24.10.2019
ESISTE DAVVERO UN DONO GRATUITO ?
In una società in cui “nessuno fa niente per niente” – mia nonna paterna sosteneva che “senza soldi neppure il prete dice messa” – sperimentare ogni tanto il miracolo del “dono” è come emergere da sotto la superficie del mare per inspirare una boccata d’aria. Ci ricorda che il mercato è un’istituzione che ha segnato un progresso nella storia delle civiltà (sostituendo il baratto o persino la rapina violenta), ma la mentalità mercantile – secondo cui tutto ha un prezzo, nulla di gratuito è ammissibile – costituisce un imbarbarimento.
Benedetto il dono gratuito, dunque ! Ma alcuni antropologi ci avvertono: esiste davvero un dono gratuito? Nella stragrande maggioranza dei casi, il regalo non spezza la logica dello scambio: se dono un servizio di piatti a tua figlia in occasione del suo matrimonio, mi aspetto che tu regali un servizio di pentole a mio figlio quando a sua volta andrà a nozze.
Alcuni filosofi francesi si sono dunque chiesti se sia possibile – e a quali condizioni sia possibile – che si pratichi un dono. La risposta di Jacques Derrida è apparentemente paradossale: un dono è gratuito quando il donatore non conosce il destinatario; quando il destinatario beneficiato non conosce il benefattore; quando il dono stesso per così dire evapora, si smaterializza, cessa di essere una ‘cosa’ tangibile che resti come una sorta di ponte fra donatore e donatario (di cui dunque il donatore possa rivendicare la restituzione o che il donatario possa restituire per qualsiasi ragione).
Se sono in difficoltà economiche serie e mi arriva un bonifico sostanzioso da un amico, si tratta certamente di un dono gradito. Ma il mio amico – sia pur inconsciamente – si attende da me un atteggiamento di gratitudine (e di potenziale ricambio in futuro): dunque il suo è un dono, ma non perfetto.
In una Fattoria sociale vicino Segesta una coppia di miei amici ospita gruppi di persone che vogliano, in clima di raccoglimento, trascorrere alcuni giorni in meditazione su tematiche ‘laiche’. Essi offrono vitto e alloggio e chiedono che, anonimamente, chi vuole lasci un’offerta in denaro da destinare a qualche famiglia molto povera della zona: quando questa busta raggiunge una famiglia, né questa sa chi dona il denaro né i donanti sanno a chi arriverà il dono. Siamo quasi alla gratuità perfetta !
Dico ‘quasi’ perché, tra chi dona e chi riceve il dono, c’è una ‘cosa’ tangibile, oggettiva: la busta di denaro. Se sparisse pure questa, la donazione raggiungerebbe il minimo della visibilità, dunque il massimo della gratuità.
Quando avviene questo ‘miracolo’?
Un mio amico, che ha riflettuto a lungo su questi temi, suggerisce che ciò accade quando regalo a un altro non una ‘cosa’ ma una “possibilità”: “Escludendo il dono come scambio economico,” – dunque come dono apparente, come falso dono – “il gratuito è un regalare possibilità per il solo fatto di esistere. Un paesaggio, un fiore, un quadro, un volto, un incontro, una strada scoperta passeggiando, un brano musicale, sono eventi che si offrono a noi rendendoci possibile l’essere diversi, nel senso dell’irrompere del non-scontato, del nuovo, nella nostra esistenza” (F. Giardina, La gratuità. Piacevole agli altri, ma senza un perché e senza uno scopo, Diogene Multimedia, Bologna, s.d., p. 38).
Aggiungerei che un grande poeta o un grande musicista, donando all’umanità un’opera d’arte, realizzano anch’essi la gratuità: essi non sapevano chi avrebbero raggiunto (non conoscevano noi destinatari del dono) né possono ricevere il nostro ringraziamento perché non sono più tra noi. E ciò che hanno regalato – il loro dono – non è una ‘cosa’ che possiamo afferrare con le mani e accaparrarci, ma una “possibilità”: un nuovo modo di esistere, di crescere, di gioire, di fiorire.
La conclusione a cui arriva Giardina è dunque: “Chi è l’uomo [...] che vive la gratuità? E’ colui che dona senza scambiare, senza attendersi un ritorno, un ri-cambio: egli dona e si dona spontaneamente, naturalmente, senza sapere di essere un donatore, senza sapere a chi in particolare giungerà il suo donare e donarsi, senza sapere che cosa doni nel suo donare, e tuttavia questo non sapere non esclude la donazione ma anzi la rende autentica in quanto offerta e creazione di nuove possibilità d’esistenza” (ivi, p. 207).
L’autore, scrivendo queste righe, non pensava minimamente a un donatore di organi, ma – se proviamo a rileggerle – vediamo che scolpiscono, commoventemente, la figura di chiunque abbia donato i propri organi per dare ad altri (che non conosceva e da cui non era conosciuto) non una 'cosa' ma una nuova “possibilità d’esistenza”.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
3 commenti:
Caro Augusto, purtroppo la realtà della cosiddetta "donazione di organi" è molto diversa ed è barbarica.
Lo si può desumere anche dalle tante testimonianze che si trovano qui: http://www.antipredazione.org
Indico solo un punto della questione: per essere espiantati, gli organi devono appartenere a una persona viva; organi di persone morte sarebbero disponibili in abbondanza ma non servono a nulla.
Qualche mia più ampia riflessione su questo tema si può leggere qui: https://www.biuso.eu/2013/10/25/deliri-e-trapianti/
Ciao Augusto! E stato Marcel Mauss a dire che non c'e mai un dono gratuito. Che la societa e basato su scambi, e questo include doni. Ma ci sono differenze interessante - il rapporto basato su un lungo periodo tra scambi, per esempio, e quello che devo essere tornato presto... ecc ecc. Mio italiano non va oltre!
Caro Alberto,
ho letto alcuni scritti che vanno nella direzione da te indicata.
Approfondirò l'argomento: potrebbe essere anche il tema di uno dei nostri incontri 'pubblici' a Palermo.
Grazie, in ogni caso, per l'interazione.
a.
(Forse, anche nella ipotesi clinica da te prospettata, l'impianto del mio discorsetto sul dono resterebbe valido; anzi, se mai, il dono consapevole del donante sarebbe ancora più meritorio)
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