LA SVOLTA PRATICA DELLA FILOSOFIA SECONDO DAVIDE MICCIONE
Segnalare il nuovo libro di un amico è impresa non facile. Già il genere letterario ‘ recensione’ è sospetto: come in un’ interminabile partita di giro, il soggetto A recensisce il libro di un amico di B che recensisce il libro di un amico di A che recensisce il libro di B. E B, per chiudere provvisoriamente il cerchio, recensisce il libro che intanto ha pubblicato A (il protagonista iniziale della girandola ). Ma anche in assenza di questa danza circolare, come non squalificare a priori le righe dedicate al volume di una persona a cui notoriamente si vuole molto bene e compromettere la propria (sia pur minima) credibilità professionale? Forse esiste una sola misura preventiva: cercare di essere particolarmente rigorosi. Eppure, con tutta la severità possibile, non riesco a omettere che La svolta pratica. Presupposti, classificazioni e conseguenze (Algra, Viagrande 2020, pp. 108, euro 10,00), a firma di Davide Miccione, è un libretto prezioso, tra i più intelligenti (e a tratti divertente) fra quanti me ne sono capitati sott’occhio negli ultimi anni.
Innanzitutto: “la svolta pratica” di chi o di che ? Della più teorica, e meno pratica, di tutte le discipline: la filosofia (già definita da Aristotele “la più inutile di tutte le scienze”). A giudizio dell’autore stiamo assistendo, da circa mezzo secolo, a una metamorfosi del pensare filosofico che – afflitto da claustrofobia – vuole uscire dal chiuso delle aule scolastiche e universitarie per respirare nei luoghi della sua origine (frequentati ad esempio da Socrate o da Diogene il Cinico): le piazze, le strade, i mercati. Di questa trasformazione (già analizzata dall’autore in Ascetica da tavolo. La svolta pratica della filosofia e il bene comune, edito nel 2012 e riedito nel 2019) si registrano almeno due versioni principali.
La prima, più apparente e più rischiosa, è che la filosofia si banalizzi a chiacchiera da talk show: si riduca a merce insolita per l’industria dello spettacolo (sia in presenza che a distanza telematica). Come si esprime Miccione a proposito di un altro tema, questo genere di divulgazione sta alla filosofia “come la pornografia sta al reale rapporto sessuale” (p. 82). A ben pensarci, un fenomeno non proprio modernissimo: prima il filosofo prostituiva le sue “competenze” a favore dell’imperatore o della gerarchia ecclesiastica o del partito politico più vicino ideologicamente, adesso predilige il mecenate più danaroso (soprattutto se tele-fornito).
In una seconda versione la filosofia perde il pelo dell’aristocraticismo ma non il vizio del rigore logico con cui prova a scovare i presupposti delle convinzioni abituali, osservare le deduzioni più o meno implicite che si traggono da quei presupposti, valutarne gli effetti comportamentali nella sfera privata e pubblica: allo scopo, se necessario, di rivedere criticamente tutto il percorso mentale dai presupposti ai comportamenti passando per il ponte di collegamento delle deduzioni.
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