CHI E’ DAVVERO CREDENTE NELLA FORESTA DELLE FAKE-NEWS ?
Quando mi si chiede se sono un credente – chi conosce la mia formazione cattolica specifica: “ancoraun credente” – cado in un silenzio imbarazzato. Che risponda affermativamente o negativamente, mi ritrovo in scomode compagnie: variegata la folla dei ‘credenti’ (per molti dei quali vale la battuta di Woody Allen: “Non ho niente contro Dio. E’ il suo fan club che mi atterrisce”); variegata la folla dei ‘non-credenti’ (molti dei quali sono certi di non avere ‘fede’, ma non hanno la minima informazione su cosa significherebbe averla). Insomma: alle mie orecchie è una domanda-trabocchetto perché mi condanno all’incomprensione sia se mi rifiuto di rispondere (sono un agnostico) sia se rispondo (sono un bigotto o un presuntuoso).
Le rare volte in cui l’interlocutore ha il tempo, e soprattutto la voglia, di ascoltarmi cerco di percorrere un sentiero tanto semplice da risultare, soprattutto ai colleghi filosofi e teologi, banale.
Come già osservava sant’Agostino, credere significa accettare per vero qualcosa che non conosci direttamente ma ti viene comunicato da qualcun altro su cui hai motivo di nutrire fiducia (fides). Se mia moglie arriva in ritardo clamoroso a un appuntamento e mi comunica che ciò è avvenuto a causa di un blocco stradale imprevisto, mi trovo davanti a un bivio: crederle (se è una persona che reputo lucida mentalmente e sincera) o non crederle (nell’ipotesi che abbia dei motivi per dubitare di ciò che mi dichiara). Nella storia dell’umanità vi sono tante religioni, ma sono soprattutto le grandi religioni ‘profetiche’ (ebraismo, cristianesimo, islamismo) a comportare una dinamica di ‘fede’ del genere. Nella versione corrente (condivisa equanimemente da sedicenti credenti e da sedicenti non-credenti) le cose sarebbero andate grosso modo così: Mosé afferma di aver ricevuto direttamente da Dio le tavole della Legge; Gesù afferma di essere non solo il Mosé della nuova Legge, ma addirittura l’incarnazione di Dio stesso; Maometto precisa che Mosé e Gesù sono sì dei grandissimi profeti che non hanno mai mentito (la pretesa che Gesù sia Dio in terra non l’avrebbe avanzata egli stesso: gliela avrebbero attribuita i discepoli dopo la morte), ma Dio avrebbe chiarito e completato la rivelazione della propria identità e del proprio progetto sulla storia attraverso il messaggio dello stesso Maometto (nel Corano).
Confesso di aver condiviso per i primi tre decenni della vita questa impostazione che, tra l’altro, mi ha dato molto conforto e molte motivazioni all’impegno per un mondo un po’ meno ingiusto. Negli stessi trent’anni, però, ho anche studiato filosofia e teologia; ho incontrato persone di ogni età e orientamento culturale; ho viaggiato e partecipato a convegni, ritiri, assemblee, seminari, raduni… organizzati da istituzioni delle più svariate tendenze. E ho capito che la mia prospettiva fosse radicalmente errata.
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12 commenti:
Mi lascia perplesso che l'agnostico non potrebbe rispondere. Io penso che potrebbe o dovrebbe rispondere "semplicemente" di no. Anzi, che egli sarebbe l'unico "non credente" per antonomasia. Mentre religiosi e atei sono credenti per definizione: i primi in positivo, visto che "affermano" l'esistenza di un qualche Dio, i secondi in negativo, "affermando" l'assenza di qualsiasi Dio.
La "loro 8di entrambi)" fede si fonda sulla condivisa assenza di argomentazioni o, più banalmente, di dimostrazioni per sostenere le loro affermazioni.
Ergo, rilancio caro Augusto: sei credente o agnostico?
Carissimo Guido, sono 'credente' nel senso che ho cercato - mi pare invano - di spiegare: credo che il senso della vita - come dice ANCHE il vangelo, ma NON SOLO il vangelo di Gesù - sia nel fare bene a tutti, cominciando da chi soffre di più. Comunque non ho scritto che l'agnostico non può rispondere, ma - che quando io mi rifiuto di rispondere alla domanda se sono credente o meno - vengo considerato, da chi pone la domanda e non ottiene una risposta stereotipata, un 'agnostico'.
Come sempre, fornisci ottime argomentazioni, caro Augusto. Ho un dubbio soltanto, che manifesto in punta di piedi e con profondo rispetto, sull'accostamento tra la fiducia nella moglie e quella in Gesù, Paolo etc. (anche ammesso che questi ultimi abbiano davvero detto ciò che molti affermano che abbiano detto). Infatti, uno la moglie la conosce e può decidere che è af-fid-abile (a parte che lei può avere una cultura diversa dalla mia che le fa vedere, p. es. i fantasmi, che la mia cultura, poniamo, non prevede, sicché è affidabile in quanto è lucida e sincera e legge il mondo secondo le sue categorie, ma non sento di poter condividere la credenza che i fantasmi le appaiono davvero); ma Gesù, Paolo etc. (anzi, per Gesù dovremmo dire, i 4 evangelisti, o meglio 3 di loro) non li conosciamo, non abbiamo alcun motivo per crederli af-fid-abili, dunque perché avere fede in loro?
