“Gattopardo”
Aprile 2020
SICILIANI DI “ADOZIONE”
Come se i siciliani di nascita non costituissimo una varietà abbastanza ricca, la nostra fauna è costantemente arricchita da siciliani d’adozione. Mi ci ha fatto riflettere un delicato libretto – Siciliani si diventa – di Umberto Di Maggio, siciliano d’origine emigrato, e poi ritornato, perché “Roma e il <<meticciato>> gli hanno fatto capire che non bisogna arrendersi e che la Sicilia (come tante altre terre del resto) non può essere abbandonata ad un destino ineluttabile fatto di corruzione e di malaffare”. Ci sono “siciliani per scelta”: sbarcano per amore di un partner o per amore del sole; altri attratti dalla bellezza del patrimonio artistico che racconta la storia europea degli ultimi tre millenni; altri ancora, come Giancarlo Caselli e suoi colleghi magistrati, per sete di giustizia o, come Danilo Dolci e Mauro Rostagno, per provare ad accorciare le distanze fra la civiltà del nostro passato e la barbarie del nostro presente. Alcuni non sono restati immuni da quella strana malattia – “islomania” secondo Gideon ripreso da Durrel – che colpisce quanti “ritengono in qualche modo le isole irresistibili; la conoscenza che riescono a ottenere di qualcuna di esse, di questi piccoli mondi circondati dal mare, li colma di un’indescrivibile ebbrezza”.
A questi ‘stranieri’ sbarcati per libera decisione vanno aggiunte migliaia di immigrati per necessità per i quali la nostra isola avrebbe dovuto costituire solo una mera tappa verso l’Europa del benessere e, per varie circostanze, è diventata la méta definitiva.
Tutti costoro – borghesi e proletari – hanno dovuto imparare a diventare siciliani. Ma si tratta di un apprendistato non proprio lineare. Infatti ci sono molti modi di essere “siciliano”: alcuni meritevoli d’essere appresi e introiettati (dallo schiavo Euno, che guidò nel II secolo a. C. la rivolta a Enna, ad Antonio Caponnetto che scelse di tornare nella sua Sicilia perché non fosse vanificata l’opera di Rocco Chinnici), altri disdicevoli e vergognosi. Sono modelli che vediamo ogni giorno incarnati per strada, negli uffici pubblici, nelle assemblee elettive… Già nel 1866 Vincenzo Maggiorani osservava che la mafia si rivelava contagiosa per alcuni ‘continentali’ dell’Alta Italia che a Palermo smentivano, «praticando la sublime camorra assai maestrevolmente», la fama di onestà delle province subalpine. Insomma: prima di inneggiare ai pregi dell’integrazione bisogna osservare di volta in volta in quale “sicilianità” si sta realizzando. Ci sono casi, infatti, in cui sarebbe preferibile non che l’ospite impari a diventare siciliano, ma che il siciliano disimpari a esserlo.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
4 commenti:
Buongiorno Augusto,
ho appena finito di leggere il tuo articolo "Diventare siciiani", sempre ricco di notizie e personaggi storici e non solo, che spesso non conosco. Mi hai fatto ripensare a quando, ogni volta che tornavo dalla civilissima Milano per usufruire delle ferie, dove ben sai ho lavorato per 8 anni, quando l'aereo sorvolava l'isola, a me prendeva la commozione e lo sfarfallio alla bocca dello stomaco, come si suol dire, (anatomicamente non so come si chiama), tipico dei periodi di innamoramento che tu chiami "islomania" ; io ,da questa malattia non sono mai guarita, nonostante tutte le barbarie, gli atti di inciviltà e criminalità presenti e che tu spesso giustamente denunci. Accanto questi brutti esempi ci sono anche quelli belli che portano avanti la bandiera dell'onestà, laboriosità , creatività, solidarietà ecc. : dovremmo mettere in risalto questi ultimi di cui credo per certi versi di fare parte. Ed ancora non capisco molte persone che, sentendosi circondate dal malaffare e dall'indolenza, vogliono andare via da qui: io no, questa terra è troppo bella per lasciarla soltanto nelle mani di criminali e mafiosi.
E ricordo ancora a Milano quando mi presentavano a persone che non mi conoscevano, ma, sentendomi parlare con la erre raddoppiata di 'radio' o 'rosso', che non ho mai voluto correggere, mi chiedevano ridendo: " Ma, di dove sei?" Io rispondevo: "Sono orgogliosamente siciliana".
Con immutato affetto (come si scriveva una volta nelle lettere).
Tua commare Anna
Come sai sono una siciliana emigrata per scelta che mi fa felice. Porto con me la mia eredità di tante genti che si sono alternate e che hanno contribuito ad essere ciò che i siciliani siamo:persone ricche di contrasti che usiamo a seconda della coscienza raggiunta nel percorso della vita. Sono fiera di esser siciliana e felice di esser andata via in una terra dove civiltà, qualità della vita e paesaggio meraviglioso sono risorse da utilizzare per migliorare ciò che lo deve essere.
Anche i continentali se “volenterosi” possono sì apprendere la pratica della “sublime” camorra, anche maestrevolmente assai, ma ci sono vette di spirito e di humour -termine che crediamo squisitamente inglese ma che invece è di origine normanna- che se non nasci nella giurisdizione geografica, ma aggiungerei anche soprannaturale, del Genius loci che vi benedice è irraggiungibile. Nel bene e nel male siete condannati a una superiorità intrinseca, strutturale, ontologica.
Mi piace toccare alcuni punti del tuo interessante articolo.
Da siciliano emigrato e nel mio caso di adozione qui al Nord, posso solo "denunciare" il fatto che la criminalità organizzata, chiamata Mafia, Camorra o N'drangheta, esiste anche qui...eccome....porto con me e nel cuore lo spirito della mia terra e delle mie genti......spesso mi ritrovo a parlare della mia terra con la popolazione locale e molti di loro, che hanno avuto la fortuna di potere visitare la nostra stupenda isola, ne parla come un paradiso,di colori, odori, sapori, ma soprattutto di persone di cuore e molto ospitali, cosa che sappiamo bene che qui in Liguria non è proprio una loro caratteristica e qualità primaria, in assoluto. Sono fiero di questo....ma soprattutto fiero di sentirmelo dire da uno del Nord, senza essere etichettati, come accade, sempre come dei mafiosi, come spesso invece mi accadeva di essere "etichettato" come tale, quando abitai nella grigia Londra nel momento in cui dicevo di essere palermitano....
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