VERSO UN TERZO CONCILIO ECUMENICO VATICANO III ?
Gli anni Sessanta del XX secolo hanno costituito una cesura netta tra “prima” e “dopo” per almeno due eventi: il Concilio ecumenico Vaticano II (1962 – 1965) e la contestazione giovanile (1968 – 1969). Il primo avvenimento riguardava l’ambito teologico-religioso della Chiesa cattolica, il secondo l’ambito più ampio della società occidentale: probabilmente i due eventi non si sono svolti su piani paralleli perché il Concilio – come è stato notato da più voci – ha avviato movimenti tellurici che si sono ripercossi, a onde centrifughe, su vari strati sociali.
Eppure quel Concilio ecumenico, per quanto storicamente rilevante, ha segnato una tappa ambigua: tutti i suoi documenti sono stati soggetti a interpretazioni opposte, da prospettive progressiste ma anche da prospettive conservatrici. Probabilmente una delle cause di questa ambiguità è da ricercarsi nelle dichiarazioni di papa Giovanni XXIII che convocò l’unico concilio ecumenico del suo secolo sostenendo che si sarebbe preoccupato solo di aggiornamenti “pastorali” e non avrebbe modificato di una virgola la dottrina “teologica” (da lui ritenuta valida e assodata). Tradotta nel linguaggio ‘laico’, la convinzione espressa da papa Roncalli era che la Chiesa cattolica fosse dotata di un’ottima teoria e che avrebbe dovuto soltanto adeguare ad essa la prassi etico-politica e pedagogica.
Le discussioni aperte a Roma fra vescovi ed esperti di tutto il mondo dimostrarono subito che la valutazione del papa fosse stata errata: la Chiesa cattolica, per riformare la sua predicazione e la sua liturgia, doveva prima rivedere profondamente la sua visione di Dio, dell’uomo, del cosmo, della storia…Non era, prioritariamente, una questione di modi di esprimersi bensì, più radicalmente, di contenuti da esprimere. E’ comprensibile che, di fronte a questa prospettiva, molti settori della gerarchia episcopale si siano angosciati: come facciamo a cambiare dogmi che per secoli abbiamo dichiarato immutabili? Questo travaglio si è manifestato in maniera clamorosa in campo sessuale. Paolo VI, successore di Giovanni XXIII, convocò una commissione di esperti (vescovi, preti, teologi, filosofi, medici…) per un parere sul controllo farmaceutico della fertilità femminile.
La maggioranza dei membri si espresse a favore della “pillola” anti-concezionale. Il papa si ritirò per meditare e pregare, poi dopo giorni emanò l’enciclica Humanae vitae dove il ricorso al metodo chimico fu tassativamente vietato. La ragione decisiva? Non poteva un papa assumersi la responsabilità di smentire i papi precedenti senza mettere in gioco il principio generale dell’infallibilità pontificia in questioni di fede e (come in questo caso) di morale.
L’enciclica provocò un terremoto inedito nella storia bimillenaria della Chiesa cattolica: molti episcopati nazionali pubblicarono documenti ufficiali in cui, in maniera più o meno diplomatica, si diceva il contrario di ciò che aveva scritto il vescovo di Roma. Molti preti, nelle prediche e in confessione, incoraggiarono le coppie a decidere in base alla propria coscienza. Un prestigioso filosofo cattolico, Pietro Prini, parlò – in un celebre volume – di un vero e proprio “scisma sommerso”: ufficialmente tutti d’accordo con l’insegnamento del papa, di fatto ognuno si comporta come ritiene più logico.
Giovanni Poalo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno cercato - ognuno a suo modo e per il tempo a disposizione –di gestire l’ambivalenza dei documenti conciliari, con la tendenza a sottolineare soprattutto la continuità fra il Concilio ecumenico Vaticano I (1869 – 1870, anche se ufficialmente chiuso solo nel 1960) e il Concilio ecumenico Vaticano II. Ma questa prospettiva ha lasciato scontenti, in questo mezzo secolo, vescovi e teologi, preti e suore, laici e laiche credenti: per tutti questi, infatti, il Vaticano II andava interpretato solo come una tappa evolutiva verso più ampie e più profonde riforme. Da qui le pressioni dal basso per chiedere la convocazione di un Concilio ecumenico Vaticano III che, sciogliendo le riserve e le timidezze del Vaticano II, portasse a compimento il processo avviato.
Queste minoranze critiche sono state emarginate, quando non silenziate del tutto con condanne e licenziamenti, da papa Wojtyla e da papa Ratzinger. Ma oggi ? Il loro successore, papa Bergoglio, sembra più figlio della Chiesa aperta al futuro che della Chiesa nostalgica del passato. O, forse meglio, più figlio del cristianesimo delle origini (fraternità evangelica, libertà nel pluralismo, primato dell’ortoprassi…) che del cristianesimo “tridentino” (forgiato, cioè, dal Concilio di Trento del XVI secolo) imperante nella Chiesa cattolica negli ultimi cinque secoli (organizzazione gerarchica, infallibilità del papa, gelosa custodia dell’ortodossia…). Francesco, pur non avendone l’intenzione, si è configurato come “segno di contraddizione”. La Chiesa cattolica è manifestamente spaccata fra i suoi sostenitori (numerosi soprattutto fra la base dei preti e dei laici) e i suoi avversari (numerosi soprattutto fra i quadri dirigenti e i vertici istituzionali). Come finirà questo conflitto?
In questo nostro spazio editoriale (cfr. https://www.zerozeronews.it/papa-scoop-nuovo-concilio/) si è riportata già nel 2015 la voce della convocazione da parte di papa Francesco di un nuovo concilio ecumenico, un possibile Vaticano III (e sottolineo ‘possibile’ perché potrebbe essere un Berlino I o un Lione II o un Nairobi I…); ma, quasi cinque anni dopo, non è ancora successo nulla. Ciò non significa, ovviamente, che non possa succedere qualcosa di nuovo nei prossimi anni, forse anche nei prossimi mesi. Se è vero, come recitava un vecchio adagio, che l’onniscienza divina non è in grado di penetrare tre enigmi soltanto: quante sono davvero le congregazioni di suore nel mondo; da dove prendano tutti i soldi per le loro opere i salesiani; che cosa ha in mente davvero un gesuita.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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