tre anni di scuola media inferiore e i primi anni di scuola media superiore: Rosario Livatino. La lezione del giudice ragazzino (pp. 80, euro 9,90).
Il secondo testo, scritto da me, costituisce - come suggerisce il sottotitolo - l'unico volume in commercio che prova a leggere la persona e la vicenda del giudice assassinato dalla mafia in un'ottica 'laica' (ed è consigliabile dagli alunni del triennio delle scuole medie superiori in su): Rosario Livatino, un laico a tutto tondo (pp. 111, euro 10,00).
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“Repubblica – Palermo”
8.5.2021
LA LEZIONE DEL GIUDICE FUORI SCHEMA
di Giacomo Pilati
C’è una sorgente di sacralità nella storia del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990, appena trentottenne. Una fonte pura, vera, essenziale, alimentata dalle acque del sacrificio, la sua radice etimologica. Il coraggio di un uomo solo con Dio, un riferimento sovrumano, ma anche una condotta di vita. Un epilogo che la cerimonia di beatificazione di domenica 9 maggio nella cattedrale di Agrigento, suggella ora come un destino. Un canone sconvolto dalla cronaca che riconosce alla causa dei santi un sacrificio nuovo, la versione aggiornata del martirio. E poi c’è l’insegnamento cristiano, la corda che lega la testimonianza di una rivoluzione gentile alla innocenza dei bambini. Quella delle fiabe colorate, delle parabole dei libri di catechismo, delle immaginette di san Domenico Savio nelle tasche dei sacerdoti all’oratorio. Il fronte e il retro della medesima pagina.
Due libri raccontano, proprio in questi giorni, i due volti consegnati alla storia dall’assassinio di Rosario Livatino. Il primo è scritto dal filosofo Augusto Cavadi: Rosario Livatino, un laico a tutto tondo; il secondo, Rosario Livatino, la lezione del giudice ragazzino, è firmato da Alessandro Damiano, arcivescovo coadiutore di Agrigento, e dalla giornalista Lilli Genco. Entrambi i volumi sono pubblicati dall’editore trapanese Di Girolamo.
Mentre Cavadi percorre i sentieri del pensiero di Livatino, interpretando la laicità delle sue riflessioni come supremo bene di autonomia , Genco e Damiano inventano un racconto illustrato per bambini, destinato a lasciare il solco sulla narrazione del martirio del giudice. Un insegnamento sottolineato da papa Francesco nel messaggio in-dirizzato ai giovani: «Sul suo esempio prendete in mano la vostra vita e senza cedere mai a compromessi e alla sopraffazione date il meglio di voi stessi per il cambiamento della vostra terra». Ed è fondamentale per avvalorare ancora di più questo monito, la definizione di laicità attribuita da Cavadi al giudice: «Lo era nella eccezione oggi dominante di mente tesa alla ricerca, aperta al confronto, scevra da certezze dogmatiche sottratte una volta e per sempre al dubbio». La straordinaria vocazione di un uomo normale che spalanca le finestre della verità all’umana compassione. Una bontà fuori dagli schemi delle categorie ufficiali. E perciò più esposta, più visibile a chi teme la emancipazione dalla paura come una minaccia. Così lo definisce Livatino stesso in una conferenza nel 1986: «Il potere di decidere sarà più lieve quanto il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, disposto e proteso a comprendere l’uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo». Un manifesto da distruggere ad ogni costo, per livellare al comune sentire di un sistema provato da compromessi e ignavia, la sollevazione di una idea pericolosa: la giustizia buona. La stessa che scoprono i due ragazzi protagonisti del racconto di don Damiano e Genco. I due svelano testimonianze, interviste, amicizie, che cambieranno per sempre la loro vita. Fino all’incontro con il cardinale di Agrigento. Dalle parole di Francesco Montenegro giunge l’ultima lezione del giudice: «La mitezza non è segno di arrendevolezza, ma è coraggio». Le illustrazioni di Tiziana Longo, la memoria di Biagio De Lio, il poliziotto intervenuto per primo sul luogo dell’assassinio, la figura del testimone di giustizia Pietro Nava, rendono questo volume una fiaba destinata anche agli adulti, per comprendere con gli occhi dei bambini il senso del dolore.