“Il Gattopardo”
Agosto 2019
RUBRICA : "I siciliani spiegati ai turisti"
IL MARE TRA FASCINO E TIMORI
Nei confronti del mare noi siciliani abbiamo provato, da sempre, sentimenti ambivalenti. Da una parte, infatti, esso ci assicura l’essenziale per alimentarci e sopravvivere: dalla pesca di piccolo cabotaggio alle sanguinarie mattanze dei tonni. Dall’altra, però, il mare è la strada perennemente aperta a predatori, conquistatori, dominatori che provengono da regioni sconosciute come le lingue che parlano. Insomma, è un orizzonte che si staglia come lama a due tagli: invito a partire per cercare futuri migliori, ma anche minaccia di assalti ignoti contro cui non è dato erigere bastioni abbastanza alti.
Questa ambivalenza sentimentale non è avvertita in egual misura da tutti gli abitanti: per quanto strano possa risultare alle orecchie di un visitatore, non molti isolani hanno rapporto col mare. Sino alla generazione dei miei nonni, ad esempio, non era infrequente il caso di siciliani dell’entroterra che o non avevano visto mai il mare o l’avevano visto una sola volta nella vita. Ancor oggi conosco persone anziane che vivono sui Nebrodi o sulle Madonie e sui Sicani che fruiscono poco, o per nulla, delle spiagge marine.
Comunque, anche tra gli abitanti delle zone rivierasche, l’immaginario tradizionale è in via di rapida trasformazione. Gli esodi, le emigrazioni, permangono: ma avvengono per via aerea più che marittima (e non solo per gli emigranti intellettuali di estrazione borghese, dal momento che i voli sono diventati più economici dei trasporti per terra o per mare). Neanche gli sbarchi di gente straniera - dal colore della pelle diverso dal nostro, come diverse sono le loro convinzioni culturali - sono cessati: non si tratta più, però, di “Turchi” aggressivi, feroci, bensì di uomini donne ragazzi e bambini stremati dalla sete e dall’angoscia di finire annegati.
Sarà così ancora per molto tempo? O arriveranno tempi più sereni in cui i siciliani non saranno costretti a cercare altrove condizioni di lavoro dignitose e in cui, viceversa, a sbarcare saranno soltanto turisti in cerca di bellezza o immigrati ospitati mediante “corridoi umanitari”? Tutto dipenderà da un intreccio di decisioni politiche e di opzioni etiche. Da una parte i siciliani dovranno liberarsi dal groviglio di inefficienza operativa e di efficienza corruttiva che impedisce all’isola, ricchissima di potenzialità, di raggiungere l’autosufficienza socio-economica, anche mediante gli aiuti previsti dall’Unione Europea; dall’altra parte, poi, l’Unione Europea dovrà liberarsi dalla gabbia dell’autoreferenzialità egoistica e predisporre delle strategie di regolazione dei flussi migratori, smettendo di delegare ipocritamente questo dramma epocale ai governi di alcuni Paesi mediterranei, come l’Italia o la Grecia.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
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