Dopo ogni conflitto bellico, i moti di assestamento politico e socio-economico sono inevitabili. Alla regola non è sfuggita la Polonia dopo la Prima guerra mondiale nella quale fu coinvolta ob torto collo dai due Imperi centrali (tedesco e austro-ungarico) nella cui orbita gravitava. A differenza di altri Stati, duramente impegnati contro la disoccupazione di massa e l’inflazione della moneta, la Polonia dovette – in aggiunta – fronteggiare una sfida ancora più grave: l’invasione da parte dell’Armata Rossa costituita, dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, nell’ingombrante e tracimante Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).
La battaglia decisiva fu combattuta sulla Vistola nell’agosto del 1920: contro tutte le previsioni, ma a conferma del fatto che quando si combatte per un ideale si possiede una riserva motivazionale in più rispetto a chi agisce solo per ubbidire a strategie di conquista, l’esercito polacco sconfisse la marea degli invasori. Le cronache del tempo – e da allora anche gli storici – parlarono di “miracolo della Vistola”.
A 100 anni esatti, la vicenda viene riletta nel romanzo Sole sulla Vistola (Diogene Multimedia, Bologna 2020, pp. 122, euro 14,00) da Bruno Di Maio, poliedrica figura di intellettuale siciliano impegnato, nella sua lunga e feconda esistenza, sia come docente universitario di elettronica sia come senatore della Repubblica sia nel campo dell’ecumenismo religioso. E viene riletta dal punto di vista non dello storico che osserva i processi dall’alto e dall’esterno, quanto del romanziere che – manzonianamente – vuole prestare la voce ai protagonisti ‘comuni’, pressoché anonimi, di cui facilmente si smarrisce la memoria.
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