26.5.3020
QUANDO ANDREA CAMILLERI SI E’ PERDUTO IN UNA ‘BOLLA’
Nel 1993 fui invitato a Porto Empedocle per intervenire alla presentazione di un volume maneggevole, edito da Sellerio, dal titolo enigmatico La bolla di componenda. Fu l’occasione per conoscere l’autore di cui non avevo mai sentito parlare: un certo Andrea Camilleri che, secondo le informazioni trasmessemi, era molto attivo come sceneggiatore e regista presso la Rai. Di che si trattava?
Per orientarsi, bisogna premettere che, secondo la teologia cattolica, il penitente che confessa a un sacerdote i propri peccati può ricevere l’assoluzione delle colpe, ma agli occhi di Dio egli resta debitore di pene proporzionali alle colpe commesse. La teoria del purgatorio, elaborata nel Medioevo, nacque proprio per rispondere alla domanda: che ne è di tutti i peccatori assolti dal sacramento della ‘confessione’? All’inferno non sarebbe giusto precipitare; ma – se non si è avuto il tempo e il modo di compensare i mali arrecati – neppure il paradiso, sic et simpliciter, sarebbe una méta appropriata. Da qui la tesi di una fase intermedia di ‘purificazione’ tra la morte e l’ammissione nella pace eterna.
Ci sarebbe però una possibilità: rimediare già in vita, con opportune ‘penitenze’, ai danni provocati con i propri peccati. Per esempio, restituire la refurtiva a un proprietario o risarcire un soggetto ferito in un attentato. Ma nel caso che il proprietario non fosse più rintracciabile o il ferito non fosse più in vita ? Il testo di Camilleri mi rese edotto di un’istituzione che sconoscevo totalmente: in Sicilia, per alcuni secoli e fino al 1915, veniva emanata una “bolla” nella quale si elencavano i reati più diffusi e, per ognuno di essi, la tariffa che il peccatore poteva versare a risarcimento dei danni provocati (dunque per evitare del tutto, o ridurre di molto, la relativa pena in purgatorio).
Lo scrittore siciliano, ormai prossimo a spiccare il volo della fama nazionale, aggiungeva a queste informazioni due ordini di considerazioni. La prima, e più importante, era che la ‘bolla’ fosse una delle cause della corruzione diffusa in Sicilia dal momento che, al di là delle intenzioni della chiesa cattolica, costituiva un forte incentivo a delinquere: tanto, in un modo o nell’altro, c’era sempre modo di rimediare a suon di quattrini! La seconda considerazione gli era stata suggerita da Leonardo Sciascia: nessuno aveva mai visto con i propri occhi una ‘bolla di componenda’ in formato cartaceo e sarebbe stato difficilissimo, per non dire impossibile, che l’omertà ecclesiastica ne facesse rinvenire copia in qualche archivio parrocchiale.
Per anni le mie conoscenze, e le mie occasionali riflessioni sulla ‘bolla’, sono state ferme al saggio di Camilleri. Ma in questi mesi un mio caro amico, don Francesco Michele Stabile, ha finalmente pubblicato un saggio, di cui mi parlava da anni, intitolato Chiesa madre, ma cattiva maestra? Sulla ‘bolla’ di Andrea Camilleri (Di Girolamo, Trapani 2020, pp. 232, euro 15,00) nel quale, con tutto il rispetto verso il celebre autore siciliano, vengono decostruite – e in un certo senso ribaltate – le tesi di quest’ultimo.
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3 commenti:
Caro Augusto, quante cose si imparano da te, direttamente e, come in questo magnifico caso di acribia di ricerca storica, indirettamente. Un grande plauso va naturalmente al buono e caro Francesco Stabile.
Interessante!Sei una fonte inesauribile di conoscenza!! Grazie.
Nessuno è perfetto, men che meno noi stessi!!! Molto interessante. Grazie.
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