Andrea Cozzo , fraterno amico, il discorso è ovviamente più complesso di quanto l'abbia sintetizzato. Di Mosé sappiamo, ormai, che non è mai esistito; di Gesù sappiamo pochissimo, ma è il fiammifero che ha acceso l'incendio di cui tutti i vangeli (apocrifi compresi) lasciano intravedere qualche traccia; anche di Paolo sappiamo poco (non tutte le lettere che gli vengono attribuite sono sue), ma un po' più che di Gesù. Quello che penso attualmente è che l'essenziale del vangelo di Gesù ( = amate Dio attraverso l'amore dei fratelli e delle sorelle, cominciando dai/dalle più sofferenti) è talmente semplice e convincente, talmente basico e universale, talmente ragionevole e condivisibile, che mi illuminerebbe anche se fosse stato proclamato da un pazzo o a un imbroglione.
Grazie Augusto. Non colgo però, la “necessità” del credere per spiegare o, peggio, per capire. Anche perché mi pare che: “Credere non è capire tutto (Teilhard de Chardin)”.
A meno che tu non voglia intendere che anche lo scienziato, che per me non è credente, debba invece esserlo, quanto meno inconsciamente o funzionalmente, perché cerca qualcosa, la Verità, che potrebbe non esserci. Crede che ci sia quello che cerca, senza sapere cos’è né se c’è. Ha fede nella ricerca e infatti non sa dimostrare perché smania tanto di cercare e trovare.
Che il senso della vita sia fare il bene mi pare riduttivo e insufficiente, perché intende il bene come fine, mentre io penso che il bene sia al più un mezzo, contingente e tattico per un obiettivo o Senso ben più alti ed esaustivi ….. E tu certo hai capito di che sto parlando. Inoltre, come mezzo anche il bene ricadrebbe nella dialettica dell’efficienza e dell’efficacia, che potrebbe, ahitè, certificarne addirittura l’inutilità o l’illusorietà.
Dal tuo devoto allievo.
Quello che io trovo davvero incredibile è l'incapacità da parte dei credenti in Gesù di capire che, quando in Matteo 25,31-46 indicava gli unici criteri per dirsi credenti (avevo fame e mi avete dato da mangiare ....), stava togliendo ogni legittimazione alle formalità della sua religione, come di quella di ogni tempo, restituendo la fede agli impegni richiesti dal bisogno di sopravvivenza. Tutte le chiese, quale più quale meno, hanno tradito il cuore dei vangeli per esaltare l'efficacia (!!!!!) dei sacramenti.
Credo che si dovrebbe rispondere a chi pone certe domande con la controdomanda:"Dimmi che cosa è fede, secondo te e poi ti risponderò". Di norma rispondono (anche catechisti di lungo corso) nella logica dei precetti ecclesiastici. Ne ho avuto la prova mille volte. La fede evangelica è loro sconosciuta, se non come verniciatura superficiale. Ricordate la pratica di pietà detta dei "sette primi venerdì del mese", secondo cui avrebbe avuto il paradiso chi si fosse confessato e comunicato in quelle occasioni (sette consecutive però, altrimenti non vale ....) in quanto avrebbe avuto di certo al suo capezzale un prete pronto ad assolverlo?
io l'ho fatto per ben due volte, perché non sapevo bene se avevo saltato un primo venerdì. E ancora adesso vivo nell'incertezza per la seconda volta.
Credo che se in punto di morte non vedrò alcun prete nei miei paraggi, morirò col sorriso sulle labbra. O almeno ci proverò....
Con tutto il rispetto ma io nell'intervento dell'anonimo qui sopra percepisco una punta di fondamentalismo, che può diventare fanatismo. Se credere è solo fare quello che viene richiesto, senza rifletterci o capire perchè, allora cessa ogni discussione o ricerca dialettica o senso. Come diceva bene Ratzinger, ne verrebbe un credere alla maomettana, dove se Allah ordinasse di adorare gli idoli, quei credenti lo farebbero senza chiedersi perchè.
sono l'anonimo di cui sopra.
Mi chiamo Germano Federici e ogni volta dimentico di far mettere la mia identità. Una volta ero proprio come dice l'amico che si denomina "ontologie". Poi per mia fortuna, ho abbandonato Ratzinger e chi come lui. Credo che il fondamentalismo peggiore fosse proprio quello di Ratzinger. Basta pensare alla stupida arroganza dell'appello fatto da lui agli atei: dovreste provare a ragionare etsi Deus daretur. E lui, ragionando sia "etsi deus non daretur" che "etsi deus daretur", nulla ha fatto contro l'ingiustizia sociale deprecata da Gesù.
Caro Augusto, mi hai fatto ricordare che tra le fallacie enumerate da Aristotele è descritta quella di ridurre parecchie domande a una sola.
Caro Augusto, sono anni che mi pongo la domanda: sono credente? inizialmente non avevo risposte, ero solo, come te imbarazzato, poi ho capito che la parola “credere” non mi apparteneva più e preferivo sostituirla con “sentire”, nel significato di avere coscienza di un fatto interiore, di un sentimento che non si può spiegare ma c’è e mi accompagna con tutta la forza che hanno i sentimenti. In sintesi non credo ma non posso fare a meno di sentire.....
Per me il vero credente rinnova la mente studiando la Bibbia con l'ausilio della psicologia perche' il pericolo del credente e' diventare fanatico. La mente deve essere in armonia col cuore dove c'e' la sostanza della legge di Dio che a volte viene, con conseguenze disatrose, prevalicata da una cattiva educazione. La Bibbia e la psicologia.
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